Noi complici dell’orrore

GheddafiMentre a Tripoli i mercenari di Gheddafi facevano strage della popolazione inerme, inquietanti messaggi, come abbiamo già scritto qui, venivano inseriti in Twitter.

Da molte parti si denunciava la presenza di forze italiane coinvolte nella terribile repressione delle manifestazioni.

Le prese di posizione dei singoli Paesi europei contro il massacro sono state immediate, ma dal nostro governo è uscito un “non vogliamo disturbare Gheddafi”. Si doveva cioè lasciarlo massacrare il suo popolo in pace.

Poi anche l’Europa ha deciso per una dura risoluzione di condanna, senonchè ha dovuto fare i conti con la reticenza del nostro (si fa per dire) Ministo degli Esteri che inizialmente rifiutava di sottoscriverla e solo dopo essere stato duramente stigmatizzato dagli altri Ministri ha accettato, non senza aver tentato di rendere la risoluzione di condanna il più morbida possibile.

Credo sia stato opportuno per il Governo Italiano cercare forme di collaborazione con gli Stati vicini, anche se dalla dubbia reputazione, ma certo non si doveva andare oltre i rigidi rapporti formali.

Il nano invece ha pensato bene di dichiararlo uno dei suoi migliori amici, lo ha incontrato 8 volte in 2 anni, lo ha fatto accampare a Roma col suo codazzo di 150 cavalli berberi e, tra l’ilarità di mezzo mondo, tra un baciamano e l’altro gli ha pure mandato una cinquantina di bionde ‘vestali’ da coranizzare, con la benedizione della Lega (che qui contestualizzava), tra le quali il Rais se ne è scelto un gruppetto da spedire direttamente a Tripoli; un take away di giovani italiane insomma. Da lui l’utilizzatore finale ha persino importato il bunga-bunga.

Questo ovviamente non c’entra nulla col tenere corrette relazioni diplomatiche coi Paesi vicini, anche se di dubbia reputazione.

Poi scopriamo che durante i suoi tanti incontri, Berlusconi con il Rais libico ci ha fatto parecchi affari,  per le sue aziende ovviamente,  non per l’Italia. All’Italia ha invece fatto pagare il conto ratificando con una dura battaglia in Parlamento il Trattato  Italia-Libia

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Ce ne facemmo una ragione a suo tempo.

Il nano ci dicemmo, ci farà su una camionata di soldi per le sue aziende e per un grappolo di altre aziende più o meno sodali, come Impregilo, Marcegaglia, Eni, Unicredit e così via.  Gli compriamo gas e petrolio e gli vendiamo tecnologia insomma.

Ma culoflaccido è andato oltre; ci ha compromesso e sputtanato tutti. E senza dirlo a nessuno.

Vediamo dunque cosa prevede il Trattato che l’utilizzatore finale ha firmato assieme al criminale pazzoide libico.

* Articolo 4: “l’Italia si impegna ad astenersi da qualunque forma di ingerenza, diretta o indiretta, negli affari interni o esterni che riguardino la giurisdizione dell’altra parte. L’Italia non userà mai ne permetterà l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia”.

* Art. 20: – “Le due parti si impegnano a sviluppare, nel settore della Difesa, la collaborazione tra le rispettive Forze Armate, anche attraverso lo scambio di informazioni militari e di un forte partenariato industriale nel settore della Difesa e delle industrie militari”.

* Art. 19: –  “le due parti promuovono un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche da affidare a società italiane.

E adesso come facciamo a ritenere fantasiosi i messaggi su Twitter che denunciano la presenza di forze italiane e contractor (mercenari) coinvolti nel genocidio repressivo, e l’incazzatura degli insorti che ci considerano complici del dittatore assassino?


Commenti
Sono stati scritti 6 commenti sin'ora »
  1. avatarMassimo Domenici - 24 febbraio 2011

    “Noi complici dell’orrore”. Mai titolo è stato più indovinato. Nel carrello della spesa del supermercato bellico Italia, il pazzo di Gheddafi ha riposto bombe, siluri, razzi e quant’altro necessario per far affogare nel sangue le proteste del popolo. Sembra che soltanto nel 2009 la Libia abbia speso circa 112  milioni di euro solo in Italia; non è dato sapere altrove.
    Non mi interessa più di tanto stigmatizzare le non dichiarazioni, le dichiarazioni intempestive, le dichiarazioni “dovute” per il legame a filo doppio e triplo che il nostro Paese ha con la Libia; sono soltanto disgustato quando in questo Paese sento da più parti lo sdegno e il disprezzo per ciò che quel macellaio sta facendo, ma non ci si ricorda mai quanto questo Paese “contribuisce” perché certi eventi abbiano luogo.
    Nel nostro Paese, al di là dei governi che si sono succeduti a fare salamelecchi al “colonnello” e su cui ci si rimpalla le responsabilità da destra verso sinistra e v.v., ciò che fa orrore è il menefreghismo dell’opinione pubblica rispetto a quanto pesa la vendita delle armi nella composizione del nostro PIL.
    Ma d’altro canto, se c’è ancora chi difende l’indifendibile giustificando il Premier a prescindere, c’è poco da scandalizzarsi.

