Quando saremo in Merica

  –  … Provai un odio profondo per l’Italia, per il suo disordine, la sua negligenza, per l’insipienza di un popolo che ha sempre necessitato di un padrone. Avevamo passato vent’anni ad ammirare un burattino fare le boccacce da un balcone in piazza Venezia, semplicemente perchè ci somigliava.

In quella rappresentazione della nostra pochezza ci specchiammo felici. Trovammo nel duce l’uomo del destino, che sembrava farsi carico delle nostre inettitudini, della nostra incapacità di sentirci popolo.
Un popolo dai mille sangui diversi, dalle mille debolezze ed astuzie, capace come nessun’altro di sotterfugi e fregature, figlio di popoli invasori ai quali fu concesso, per vigliaccheria, di ingravidare le nostre donne. Un popolo di bastardi che disconosce la propria identità e non sente, non avendola, il richiamo della patria. Attento unicamente al proprio tornaconto. Un popolo somaro che accettò il basto del duce come unica via d’uscita al disordine politico di Giolitti. Scaricammo su un uomo mediocre la nostra mediocrità e, passato il suo bastone, ci affidammo ad un altro padrone che sostituì il randello con la croce. E quella comanda tutt’ora. … –
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Non ho una conoscenza letteraria sufficiente per esprimere un’opinione adeguata sul libro di  Gilberto,  ma senza dubbio ha saputo colpirmi e più volte, trasmettendomi sensazioni e pulsioni inattese,  ataviche passioni politiche, e fasciandomi di luci e sapori nostrani e  tropicali,  e profumi esotici.
Da non perdere assolutamente e da leggere centellinando ogni pagina, gustandosela in tutta la sua fragranza.
Potete trovarlo in ogni libreria, come quella in piazza, oppure online anche cliccando la foto.  😉

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