Non avevo l’eskimo

NON AVEVO L’ESKIMO.
Perchè costava troppo.
Già era difficile convicere mia madre a darmi i soldi per i jeans – cal broti breg – diceva.
Ma avevo cominciato a lavorare, l’apprendista in tipografia.
A scuola non ero andato bene, e la 2 chance era stata: andare a lavorare. Punto.
Sul lavoro vi racconto quali erano i diritti: il sabato si lavorava il mattino, qualche volta tutto il giorno. Se facevi un errore venivi un’ora prima e lo aggiustavi. La paga era a discrezione del padrone, se eri stato stato bravo ti allungava qualcosa in più. Se rompevi il cazzo stavi a casa, subito. Se andavi al sindacato eri fuori.
Era il 1970.
Oggi sento parlare del ’68 da persone che non sanno un cazzo, il 6 politico, gli studenti ignoranti, le violenze, le brigate rosse.
Tutte cazzate.
Io vi racconterò il mio.
Già perchè ciascuno ha il suo ’68, che per me arrivò nel ’70.
Come ho già detto in altri post, le avvisaglie si ebbero già nel ’66, moti spontanei, azioni individuali.
Nel ’69 si ebbero le prime manifestazioni nelle grandi città, Milano, Roma, Napoli.
Si formò un “Movimento Studentesco”, una roba non organizzata, con proposte confuse e contraddittorie.
Quel che c’era nell’aria era un grande fermento, una agitazione psicomotoria, un odore di cambiamento.
E iniziarono presto gli scontri contro la forza costituita, le manganellate, si impararono i nomi di chi le dava più forte come per esempio il secondo celere di Padova.
E parliamo del ’68 degli studenti.

Il grande e glorioso Partito tentennava, prendeva tempo, organizzava convegni, incominciavano le espulsioni di intellettuali “non fedeli alla linea”.
Ma gli operai, in principio un po’ sospettosi nei confronti degli studenti, iniziarono a muoversi, perchè a loro l’immaginazione al potere non è che interessasse un granchè ma diritti e i salari erano un’altra cosa.
In questo brodo iniziai ad avvicinarmi al movimento che nel frattempo andava organizzandosi.
Si formarono dei gruppi. Io aderii ad un certo Circolo Panzieri di Modena dove si facevano riunioni e ci si chiamava compagni. Si ipotizzava una società libera e socialista.
Nacquero poco dopo i partiti extraparlamentari: Lotta Continua, Potere Operaio, Partito Comunista d’Italia, Marxisti-Leninisti, gli Anarchici Italiani e una miriade di formazioni minori.
“Ce n’est pas q’un debut continuerons le combat” fu uno degli slogan, ma ogni giorno ne nasceva uno nuovo che se li elencassi potrei riempire un foglio protocollo a 4 facciate.
Aderii a Potere Operaio, non so perchè, forse perchè si era messa su una scuola di partito. Ci si trovava la domenica pomeriggio a studiare Marx, Lenin, Trotzky, la rivoluzione Russa e quella Cinese.
Si diceva che siccome la rivoluzione italiana era imminente servivano quadri di partito preparati e, mentre i miei amici andavano a ballare, io frequentavo la scuola marxista perchè qualcuno dovrà pure (benedetta ingenuità) salvare il mondo dal capitalismo.
Il sabato a Bologna al corteo a gridare gli slogan e cercare di non prendere le botte. Poi, pian piano, diventò una routine, finchè non arrivò qualcuno che parlava di amore e pace, con la mariuana che apriva la mente… ma questa è tutta un’altra storia.


Commenti
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  1. avatarAndrea Cotti - 4 dicembre 2013

    Nel ’68 avevo 18 anni e me lo sono fatto in vena per bene; dall’occupazione di Lettere a Bologna dove mi lasciai stupire-sconvolgere da quei miei coetanei che mi apparivano così maturi e preparati, coi loro slogan assolutamente inediti e rivoluzionari, dal “una risata vi seppellirà” al “vietato vietare”,  fino ai picchetti davanti alle fabbriche nell’autunno caldo” del ’69 con i crumiri e la Celere.
    E l’eskimo ce l’avevo, da un paio d’anni, comprato quando non avevo altro da mettermi e non essendo ancora di moda costava pochissimo.  Con la sciarpa rossa.  :mrgreen:

     

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