Persiceto Rugby – Torneo di Imola

Con un po’ di ritardo, un breve reportage sui nostri bimbi del rugby.

Sabato, a Imola, l’under 12 e l’under 10 si sono fatte molto valere, in puro spirito rugbystico e facendo onore alla maglia.

L’under 10, rinforzata da tre prestiti del rugby Reggio, ha anche battuto la Reno (società della periferia bolognese con cui si sta sviluppando un bellissima rivalità) per 4 mete a 1.

Questa breve notiziola ha molto a che fare con le eccellenze sportive di Persiceto di cui si parla nel post qui a fianco dedicato all’Aleksandra Cotti (si rimanda ad un altro momento un discorso più ampio sul perché il vicino comune di S.Agata sia stato più accogliente con noi).

E ha molto a che fare con l’altro post, quello dei bimbi stranieri nati in Italia. Perché senza Kevin, Siratt, Samuel e Solomon la squadra sarebbe molto meno forte e gli allenamenti molto più noiosi, e ci divertiremmo tutti meno.

A partire dagli altri bimbi, quelli nati qui, che nella loro immensa saggezza il problema nemmeno se lo pongono.

Tedeschi a Persiceto

E per una volta non parliamo dei nazisti durante la guerra.

Avete forse notato che in giro a Persiceto si vedono molte Audi con targa tedesca, a schiacciante maggioranza con la sigla “IN” e il simbolo della Baviera.

Non ci vuole molto a carpire che si tratta di persone che lavorano alla Lamborghini, che è appunto di propietà dell’Audi che ha sede in Baviera nella città di Ingolstadt.

Mi chiedo: cosa pensa un tedesco che viene qui al seguito della sua megaditta potente? che cosa pensa di questa zona? di come ci si vive?

Ma soprattutto, in questo periodo di crisi, penso al fatto che sono tedeschi, e immagino siano dei dirigenti. E quindi mi chiedo: secondo loro cosa manca a questo paese? Qual è la loro esperienza produttiva da queste parti? Che differenza c’è tra le condizioni di lavoro a Ingolstadt e quelle a Sant’Agata? e soprattutto: cosa, secondo loro, deve fare un giovane che vorrebbe un giorno lavorare in un’azienda tipo la Audi?

Secondo me ne potrebbe venire fuori un incontro bello, o gestito dall’associazione, o da proporre al comune, chissà.

4 Novembre

Oggi è il 4 novembre.
A mezzogiorno del 4 novembre di 93 anni fa il generale Diaz diramava il celebre bollettino della vittoria sugli Austriaci: era la fine della prima guerra mondiale. Oggi il bollettino della vittoria è inciso in moltissimi luoghi e piazze in tutta Italia.

Ce n’era uno anche a scuola, al Liceo di Cento: salite le scale, te lo trovavi davanti giusto prima di entrare in classe: e fu così che, in qualche modo, mi ci affezionai. Il bollettino della vittoria più interessante, per me, è però a Bologna. Di fronte al Nettuno, e di fianco alle foto dei partigiani.
Non è una cosa banale. Stabilisce davanti alla città un legame diretto e profondo tra i ragazzi che sono andati a combattere sulle Alpi nel ’15-’18 e quelli che sono andati combattere sugli Appennini dopo l’8 settembre.

Anche a Persiceto è così: i primi ragazzi hanno una piazza, i secondi un’altra, a pochi metri di distanza. Tra l’altro, il monumento di Piazza Garibaldi – eretto dai fascisti – contiene anche una data sbagliata: praticamente, si dice che a Persiceto la Guerra iniziò un anno prima che nel resto del mondo. Ma va benissimo così.

Il punto è che bisogna conoscere un poco la propria storia. E se possibile volerle anche un po’ bene. Di solito il 4 novembre si fanno dei bei discorsi, si suona il silenzio militare e il Comune depone una bella corona di fiori davanti al monumento. Sarebbe bello che il ricordo della propria storia fosse qualcosa di un po’ più coinvolgente: magari con i bambini delle scuole, o magari a pranzo in pazza tutti assieme, come ad esempio era stato fatto quest’anno il 17 di marzo.
Sarebbe bello, soprattutto per chi viene da lontano e magari di queste cose non ha mai sentito parlare.

Le finestre chiuse

Si scende dal treno, si prende il sottopassaggio, si attraversa il viale.

Poi si passa sotto la porta Garibaldi e si entra in paese. Corso Italia è una via bellissima. Lunga e stretta, con i palazzi storici in ocra e mattone e i balconcini di ferro battuto.

Corso Italia è un piccolo capolavoro.

Quando rientro a casa e c’è il sole (e non ci sono macchine, of course) mi piace camminare in mezzo alla strada a guardare la prospettiva che arriva fino alla porta Vittoria, con i portici bassi della tradizione emiliana che fanno da contorno sul lato sinistro. Nella tradizione, c’è anche il verde degli scuri.

È un bell’abbinamento di colori, il verde sul giallo ocra, o sul rosso mattone. E si nota molto bene, perché gli scuri sono sempre chiusi.

In corso Italia, quasi tutte le case sono sfitte.

In corso Italia nessuno abita più. Alla sera, quando non c’è più il sole e non si vedono più neanche i colori, sopra le vetrine dei negozi c’è solo il buio.

Un paese che lascia morire piano piano il proprio centro disabitato è un paese triste.