Le radici degli ulivi

ulivoL’ulivo è una pianta coltivata dai popoli del Mediterraneo sin dai tempi più antichi, tanto da rappresentare l’emblema della civiltà e della cultura mediterranea.
Una pianta, quella dell’ulivo, che ha assunto presso questi popoli, un alto valore spirituale e simbolico: simbolo di pace e armonia, di longevità e saggezza, di prosperità e gloria, ma soprattutto, rappresenta il legame tra la terra e l’uomo, e l’appartenenza di quest’ultimo alla madre terra.
I paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono terre di ulivi, come la Puglia, dove le fronde verdi-argentate dei rami, contrastano con il rosso della terra salentina riarsa dal sole, dove i tronchi dalla forma ritorta e contorta, scolpiti dal vento, dalle intemperie, e dal lento passare del tempo, custodiscono silenziosamente i segreti di quella primordiale e antica terra.

Tante volte mi sono fermato ad osservare, quelle sculture viventi, contemplare la loro magnificenza, sentire la loro anima, udire le loro voci tra i fischi e le urla del vento, vedere le loro ombre assumere forme umane o di animali, e rincorrersi tra loro. Ho intravisto nelle loro radici le mie, e quelle dell’uomo stesso , ho visto quelle stesse radici scavare nelle più grandi profondità della terra e dell’anima, allungarsi e formare una rete fittissima e intricatissima, capace di reggere tutto il peso della terra per non farla sprofondare nei meandri più oscuri. Ho visto quelle stesse radici, lanciarsi nei colori azzurro e smeraldo dei mari Adriatico e Ionio, per porgerle a quei fratelli che vengono dalle terre che si trovano dall’altra sponda del mare, e ho visto quei fratelli disperatamente aggrapparsi alla speranza di quelle radici comuni, per salvarsi dal fuoco della guerra, dalla fame e dalla sete, dalla miseria.

Ho potuto vedere quelle radici arrivare nelle terre dove una folla festante salutava un uomo di nome Gesù, proprio con dei ramoscelli di ulivo in mano, e solo dopo pochi giorni, quella stessa folla ne festeggiava il supplizio, e dove oggi, in quella terra martoriata il destino degli uomini è legato, come da sempre, a quello degli ulivi, con i coloni israeliani che abbattono e incendiano migliaia di ulivi, per fare posto ai loro insediamenti.
Non diversamente, da quello che è accaduto e sta accadendo in Puglia e nel Salento, dove abbiamo visto scomparire dalle campagne, interi boschi di ulivi, insieme a vigneti e a frutteti, per fare posto ad insediamenti immobiliari, commerciali e industriali, o per fare posto a culture annuali o temporanee imposte dalle leggi del mercato, magari, sovvenzionati e incoraggiati dalla comunità europea.

Non bisogna dimenticare, anche, l’oltraggio che gli ulivi hanno dovuto subire, quando i nostri secolari patriarchi, venivano espiantati dal loro habitat naturale, per essere deportati nelle fredde terre del Nord, ed essere adibiti ad ornamento dei giardini di ricchi capricciosi e vanitosi pagliacci.
Quello che succede all’uomo, succede anche all’ulivo, perché si nutrono della stessa terra, bevono la stessa acqua e respirano la stessa aria. In Puglia, ed in particolare nel Salento uomini e ulivi, si ammalano e muoiono insieme della stessa malattia, che può assumere diverse forme e diversi nomi, ma che trovano la loro causa, sempre nell’opera dell’uomo, e del suo cretinismo economico.

Oggi, sembrerebbe, che un batterio la Xylella fastidiosa sia la causa della malattia che colpisce da due anni a questa parte gli ulivi del Salento provocando il disseccamento di numerose alberi.
Parallelamente, agli ulivi, migliaia di persone, si ammalano e muoiono di tumore, e non sembrano non esserci dubbi, a riguardo, su che cosa abbia fatto aumentare in maniera esponenziale l’insorgenza della malattia. La presenza nel territorio pugliese della centrale a carbone di Cerano (BR), e l‘Ilva di Taranto rappresentano i due focolai più grossi della malattia, così come l’uso e l’abuso di pesticidi , anticrittogamici, e concimi chimici in agricoltura.

Ritornando agli ulivi, secondo molti ricercatori sembrerebbe che la Xylella, sia endofita, viva cioè negli ulivi innocuamente e muti il suo stato di equilibrio quando la pianta è esposta a forti stress chimici, idrici o fisici. Studi realizzati dall’Università di Foggia hanno, inoltre, messo in luce, esaminando alcuni esemplari di piante ammalate, che sugli ulivi, erano presenti sei tipi di funghi, tra i quali i funghi tracheomicotici, cioè funghi che bloccano il passaggio dei nutrienti ai rami degli alberi. Tali funghi, conferma la relazione dell’audit condotta dalla Commissione Europea nel febbraio 2014, possono causare da soli il disseccamento delle piante. Quindi, se non vi sono ancora certezze, che la Xylella , sia responsabile del disseccamento , non sembrano essercene, invece, rispetto ai funghi.

