Siamo tutti squadristi?

meglio le botte che l'indifferenzaL’argomento di questi giorni sono le contestazioni a due noti politici, alle quali sono immediatamente (se non contemporaneamente, data la possibilità della rete di commentare i fatti del giorno in tempo reale, con buona pace della riflessione che porta consiglio) seguite le condanne da parte di alcuni giornali. Tali contestazioni sono state bollate come “squadrismo”, in particolare lo stesso segretario del maggior partito di opposizione, le ha definite “squadrismo viola”.
Le categorie, le etichette appiccicate sul dorso dei contestatori, che di solito si rispolverano per queste vicende, le sapete, sono le solite, demagogiche e trasudanti insofferenza, etichettature utilizzate a mo di clava o di insulto, nel migliore dei casi, per delegittimare qualsiasi possibilità di dialogo, il concetto è di evidenziare che con “quelli” non esiste dialogo possibile, da cui, la conseguenza la traggo io, pare evidente che l’unica possibilità è il ricorso al manganello.

Pur non riferendomi a fatti specifici in particolare (perché non conosco tutti i dettagli) vorrei fare un discorso in generale, perché sono i principi che contano.
Ci troviamo in un mondo che si muove a forte velocità, di forti cambiamenti, di crisi, un mondo dove tutti i vecchi valori vengono posti in discussione, e quindi è più facile sbagliare e seguire una strada che non porta da nessuna parte, ed è maggiormente importante tenere i nervi saldi e riflettere prima di agire, prima di ricorrere alla violenza, fisica o verbale, laddove la violenza verbale è anche l’etichettatura populista e demagogica dei contestatori come squadristi.
La libertà di manifestazione del pensiero è uno dei capisaldi di una democrazia, qualcosa per la quale vale la pena combattere, e i cittadini lo sanno, quelli che ogni giorno si indignano per le leggi che continuamente vengono sfornate al fine di imporre bavagli, di limitare le informazioni che possono giungere al popolo. Si tratta di una battaglia giusta e sacrosanta, per un diritto più volte ribadito dalle pronunce giurisprudenziale, sia interne, della Cassazione, sia a livello europeo. Ma, non vedo dove possa portare una strada nella quale tale diritto sia limitato solo a chi la pensa come noi. Se cominciamo a impedire l’esercizio di tale diritto a chi è condannato in via definita, poi lo impediremo ad un condannato non ancora definitivo, poi ad un semplice indagato, poi solo a chi è chiacchierato, poi semplicemente a chi non sopportiamo. Non esiste un corollario a tale diritto, che limita la libertà di manifestazione del pensiero a chi la pensa come noi, anzi, volterrianamente parlando, quanto più l’altro la pensa diversamente tanto più il suo diritto alla parola dovrebbe essere difeso, perché domani potremmo essere noi quell’altro. Allora si vedrebbero le conseguenze di scelte di questo tipo.