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  2. avatarZeitgeist - 24 febbraio 2011

    GHEDDAFI, UNO DI NOI.  😈

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  3. avatartootsie - 25 febbraio 2011

    Pare che presso Finmeccanica, e Ansaldo, Alenia, Oto Melara, Selex Galileo, Seicos, Agustawestland, Aermacchi, Wass, non facciano ‘caramelle’, eppure c’è chi ancora crede alle favole, illusi che pensano che a costruire armi, missili, mezzi di guerra per terra, mare e aria, e loro componenti, siano gli omini verdi su marte… o che i 36+4 f16 ‘acquistati’ in leasing dall’italia 11 anni or sono fossero garantiti ”u.s.a. self-made”, cosicché i ‘cattivoni’ potessero continuare ad essere solo i ‘war-boys’… mentre il mondo economico e finanziario è da mo’ che gira attraverso grandi holding, joint-venture consortili, ”opa amichevoli”, dove ognuno ci mette del suo e tutti ‘collaborano’, anche a costo di raccontar panzane mentre si spargono le 2 ‘emme’ (morte e m€rd@) che fanno di questa terra una sempre più povera e meschina terra…

    Ai più sfugge che ‘San Scaroni’ fosse impegnato a proteggere il deserto libico già durante l’embargo, i contratti per lo sfruttamento di pozzi petroliferi fino al 2042 e le centinaia di milioni di $ di finanziamenti garantiti dalla Libia, e che con il ‘patto di amicizia’, pedopapi-unto-dal-signore abbia consegnato buona parte degli investimenti italiani alla ‘grande Giamahiria araba libica’… tralasciando la fornitura del 52% del fabbisogno totale di grezzo, che pone la Libia quasi come unico ‘partner’, tra Unicredit, Eni, Asso Generali, Fiat, Telecom, Finmeccanica, Impregilo, Ansaldo, Saipem, Mediobanca, Fininvest, Tamoil, Juventus, Astaldi, Terme di Fiuggi… tanto per citare solo alcuni degli ‘interessi’ o investimenti libici in Italia, in caso di conflitto – a parte i migliaia di desesperados che cercheranno di salvare la propria pelle approdando sulle coste italiane, e per i quali non v’è alcun interesse ‘istituzionale’, più impegnato a questuare aiuti all’Unione Europea che a mettere in pratica quanto già ricevuto – anche la generale situazione economica italiana diverrebbe preoccupante, visto che la Libia ha inondato quelle italiche casse di fondi sovrani, ovvero fondi statali utilizzati dai governi ‘emergenti’ per investire gli avanzi fiscali o le riserve di valuta estera… come a dire debiti di stato o carta straccia…

    Detto questo, a fine 2008, con contratto ratificato nel 2009, la Finmeccanica s’è pure ‘pappata’ l’americanissima DRS Technologies, che appunto sviluppa, produce e supporta ‘equipments’ per gli F16, ed Eurofighter, Rafale, F15, F22 e F35… accordi siglati a ”fin di bene”, per far ‘grande’ l’Italia, importare ed esportare tecnologia e ‘conoscenza’ per garantire occupazione e sviluppo, cosicché tutti restino ipocritamente contenti e soddisfatti…

    A chi poi venderanno quei ‘pezzi di ricambio’ saranno ‘affari’ loro, come lo furono per serbi, somali, sudanesi, magari pure per tunisini e libici… poi chissenefrega se ci scappa qualche morto in più, l’importante è che rimangano rigorosamente fuori dall’uscio di ‘casa’, e dalle proprie coscienze…
    Eppure, sono ancora tanti coloro che preferiscono credere alle fiabe…

    Le ‘news’ di Twitter ora riportano la notizia del coinvolgimento di ”mercenari italiani” negli assalti ordinati da Gheddafi, e pronto si alza il coro di scandalo dal web, il tam-tam mediatico la propone come una bufala, guai se la notizia fosse vera, altrimenti ci andrebbe di mezzo ”il buon nome degli italiani”, le alte sfere negano e si accapigliano più per la nomea che i fatti, i morti, la salvaguardia della popolazione inerme, il rimpatrio dei connazionali… ma che differenza fa? Quale distinguo fra ‘pilotare’ in diretta e ‘fornire’ attrezzature, parti di un velivolo da combattimento, o di un carro armato?

