Il Fotovoltaico che non vorrei

“Cresce il rischio speculazione sul fotovoltaico”

Non vorrei che anche sul nostro territorio si stesse diffondendo il fenomeno dell’affitto di terreni agricoli per realizzarvi grandi impianti fotovoltaici che finiscono per danneggiare l’esercizio dell’attività agricola stessa e lo sviluppo sostenibile del territorio.

Sulla Persicetana andando a Bologna dopo la chiesa del Poggio se guardate a sinistra appare un impianto Fotovoltaico su terreno agricolo come anche se andate a far Gas in via Modena vedrete la stessa cosa e forse ce ne sono altri.

Io credo che tutti noi, sopratutto tutti noi che abbiamo votato al referendum contro il Nucleare, siamo d’accordo che le fonti alternative sono, per il futuro, la vera risoluzione del problema energetico.

Ma a mio avviso ci sono dei ma che devono essere tenuti in considerazione e cioè, le tecnologie non devono disturbare i cittadini residenti nelle vicinanze e non devono deturpare i luoghi e i paesaggi che in questo caso, e anche per certi casi di installazione di Biomasse, non sta assolutamente avvenendo.

Le lamentele dei cittadini persicetani sono tante sul fatto che spesso ci si trova ad imparare dell’installazione di strutture ormai a cose fatte e dopo diventa difficile rimediare.

Io credo che, sopratutto di fronte a queste impegnative scelte, l’Amministrazione Comunale deve svolgere e rispondere al ruolo per cui è stata chiamata e cioè, mettere sempre al centro la vivibilità e l’interesse dei cittadini persicetani anzichè le speculazioni di pochi.

Anche se è per una giusta causa, bisogna cercare e trovare la risoluzione dei problemi che essa può mettere alla luce e con la buona volontà e tanta partecipazione e coinvolgimento si trova sempre la giusta ed equa risoluzione a tutti i quesiti.

Morale: secondo me il Fotovoltaico va installato sopra ai tetti e ai capannoni e le Biomasse lontano dai centri abitati … semplice no?  😉


Commenti
Sono stati scritti 7 commenti sin'ora »
  1. avatarcrazy57 - 8 novembre 2011

    Ciao Gabriele.
    Tutti vogliono le energie alternative,ma in particolare per le biomasse, tutti vogliono non avere a che fare con problemi di vivibilità, tipo l’aumento del numero dei camion circolanti, l’aumento delle microparticelle dannose nell’aria, l’impoverimento dei terreni agricoli costretti a colture intensive fino a che non insteriliscono, la puzza dei digestati quando vengono maneggiati, l’aumento, verosimile, dei prodotti agricoli poichè i terreni verranno sfruttati a mais, sorgo e poche altre colture, quindi non avremo più i campi di verze e cocomeri… li importeremo dal Libano o giù di lì.
    E’ la sindrome cosiddetta NIMBY (Not In My Back Yard: non nel mio cortile).
    Quindi: ok agli impianti lontani dall’abitato, ma lontani fino a che non sei vicino ad un altro abitato e così per tutta italia. Non abbiamo mica la steppa… e se l’avessimo le centrali sarebbero il più possibile vicine ad una rete stradale…
    Allora, visto che nel comune di Sangio ce ne sono già previste quattro e due sono già fatte, le altre dove le mettiamo?

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  2. avatarAndrea Cotti - 9 novembre 2011

    Non le mettiamo.  :mrgreen:

    Secondo me le attuali biomasse sono solo il prodotto di una politica finalizzata alla speculazione e all’ottenimento di facili finanziamenti, (come diciamo anche qui).   Se solo attuassimo il reale spirito che ha portato ad esse, vedremmo cadere l’alto interesse che ora mostrano le grandi aziende finanziarie per questo progetto.

    Se ad esempio:

    1. davvero solo gli agricoltori (o comunque i produttori diretti di combustibile) potessero ottenere le autorizzazioni per questo tipo di impianto

    2. tutto (o la maggior parte) del materiale combustibile fosse reperito esclusivamente nell’area e solo una minima parte nelle immediate vicinanze, e comunque non oltre i 10-15 km.

    3. si rispettassero scrupolosamente le normative Provinciali e Regionali esistenti, che fissano i limiti di distanza dalle case, il contenimento delle puzze dei digestati, il versamento nella rete idrica degli scarichi inquinanti 

    2. se i contributi statali fossero tassativamente erogati in conseguenza del rispetto di queste indicazioni …

    forse ci ritroveremmo meno progetti-biomassa e nessun cittadino preoccupato per i loro negativi effetti.

    E fine del problema NIMBY.

    Forse basterebbe cambiare l’attuale approccio alle biomasse; inizialmente doveva essere un modo di recuperare attivamente materiali di scarto, cioè gratuiti, a vantaggio del produttore (l’agricoltore) e della collettività. Ora è diventato solo un mezzo per ottenere fondi e fare business facile. Ribaltando completamente il concetto “recupero materiali di scarto” si vanno a reperire o addirittura si producono al fine di indurre guadagni. Ed ovviamente facendo pagare un pesante costo alla collettività, che per ottenere un ben contenuto vantaggio (la poca energia prodotta, al saldo di quella spesa per produrla) deve pagare un prezzo altissimo in qualità della vita.