Ma, di contro, non si può, ed è ipocrita solo pensarlo, fare un discorso del genere senza guardare l’altra faccia della medaglia. Se la democrazia si regge su un insieme di regole condivise, se la democrazia non è altro che un gioco di pesi e contrappesi, al diritto di parola riferito ai nostro governanti, per quanto chiacchierati possano essere, si deve correlare sempre il diritto ad un civile dissenso, il diritto alla contestazione, alla critica. Quindi, non possiamo pretendere che il tale politico parli indisturbato se poi un ministro rifiuta di incontrare i precari (e pare che siamo a 200.000) etichettandoli come “politicizzati”. Non possiamo pretendere che i cittadini accettino acriticamente riforme che toccano, guarda caso, sempre loro, e non richiedono mai “lacrime a sangue” ai politici. Non possiamo pretendere il diritto alla parola, quando tanti, troppi non hanno alcuna possibilità di parlare, di gridare la loro solitudine, di chiedere, anzi pretendere, che i propri diritti siano rispettati. È facile, è comodo, dall’alto delle nostre pance piene, con un tetto sulla testa, dopo aver dato una carezza al figlio che dorme nell’altra stanza e incassato il nostro giusto stipendio, bollare chi non ha più nulla di tutto ciò, chi da 10 anni cerca disperatamente un lavoro, una speranza, nemmeno più per lui ma per i suoi figli, chi con estrema forza di volontà non si fa abbindolare dalle sirene del guadagno illecito facile, del ricorso al voto di scambio, della raccomandazione che distrugge qualsiasi forma di meritocrazia (e sappiamo quanta poca ve ne sia in Italia adesso!), come “squadrista”, così semplicemente, a prescindere, senza sapere nulla di lui, senza cercare di capire perché si giunga a tali gesti.
Chi non ha più nulla non ha nulla da perdere, e quindi giunge a gesti estremi come salire su una gru per il solo fine di poter avere voce, oppure fischia il politico di turno.
È bello? No, non lo è affatto, ma al di là dei casi singoli, le contestazioni sono figlie dell’assenza di dialogo tra le parti, del rifiuto al dialogo da parte dei politici e dei governanti sordi a qualsiasi rivendicazione che sia civile. Abbiamo dimenticato in fretta i pacifici aquilani che hanno atteso pazientemente e civilmente per un anno prima di cominciare a protestare per una ricostruzione mai fatta, e quando hanno marciato a Roma hanno trovato la celere ad attenderli. E non è solo questo episodio da conteggiare, altri, in tutto il paese, denotano il fastidio da parte del governo per il dissenso organizzato. Il motivo è puramente politico. Un potere si perpetua sulla divisione dei cittadini, e quanto più riesce a far passare l’idea che sei solo tu, insieme a quattro squadristi, a dissentire, tanto più riesce a perpetuarsi. Se invece il cittadino ha contezza del fatto che ci sono 10, 100, 1000 altri cittadini che dissentono dalle politiche governative, allora il potere trema!
E’ facile mostrarsi democratici quando il politico può permettersi di parlare a 4 milioni di italiani ogni volta che vuole, mentre poi il dissenso del cittadino si limita ad una cerchia ristretta, i parenti nel soggiorno di casa! Quale privato cittadino può chiamare il TG1 e chiedere 30 secondi della scaletta per rispondere al politico che lo attacca dipingendolo come squadrista? Quale cittadino può scrivere ad un giornale e vedersi dedicata una terza o quarta pagina?
Praticamente nessuno, per cui è ipocrita pensare che ci sia parità di condizione nell’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero, laddove i politici hanno una tutela, in questo campo, esagerata, mentre i cittadini semplicemente non ne hanno accesso. E di contro il diritto al dissenso è sempre di più criminalizzato ed osteggiato, fino alla boutade di un noto sindaco che avrebbe voluto imporre una tassa sulle manifestazioni, come dire che essere a favore del governo è conveniente anche economicamente. Vuoi dissentire?, Vuoi manifestare in piazza? Allora paghi! Ecco, ci manca solo questo e il quadro sarà completo per realizzare quel completo distacco tra governanti e governati, laddove questi ultimi sono visti nemmeno più come cittadini bensì come semplice sudditi, per i quali il diritto al dissenso e alla critica politica diventa una mera facoltà concessa dal sovrano “purché non diano troppo fastidio”.
Nel contempo negli altri paesi si sono avute manifestazioni di dissenso analoghe (in Inghilterra, ma anche in Francia) e non ho ancora letto nessuno che etichettasse quei cittadini come “squadristi” o peggio, mostrando un rispetto per i cittadini che ormai noi in Italia semplicemente abbiamo dimenticato.