    Era un altro deserto, anche Ilaria Alpi e Miran Hrovatin cercavano analoghe risposte e verità, ma a loro andò molto peggio di qualche insulto sui social-network…
    Alla fine quei morti sono anche ‘axxi’ nostri, rimarranno per sempre l’orrore di una nostra silenziosa complicità.

    Patrizia Della Vedova

    http://twitter.com/search/italian%20mercenaries#search?q=italian%20mercenaries
    http://www.ansamed.it/en/news/ME.XEF07012.html
    http://www.defensenews.com/story.php?i=4321235
    http://rassegnastampa.mef.gov.it/mefeconomica/View.aspx?ID=2011021617914709-1
    http://www.selpressmm.com/comunesesto/esr_visualizza.asp?chkIm=43

    Ps: per ora chiude ‘solo’ la raffineria Tamoil di Cremona, di proprietà Lafico-Governo libico, decisione assunta ‘super partes’ e comunicata ai dipendenti il 10 nov. 2010, quindi in tempi ‘non sospetti’, chiusura senza appello per oltre mille famiglie che entro settembre p.v. si ritroveranno a dover fare i conti senza l’oste…

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  4. avatarAndrez - 26 febbraio 2011

    Benvenuta nel blog Tootsie e grazie per il tuo ottimo commento.

    Purtroppo hai fotografato una realtà tanto vera quanto pesante, con cui è difficile fare i conti.

    Ci fai riflettere e poni mille interrogativi.  😉

    Innanzitutto ciò che appare evidente è l’inadeguatezza e la mostruosità dell’attuale forma di capitalismo globale; ma al momento è con questo  che dobbiamo fare i conti, che alternative percorribili al momento non esistono. Quindi le nostre aziende, se vogliono lavorare e mantenere occupazione, è con questa logica che devono operare.

    Se quelle aziende italiane non avessero investito in Libia, o se altrettante aziende italiane non avessero accettato gli investimenti libici, quanti disoccupati in più avremmo oggi in Italia?

    Certo sarebbe stato molto più bello (e produttivo) se invece di produrre armi avessimo prodotto trattori. Ma il Rais è armi che voleva, e se non ci avesse trovati disponibili le avrebbe comprate e/o prodotte con altri partner.

    Coi dittatori dunque non si tratta? Ma sappiamo che isolandoli innanzitutto si impongono inumane privazioni ai loro popoli, poi si finisce col metterli nelle mani di organizzazioni tip Al Qaida, come in Somalia.

    E allora trattiamo coi dittatori? Ma vediamo che anche questa ipotesi è funzionale al tipo di interessi e traffici che appare possibile creare col dittatore di turno, ed il tutto diviene contestualizzabile.   Abbiamo scoperto proprio ieri da Frattini che la democrazia non si esporta in Libia, ma in Afganistan e Iraq si. Sappiamo che con Cuba del dittatore Castro è doveroso mantenere un rigido embargo, da quasi mezzo secolo, mentre i vari Pinocet e Videla sono stati invece sostenuti e pure addestrati. Altri come Amin o Bokassa  semplicemente ignorati, evidentemente non interessanti.

     Domande al limite della provocazione ovviamente, ma… che fare?

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  5. avatarTootsie - 27 febbraio 2011