Sembrerebbe, inoltre, che la terapia di cura dei funghi messa in atto dagli agricoltori (secondo le indicazioni di Ivano Gioffreda – attivista agro-ambientale portavoce del comitato “Spazi Popolari – I Colori della Terra“ di Sannicola –) abbia avuto esiti positivi e che le piante trattate hanno ripreso la vegetazione non presentando alcun segno di malattia. Si parla di più di 500 ulivi. Altri agricoltori, da diverse regioni d’Italia, hanno iniziato a seguire l’esempio del Salento, riscuotendo grande successo.

A questo punto appare ingiustificata e criminale la scelta della UE e della Regione Puglia che ha decretato l’abbattimento di migliaia di piante, e che ha visto la mobilitazione di singoli agricoltori e cittadini, associazioni ambientaliste come Peacelink , storica associazione eco-pacifista, e una vasta rete delle associazioni salentine attive da tempo, anche su altre tematiche ambientali, come l’inquinamento dell’Ilva di Taranto o della centrale a carbone di Cerano (BR), o contro il decreto di sversamento delle acque fognarie (di alcuni comuni del brindisino), nell’oasi protetta di Torre Guaceto.

L’abbattimento degli ulivi, avrebbe degli effetti devastanti sul piano economico, sul piano paesaggistico e delle biodiversità , ma soprattutto sarebbe devastante dal punto di vista identitario, poichè si andrebbero a colpire quelle radici, che legano l’uomo, in quei posti, alla sua terra.

Quel che accade nel Salento con gli ulivi, è sintomatico di quel che accade anche nel resto del pianeta, per opera dell’homo oeconomicus: riscaldamento globale, mutazioni climatiche, desertificazione del territorio, avvelenamento delle acque dei fiumi e dei mari, polveri sottili e area irrespirabile. Bisogna capire, una volta per tutte, che la questione ambientale, non è una questione tra le tante, ma è la chiave per uscire dall’oppressione e dalla dittatura del capitalismo, e riportare l’homo oeconomicus alla sua umana dimensione. Bisogna, cioè, che ci sia un inversione di tendenza, generando e diffondendo consapevolezza attraverso un impegno militante, volto alla salvaguardia del pianeta.

Per fare ciò, occorre che le grandi multinazionali come la Monsanto, potenza mondiale nel settore delle biotecnologie agroalimentari, non abbiano più quel potere enorme che hanno acquisito, imponendo al mondo ciò che si coltiva, e di conseguenza ciò che si mangia, erodendo la sovranità alimentare dei popoli del globo terrestre.
Bisognerebbe chiedersi, infatti, chi sarebbe a trarre quegli enormi vantaggi economici, che deriverebbero dall’abbattimento degli ulivi, chi fornirebbe le nuove specie “resistenti”, e guardare a quello che accade in altre aree geopolitiche, dove dalle Indie alle Americhe, contadini praticano forme di resistenza, volte a mantenere varietà di semi e di piante, che hanno coltivato per secoli.

La via da seguire è salvare gli ulivi, i nostri patriarchi, attingendo un po’ della loro saggezza, che abbiamo via via perduto rincorrendo il denaro e praticando il culto di inutili e futili oggetti.
Concludo con delle sagge parole di un patriarca indiano, Cavallo Zoppo, e con la speranza di poter contemplare, ancora, la magnificenza degli ulivi, ripararmi al fresco della loro ombra nelle calde estati salentine, come da secoli hanno fatto i miei avi, continuare ad assaporare quell’inconfondibile olio, giallo oro, con tutti i i profumi e i sapori dell’antica terra salentina.

Ciò che accade alla terra accade anche ai figli della terra.
Se l’uomo sputa sul suolo, sputa su se stesso.
Questo sappiamo…
Non è la terra che appartiene all’uomo, ma l’uomo alla terra.
Tutte le cose sono unite tra loro come il sangue che lega una famiglia.
Ciò che accade alla terra accade anche ai figli della terra.
Non è l’uomo che ha tessuto la ragnatela della vita; lui ne è solo un figlio.
Ciò che fa alla ragnatela lo fa a se stesso “.   (Cavallo zoppo) .

MITAKUYE OYASIN..!!! (Tutto è in relazione..!!!)