Siamo in un paese dalle etichette facili e dalla memoria corta, dove ci si dimentica della reale identità dei politici. E i giornali, che per la quasi totalità si trovano come loro “cliente” principale la presidenza del consiglio come elargitore di sovvenzioni pubbliche, non fanno molto per ricordarlo, salvo, piuttosto, demagogicamente “bollare” il dissenso.
Quello che davvero mi aspetterei dai giornali non è l’etichettatura selvaggia e demagogica del dissenso popolare, negando così loro qualsiasi forma di legittimazione e di contro legittimando allo stesso modo la politica di criminalizzazione del dissenso del governo. No, quello che mi aspetterei dai giornali, dai mess media, da chi ha la possibilità di scrivere, e di essere letto, mi aspetterei che spiegasse ai dissenzienti perché le loro rivendicazioni, pur giuste, non devono incanalarsi nelle vie sbagliate, perché negare la libertà di parola all’altro è come negarla a noi stessi, perché o vale per tutti oppure non vale per nessuno, e la seconda ipotesi favorisce sempre il potere, perché altrimenti è come andare in guerra e spararsi ad un piede, perché la violenza chiama altra violenza e legittima il ricorso al manganello… ed è quello che vogliono loro, che aspettano!
Quello che mi aspetterei da chi può parlare per tutti è che spiegassero tutte queste cose, che cercassero di capire perché si è arrivati a questo. Forse è vero che sono saltate le regole democratiche (e non mi pare che siano i cittadini ad aver fatto il primo passo in tal senso, per il semplice motivo che non ne hanno la possibilità tecnica), che non esiste più il diritto al dissenso, ma non è certo standone al di fuori delle regole che esse si ricostruiscono, ma dal di dentro.
Come qualche tempo fa ho sostenuto che non ritengo giusto che gli autori di Mondadori debbano uscirne, perché certe battaglie per la libertà vanno fatte dall’interno, altrimenti è come aver perso altro terreno ed un altro pezzo di libertà.

Allora sì, allora a queste condizioni, che siano rispettate le regole democratiche e che esse valgano per tutti, che il dissenso sia basato sulle idee, perché, non dimenticatelo mai, la più bella vittoria è mostrare di avere più idee dell’avversario, e sconfiggerlo sullo stesso terreno, oppure mostrare a tutti che lui non ha idee, allora sì che mi riconosco in questo dissenso e, con lo stesso spirito di un J.F.K. che gridava “ich bin ein berliner” per comunicare ai tedeschi dell’est chiusi dietro al muro che lui era con loro, al loro fianco in una sorta di comunanza morale, potrei dire anche io “sono uno squadrista”!
Questo vorrei che accadesse domani, che i giornali spiegassero e chi ha voce per parlare ribadisse. Percorrere la strada sbagliata è un errore che non porterà a nulla di buono, ma al contempo lasciare solo il dissenso popolare, ed etichettarlo in quel modo, vuol dire semplicemente chiudere ogni forma di dialogo con chi la pensa diversamente, con chi vive diversamente (dai borghesi con le pance piene che vanno a pranzo coi politici) perché non arriva a fine mese, e costringerli ad uscire fuori dalla regole democratiche. Penso che sia arrivato il momento che tutti scelgano: i cittadini, ma anche i giornali!


Commenti
Sono stati scritti 6 commenti sin'ora »
  1. avatarAndrez - 6 settembre 2010

    Intervento davvero interessante caro Bruno che, come sempre, fa pensare e riflettere.

    La vicenda Schifano/Fassino mi ha davvero indignato.
    Fassino ha definito ’squadristi’ i contestatori, aizzandogli contro la polizia e taggandoli subito come ‘grillini e viola’. Erano normali cittadini, senza bandiere o altro e pure militanti PD; hanno contestato Schifani e la sua presenza alla festa dell’Unità ma il Presidente del Senato ha potuto tranquillamente parlare, come ha fatto per 20 minuti.
    Da tesserato PD, condividendo pienamente la contestazione in quanto ritengo che l’avversario politico vada *sempre* rispettato, ma il mafioso *mai*, prendo atto che da oggi sono ritenuno pure io ’squadrista’ da Fassino e dal mio partito.