    Innanzi tutto ringrazio per l’accoglienza. Non capita spesso di poter dialogare, in modo pacato e discorsivo, di argomenti che nella sostanza non rappresentano il piatto forte dei salottini-bene tanto cari a tv e mass-media ‘di stato’… 😉
    In sostanza, che fare? Ehhh… Bella domanda… Immagino che se avessimo la giusta risposta, avremmo anche già risolto non uno ma mille e più mille problemi. Parafrasando la prof.ssa Roberta de Monticelli, che recentemente ho avuto il piacere di ascoltare, forse chiederei aiuto a Socrate, un suo sacrilego ‘uso’ a mo’ di odierno ‘navigatore satellitare’, affinchè indicasse la Via, magari ricordandoci i principi alla base della conoscenza, il dialogo, la disponibilità all’interscambio e l’analisi, il suo antico concetto del ‘sapere di non sapere’ come fulcro d’interesse, l’ignoranza come motore dell’umana conoscenza, la consapevolezza che ne deriva e determina altresì le nostre scelte, i modi e termini appunto del “che fare”…
    E’ indubbio che non possiamo chiuderci a riccio,  e nemmeno sostenere l’economia di un’intera nazione producendo solo trattori, piuttosto fare i conti con logiche e interessi finanziari spesso irrazionali, basati su ‘rendimenti’ personalistici, che eticamente non ci appartengono, ma che esistono e in quanto tali vanno valutati… Ma quand’anche così fosse, forse… la butto lì… basterebbe essere più consapevoli, informati, partecipi, anzichè accettare pedissequamente ciò che viene proposto dai tanti “ethos”, inteso come ‘mondi’, insiemi di genti e idee, che seppur lontani, come distanze e ‘modus vivendi’, sono ormai tutti a nostro fianco perchè a portata di un semplice ‘click’, con la tastiera di un pc o del cellulare…
    E una volta acquisita quella conoscenza, che farne? Chi più, chi meno, immagino che tutti abbiamo capacità di discernimento, ma mentre siamo in grado di approvare o disapproviamo un brano musicale o un piatto di portata, solo per il semplice gusto personale quindi al di la’ dell’intrinseca conoscenza, vi sono tematiche, principi etici e morali che interessano e inglobano tutti e tutto, e che per il principio “non fare ad altri ciò che non vorresti venisse fatto a te”, dovrebbero essere patrimonio mondiale.
    Quando ad esempio parlai di “fondi sovrani”, come l’elemento portante delle finanze libiche, importate e poi ‘spalmate’ nelle italiche casse, come ebbe a scrivermi il prof. Marcello Messori (Facoltà di Economia presso l’Università “Tor Vergata” di Roma), interpellato in merito ad una sua frase riportata da non ricordo più quale testata giornalistica, spiegò che “bisognerebbe distinguere fra fondi sovrani e fondi sovrani”, come a dire che la loro conoscenza, e la consapevolezza delle differenze, presupporrebbero anche la capacità di porre un freno alla ‘non trasparenza’… E se alla fine ci tocca fare i conti, non solo con una economia disastrosa, drammatici problemi di crescita, di sviluppo e occupazionali, può starci anche la necessità o possibilità di instaurare rapporti financo con dittatori, pazzi criminali da ‘disturbare’ o dai quali prendere le distanze solo quando ‘di comodo’, e l’obbligatorietà di determinati comportamenti e atteggiamenti, etici e morali, volti alla salvaguardia anche dei ‘propri interessi’, alla lunga potrebbero – il condizionale è d’obbligo – produrre altrettanti effetti in chi è fonte primaria di eventuali e possibili perdite, di qualunque genere esse siano…
    Per la serie ‘non so se mi sono capita’, riuscendo a determinare un atteggiamento costruttivo, sarebbe possibile rendere tale anche chi distrugge… lasciando perdere false illusioni utopistiche, ma diversamente? Sarebbe possibile ottenere analogo risultato?

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  6. avatarAndrez - 28 febbraio 2011

    …basterebbe essere più consapevoli, informati, partecipi, anzichè accettare pedissequamente ciò che viene proposto dai tanti “ethos”, inteso come ‘mondi’, …

    E una volta acquisita quella conoscenza, che farne?

    Questo credo sia uno degli obiettivi principali di questo blog;  cercare con la discussione ed il confronto, di differenti idee e punti di vista, di comprendere al meglio i fatti e la realtà che ci circonda.

    Tentando di abbozzare una sintesi del come rapportarsi ai dittatori, potremmo innanzitutto scindere la discrezione e la correttezza formale che hanno contraddistinto i rapporti del nostro Paese con la Libia, portati avanti da Prodi, (anche se ovviamente discutibili) con quelli sfacciatamente e platealmente affaristico-aziendali di Berlusconi.

    * Pur di far fare affari alle sue aziende, (e dei suoi sodali) non ha esitato a svendere la dignità del nostro Paese e a firmare Trattati sconsiderati quanto pericolosi.

    * Pur di far procedere detti affari, era pronto a mantenere attivo quel Trattato e l’appoggio al dittatore libico nonostante la carneficina da lui messa in atto contro il suo popolo. E solo l’imput netto dell’Europa e degli Usa ha fatto cambiare idea al nostro premier.

    Credo che partendo da questi due aspetti si possa meglio mettere a fuoco l’eventuale rapporto del nostro Paese con i regimi autoritari.

     

     

     

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