Tolleranza, politica e fagiolini

C’è più resistenza in questa signora che spicolla i fagiolini, che in tutte le urla, le bestemmie e gli spintoni di certi parlamentari.
A noi che siamo orfani della buona politica ci viene chiesto di scegliere. Io sceglierò la tolleranza o per dirla breve non sceglierò “quel Boia chi molla“, che abbiamo risentito non senza un brivido di raccapriccio pronunciare dal deputato grillino Angelo Tofalo che inveiva contro la presidente della Camera Laura Boldrini.

Che nella fretta di scusarsi l’ha attribuito alla grande eroina della Repubblica partenopea, Eleonora de Fonseca Pimentel, rivelando la propria ignoranza. Il motto-giuramento della Repubblica partenopea infatti era Liberi o morire.

Eleonora fu impiccata dopo che le tolsero le mutande perché il popolino e i lazzaroni potessero godersi lo spettacolo di una donna che era uscita fuori dal suo ruolo “naturale”. Le sue ultime parole furono un passo di Virgilio: Forsan et haec olim meminisse iuvabit (Forse tutto questo gioverà un giorno ricordare).

Ma, si sa, la memoria spesso tradisce, ancora più spesso viene tradita.


Commenti
Sono stati scritti 2 commenti sin'ora »
  1. avatarAndrea Cotti - 3 febbraio 2014

     

    • Amici Anpi  Parlo sotto il profilo storico… ho fatto un po di ricerche e a quanto ho letto quella frase fu usata prima che lo facessero i fascisti, dagli arditi del popolo… Comunisti e anarchici.. poi sappiamo tutti il senso che ha oggi.

    • Amici Anpi  Anche “a noi” è degli arditi… fu pronunciata durante una parata militare e davanti al re gli ardi gridarono a chi la vittoria a noi….. in segno di diprezzo verso il re….

    • Andrea Cotti  Grazie agli amici Anpi per le precisazioni, che trovano conferma in Wikipedia;


      “Si tratta di un’espressione diventata famosa come un motto fascista, ma la sua vera origine è dibattuta. Potrebbe essere stata coniata (forse da Eleonora Pimentel Fonseca[1]) durante le barricate della Repubblica Partenopea del 1799, utilizzata nelle Cinque giornate di Milano del 1848 oppure urlata da un sergente durante la ritirata della Battaglia di Caporetto nel novembre 1917.


      Nel corso della prima guerra mondiale fu ripreso come motto del corpo degli Arditi poi, attraverso alcuni ufficiali che parteciparono nel 1919 alla fondazione dei Fasci di combattimento, fu utilizzato dalle prime squadre fasciste. Il motto entrò così a far parte dei simboli distintivi prima del movimento fascista, poi del regime. Nel 1943 fu ripreso nuovamente dall’esercito fascista della Repubblica Sociale Italiana, in particolare dal XXIV battaglione della Guardia Nazionale Repubblicana che lo adottò come motto.”



      Tuttavia nell’immagine corrente è comune il riferimento al fascismo, alla Rapubblica di Salò e ai moti fascisti di Reggio C. del ’70. Come dice il grillino Scanzi, è stato un formidabile autogol usare quel termine, ed è assolutamente da evitare.


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  2. avatarPaolo Grandi - 6 febbraio 2014

    della donna  che sbuccia  i fagiolini sotto la scritta W la Resistenza io  ne farei un quadro  da appore  in Parlamento
    chissà  che non faccia pensare

     

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