    Se cominciamo a impedire l’esercizio di tale diritto a chi è condannato in via definita, poi lo impediremo ad un condannato non ancora definitivo, poi ad un semplice indagato, poi solo a chi è chiacchierato, poi semplicemente a chi non sopportiamo.

    Credo di poter condividere in linea di massima questa posizione. Mi sembrerebbe un fatto positivo se ad una festa dell’Unità o altrove fosse data la parola ad un recluso (o comunque ad un condannato) per consentirgli di trattare argomenti di interesse sociale o anche esprimere opinioni politiche; sarebbe un fatto ‘normale’, un esercizio di democrazia in una società ‘normale’.

    Senonchè non c’è ora una ‘società normale‘ nel nostro Paese.
    Viviamo una situazione di emergenza (peraltro da te ben descritta) dove la malavita organizzata ha infettato ed occupato pezzi di Paese, le Istituzioni e gangli importanti dello Stato.

    Poteva forse invitare i camorristi in Consiglio comunale e dare loro la parola il Sindaco di Pollica, il ‘simbolo della legalità’ Vassallo, ammazzato dalla camorra ieri sera?

    Durante la guerra di liberazione, (situazione di emergenza), non era concepibile che ad una riunione di patrioti fosse data la parola ad un repubblichino. Erano innanzitutto le condizioni oggettive stesse che lo impedivano, ma anche la consapevolezza che in quel momento per far rinascere la democrazia occorreva ben altro.
    Possiamo forse definire un atto di democrazia lo sparare ai repubblichini? Eppure fu determinante per riportare la democrazia in Italia.

    Oggi non siamo certo a quel punto (almeno non ancora) ma è un fatto che la nostra democrazia sia in grave pericolo.
    E quando il maggior partito d’opposizione decide, tra i tanti personaggi di governo, di dare spazio proprio a figure infettate dalla mafia e da molti ritenute una loro emanazione nello Stato, qualcosa non va. E se poi a chi la cosa non piace e manifesta questo pensiero viene inviata la polizia per impedirgli di esprimere tale dissenso, bè credo tocchi prendere posizioni molto chiare.

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  2. avatarZeitgeist - 6 settembre 2010

    Carissimi, splendide considerazioni sul tema, ma è ormai tardi.
    Abbiamo la classe politica di destra solo ladra e truffaldina e la classe politica di sinistra ferma e immobile nel rinnovamento interno e quindi nelle idee e nelle strategie politiche.
    Ormai è tardi, da oggi dobbiamo fischiare e incazzarci sempre  quando questi politici di destra e di sinistra a seconda delle cazzate che fanno.
    Questi non ci ascoltano più e il dissenso del non voto lo dimostra, ma non basta, se ne fragano e vanno avanti per la loro strada.
    Io avrei fischiato Schifani e Fassino per averlo invitato come ho fischiato contro Berlusconi al NO’ B DAY e lo fischierò anche al prossimo.
    Altre strade non ne vedo, Craxi docet. 😈

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  3. avatarBsaett - 7 settembre 2010

    Per i casi specifici non ho voluto dire nulla perché si dovrebbero fare molti distinguo. Ad esempio non vedo che utilità abbia una contestazione a chi legge i falsi diari di Mussolini, casomai mi chiederei perchè sentirlo parlare di patacche, ma ognuno fa le sue scelte, e non sto certo a sindacare sul punto. La contestazione, semmai, dovrebbe essere incentrata sul perchè si consente ad un condannato in via definitiva (per false fatturazioni) di sedere ancora in Parlamento, avendo tra l’altro dichiarato che fa politica per non essere arrestato (dichiarazioni a Repubblica). Ma anche lì il problema è diverso, bisognerebbe chiederne conto al Parlamento che continua ad ospitarlo, non certo a lui che si limita ad approfittare del “riguardo”.
    Per l’altro episodio (del quale ne avete già parlato in altro articolo), l’invito ad un politico dello schieramento opposto, è abbastanza logico (non ci vuole un genio per comprenderlo) che determini una reazione della base che ci vede un chiaro messaggio di connivenza, come se il PD dicesse “anche con loro, ma non con voi cittadini”. La reazione era, direi, scontata (anche se non le modalità), per cui è ipocrita rammaricarsene dopo come ha fatto Fassino. A meno che il tutto non fosse voluto! Forse bisognerebbe cominciare a rendersi conto che quelli sono dei parafulmini utilizzati per alzare il livello dello scontro.