Commenti
Sono stati scritti 4 commenti sin'ora »
  1. avatarAndrea Cotti - 25 marzo 2015

    Bellissimo articolo caro Carmelo – complimenti davvero – che con gli ulivi del Salento ci unisce (noi emiliani con i nostri mais, grano e frutteti) nella battaglia contro le biotecnologie delle tante Monsanto che stanno sempre più imponendo al mondo cosa coltivare e cosa mangiare, monopolizzando in esclusiva la fornitura delle sementi.

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  2. avatarAndrea Cotti - 30 marzo 2015

    Sabina Guzzanti e le BUGIE FASTIDIOSE SULLA XYLELLA FASTIDIOSA

    https://www.facebook.com/video.php?v=10152630143761707

    Marilù Mastrogiovanni la giornalista che ha scoperto lo scandalo, ci ha informati e allertati.

    Marilù ha preparato un documentario che non riesce a pubblicare in tv. Sta cercando in rete il denaro per finirlo. Contribuiamo! E’ la persona più informata sulla faccenda, se ne occupa da un anno.

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  3. avatarAndrea Cotti - 3 aprile 2015

    Com’è arrivata in Italia Xylella fastidiosa (Xf), il batterio sospettato di far seccare gli ulivi del Salento? Mentre le indagini della Procura di Lecce proseguono sulla doppia pista delle importazioni di piante infette e di una sperimentazione finita male, vengono a galla i primi documenti esclusivi sul convegno organizzato nell’ottobre 2010 dall’Istituto agronomico di Bari, finito al centro dell’attenzione dopo le dichiarazioni della pm Valeria Mignone sull’immunità di cui la struttura gode. È stato quel workshop l’occasione in cui, si sa per certo, vennero introdotti per la prima volta, a fini di studio, materiali infettati dal patogeno, tre anni prima dell’accertamento sul territorio del Gallipolino della sua presenza. C’entra qualcosa con la diffusione della malattia?
    Da tali identificativi – spiegano dallo Iam – chiunque potrà verificare, dalle pubblicazioni scientifiche esistenti e dai database delle Banche di collezione dei microrganismi (Genebanks), che le sub specie importate non appartengono alla sub specie Pauca”. Mistero risolto? Non per la Procura, per cui la prima lacuna resta la non tracciabilità del percorso da Berkley all’Olanda. Poi, si ritiene non sufficiente l’indicazione della pubblicazione scientifica per identificare i patogeni arrivati a Bari, perché i batteri dovrebbero viaggiare scortati da un cartellino contenente per ognuno la sequenza genomica indicata con numeri e lettere. Una sorta di carta d’identità, insomma, che avrebbe dovuto accompagnare ogni materiale introdotto, comprese le venti piastrine. Che, per una piccola percentuale, non sarebbero così – secondo gli investigatori – univocamente determinabili. C’entra, ancora una volta, tutto questo con la propagazione del contagio nel Salento? Sarà complicato accertarlo, perché si dovrebbe dimostrare anche il passaggio successivo: inoculazione di quella particolare sottospecie di Xylella fastidiosa nelle piante dell’arco jonico o la diffusione nell’area di insetti vettori già contaminati e attraverso i quali è iniziata la mattanza di ulivi.

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/02/strage-ulivi-in-puglia-i-documenti-iam-i-dubbi-procura-lecce/1560449/

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  4. avatarCarmelo Passante - 3 aprile 2015

    ” Molti uliveti sono abbandonati, e la causa principale del loro abbandono è che i coltivatori sono alla fame. A parte l’ultimo anno di magrissima produzione, un litro di olio extra-vergine di ulivo è stato pagato all’ingrosso appena due euro, come vent’anni fa, mentre i costi si sono decuplicati. La concorrenza spietata voluta dallo Stato permette l’ingresso di olio di pessima qualità, proveniente dai paesi stranieri, pagato poche decine di centesimi al litro, e imbarcato, anche congelato, per essere imbottigliato in Toscana come olio extra-vergine. La Toscana produce neanche il 3% dell’olio italiano, ma ne imbottiglia il 45%. L’olio è una faccenda meridionale, Puglia e Calabria ne producono da sole il 75%, l’altro 20% le rimanenti regioni meridionali, il centro-nord solo il restante 5%, mentre lo stato italiano dà mano libera alle importazioni di prodotti agricoli in cambio di armi delle fabbriche belliche del bresciano. Prima il nord. il Sud e i paesi poveri possono morire, di fame o di guerra.
    L’abbandono della cura degli alberi, insieme all’uso aggressivo dei pesticidi, lascia mano libera al disseccamento degli alberi, queste e non la Xylella sono le cause della morte degli ulivi. Una morte che tuttavia è passibile di rinascita e non richiede alcun eradicamento, come hanno dimostrato fior di medici e di esperti, e come hanno urlato ieri, a Lecce migliaia di “guardiani degli ulivi”.(Raffaele Vescera)

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