    Tornando poi al discorso iniziale di Gabri, anche per il fotovoltaico il discorso diviene simile.
    Se i finanziamenti statali vengono erogati in modo tale da consentire speculazioni, bè stiamo pur certi che esse arriveranno. Mi sembra che al momento esistano già particolari condizioni di favore a chi impianta i pannelli sui tetti e ancor più favorevoli nei casi che essi siano ‘integrati’ e comunque non visibili.
    Ma non dovrebbe essere consentito l’impianto di pannelli che vadano ad occupare terreni coltivabili, e tantomeno finanziato o sostenuto.
    Rinunciare al grano per ottenere energia, sia pur pulita, solo perchè appare economicamente più conveniente, mi sembra un pessimo inizio.

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  3. avatarGabriele Tesini - 9 novembre 2011

    E’ vero, cara crazy, che gli italiani mentre sbandierano le necessità di installare le biomasse, le discariche, il fotovoltaico, gli inceneritori, per fortuna non più le centrali nucleari, e altro ancora, poi subito dopo dicono “non nel mio cortile”, ma c’è sempre una soluzione a tutto ciò, basta distinguere se ciò ha utilità sociale o privata.
    Per quella privata deve esistere il coinvolgimento dei cittadini che si trovano vicini all’impianto proposto dal privato stesso e se non ci sono le condizioni per costruire, non si deve procedere in quel luogo ma si devono trovare luoghi più lontani, poi è vero che non ci troviamo nella steppa e gli spazi sono limitati, ma c’è una grande differenza, ad esempio, costruire una biomassa a duecento metri da una borgata invece che a due chilometri, se ci mettiamo un po di buona volontà il posto si trova, ma se crediamo che per interessi e speculazioni private tutto ciò debba avvenire dove pare a loro, viene calpestato il diritto ai cittadini di poter vivere una vita normale.
    Se invece l’utilità dell’impianto e sociale e tutta la comunità può trarne vantaggi, probabilmente la mediazione si stringe, ma comunque il parere dei cittadini va sempre tenuto in doveroso conto.
    Il timore è che, come dice anche Andrea, troppo spesso, in Italia, si fanno le cose anche giuste come la produzione di energie alternative, solo in nome della speculazione economica per pochi invece che a favore  dell’interesse di tanti.

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  4. avatarclaudio - 10 novembre 2011

    Pur avendo in Italia una esperienza ancora limitata dal punto di vista temporale sulla convenienza e sulla resa degli impianti fotovoltaici, credo che essi costituiscano una delle fonti primarie in futuro per la produzione di energia elettrica, anche grazie alle caratteristiche di rinnovabilità e di assenza di inquinamento.
    Considerato che nazioni con meno giornate di sole annue, come ad esempio la Germania, stanno investendo massicciamente da diversi anni sul fotovoltaico, mi sembra che sia il caso di farlo anche da noi. E’ chiaro che per aver quantità significative di energia prodotta non sono sufficienti gli impianti domestici e quelli sopra i capannoni delle imprese, e quindi anche una parte del terreno agricolo può e deve a mio parere essere utilizzata, ovviamente con politiche razionali di percentuali definite e compatibili con tutto il resto.
    Dobbiamo in qualche modo produrre il nostro fabbisogno energetico annuo, considerato che negli anni non ho mai visto nè diminuzioni di consumi nè persone disposte a rinunciare alle comodità ormai acquisite (es. climatizzatori in estate).   

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  5. avatarTiziana Ferrari - 17 novembre 2011

    Affianco a casa mia c’è un terreno incolto da 5 anni, è terra della Partecipanza: quanta energia si poteva produrre sfruttando quel campo? quanto frumento? quanto mais, patate, cipolle, zucchine… ogni giorno lo guardo e vedo l’erba alta e l’incuria… chi si può permettere di gettare al vento le risorse alimentari o energetiche se non un paese che non ha più rispetto di nulla? (scusate lo sfogo!)

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  6. avatarAndrea Cotti - 18 novembre 2011

    I terreni incolti sono un problema, forse IL problema della nostra disgraziata società.

    Ai contadini tocca poco o nulla e le derrate alimentari ai negozi arrivano carissime. Forme di distribuzione sciagurate basate sulla speculazione hanno reso invivibile questo rapporto.  E diviene sempre più inconveniente per i contadini lavorare la terra.

    La Partecipanza, questo nobile ed atavico Ente persicetano è un altro problema.

    Ne parliamo presto in apposito articolo.  😀

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  7. avatarGabriele Tesini - 21 novembre 2011

    Sì, parliamo ancora della Partecipanza visto che presto ci saranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio e credo che ormai ci si debba organizzare per cambiare l’Amministrazione di questo ente importante per il territorio che da troppo tempo è gestito sempre dagli stessi.

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