    L’articolo aveva l’intenzione di rimarcare il mio sdegno verso l’ipocrisia di certi giornali che palesemente prendono le difese di alcuni politici contro i cittadini, mostrando da che parte hanno intenzione stare. Per il resto è ovvio che è facile pontificare quando si ha un lavoro ed una casa, ma sono almeno due anni che mi chiedo cosa farei se avessi perso tutto ciò, e dovessi vivere con la pensione del nonno, con l’aggiunta di essere definito “bamboccione” e poi dover vedere gli sprechi e le ruberie di una classe dirigente che ormai è sorda a tutto tranne che ai loro interessi. Non ho alcun stima per i dirigenti di questi partiti, che sono gli stessi da decenni e un giorno uno un giorno l’altro si svegliano indignati e tuonano contro lo status quo, salvo ricaderci ed impedire qualsiasi ricambio generazionale, ma non mi sembrava il caso di rimarcarlo ancora una volta. Stavolta volevo rispondere ai giornali che fomentano l’odio sociale, attaccando i cittadini senza nemmeno volerli ascoltare e nel contempo difendono, in totale conflitto di interessi, il governo, ormai il principale cliente della quasi totalità dei giornali.
    In un paese democratico che spesso viene additato come esempio, gli USA, Murdoch è stato fortemente criticato anche dal suo stesso giornale per aver sovvenzionato solo i Repubblicani e non anche i Democratici (come è usuale lì per i grandi gruppi industriali). Eppure Murdoch non è nemmeno un politico né ha una posizione semimonopolistica sull’informazione.
    Ecco, i nostri giornali forse dovrebbero riflettere su questo.

    Infine, ho trovato scandaloso che alcuni giornali si siano stracciati le vesti e abbiano gridato al golpe quando il ddl intercettazioni ha previsto un bavaglio anche per loro, laddove alcuni di loro il bavaglio se lo sono imposti da soli per anni. L’ipocrisia di alcuni di essi mi è sembrata di solare evidenza quando il tutto è rientrato con la modifica della norma che rimuoveva parzialmente quel bavaglio, mantenendo però il bavaglio ai magistrati e, sopratutto alla rete. Mi è apparso ovvio che certi giornalisti difendono la libertà solo quando tocca loro, i loro amici, i loro colleghi e i loro clienti (nel senso sopra specificato). Dei cittadini non frega assolutamente nulla!
    P.S. La foto non è stata scelta a caso!

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  4. avatarAndrez - 7 settembre 2010

    Mi è apparso ovvio che certi giornalisti difendono la libertà solo quando tocca loro, i loro amici, i loro colleghi e i loro clienti (nel senso sopra specificato). Dei cittadini non frega assolutamente nulla!
    P.S. La foto non è stata scelta a caso!

    Credo in effetti che questa sia la mentalità diffusa ed in essere tra i cittadini del nostro disgraziato Paese dopo vent’anni di berlusconismo (iniziato ricordiamolo dai televisivi Drive Inn e paninari conseguenti, precursori del mito del furbetto del quartierino).

    Una mentalità  egoistica quanto miope, diffusa in modo trasversale tra le varie categorie della nostra società, che impone di fare i conti con il proprio orticello, e spesso nemmeno con quello.

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  5. avatarAndrez - 9 settembre 2010

    Credo sia doveroso riconoscere che le contestazioni a Dell’Utri e Schifani debbano essere considerate ben diverse da quelle che ieri hanno impedito l’intervento di Raffaele Bonanni.

    Alle prime erano sventolati articoli di giornale, fotocopie, notizie alle quali si riteneva doveroso almeno un commento. Alle seconde hanno lanciato fumogeni, sfiorando la violenza vera.

    Inoltre Bonanni non è mafioso nè malavitoso. E’ solo per alcuni un avversario del quale non condivide le opinioni. La Cisl ha una sua idea della crisi e ritiene che il nemico sia la globalizzazione, non la Confindustria, pertanto recepisce come inutili le battaglie che non si possono vincere come quella su Fiat, dove secondo la Cisl i lavoratori non hanno alcun potere contrattuale. Per loro è meglio cercare di manovrare la transizione al mondo dopo la crisi nel modo meno sfavorevole ai lavoratori.

    E’ ovviamente un’opinione e si può dissentire, come fa la Fiom ad esempio,  e così come molti, anche di sinistra,  dissentono dalle battaglie della Cgil.

    Ma il dissenso a colpi di fumogeni non è nè produttivo nè accettabile.

    Resta la mortificante posizione di un Popolo al quale non è più consentito esprimersi, non alle elezioni nè ai dibattiti.  Che ai partiti, quasi tutti, di loro non frega più niente.

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  6. avatarcarmengueye - 9 settembre 2010

    Quanta carne al fuoco. Sarò breve (come dicevano i conferenzieri quando ero in CISL, e poi, i maschi, si parlavano addosso per ore:lol: ).
    Che la CISl tema la globalizzazione è un bell’alibi che si è data. Intanto, quando la OMSA è stata spostata in Serbia, non è che abbia ascoltato molte proteste. Dovrebbero stare lì giorno e notte, altro che discorsi. Ma si sa, la CISL (in cui ho militato dal 1985 al1999) è un sindacato di fighetti. I suoi dirigenti finiscono ministri; tanti che ho conosiuto, diventarono managers di ditte che in teoria avrebbero dovuto avere come controparte, ma..come immaginate..o sapete…
    Diciamolo: questo tipo di sindacato, mi riferisco a tutti, non ha più alcun senso. Ha mollato i lavoratori arroccandosi, quelli di base, a un ideologismo che è  un pastone di rivendicazione e marxismo o presidio dei suoi territori storici.
    C’ è un’alternativa? Non lo so. Ma personaggi come Bonanni ormai sono di un’insulsaggine che appena il cuore. Una volta, tanto quanto, esistevano ex partigiani, o delegati di fabbrica o persone reduci dalle lotte contadine, che agivano con un briciolo di buona fede. Era perfino più genuino un Jimmy Hoffa che uno di questi sindacalisti che conosciamo ora. In Francia  Bonanni non avrebbe potuto permettersi di fare e dire ciò che ha fatto e detto: avrebbero rivoltato i pullmann per strada, e non parlo  di Rwanda, ma dei nostri vicini .
    Dove le coscienze dormono, un Bonanni può permettersi di dare, tutti i giorni che Zeus manda in terra, torto a Epifani e mai, mai una volta che abbia minimamente, non si dice contestato , ma almeno espresso frammenti di criticità all’operato del governo, degli industirali.
    E che dire di ex caporioni alla Bertinotti, felicemente a Cernobbio a pontificare in compagnia del gotha della Finanza?
    Mi spiace, sarò passatista, ma la penso come Montanelli: tu sindacalista, a cena con quelli non ci devi andare. Ovvero, non devi arrivare al punto da esserci invitato. E quanto alle contestazioni con lacrimogeno, mi paiono ampiamente prevedibili in questo clima, pare quasi che non le si sia volute contrastare. Bonanni poi poteva accampare un impegno: di falsi eroi non abbiamo proprio bisogno.

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