La lezione di Strauss Kahn

Strauss KahnL’aspetto più interessante della questione legata all’imputazione per stupro dell’ex direttore del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss Kahns, oggi comunemente indicato come DSK, è il differente metro utilizzato dalla stampa americana e quella europea nel trattare la vicenda.

Gli americani non hanno esitato, come spesso fanno in nome di una supposta libertà di stampa, a sbattere in prima pagina un uomo così potente da poter gestire le crisi monetarie e i fallimenti di intere nazioni, mostrandolo con le manette ai polsi e portato senza alcun riguardo in galera. Una sorta di gogna mediatica senza alcun rispetto della privacy, applicata, quindi, ben prima che vi sia un qualsiasi pronunciamento di un magistrato.

Ben diversa l’impostazione della stampa europea, in particolare quella francese, la quale si sarebbe mossa come consuetudine secondo quello che il New York Times definisce “il codice del silenzio”, in base al quale nel momento in cui un personaggio francese potente, come lo è DSK, viene implicato in uno scandalo, la stampa fa di tutto per proteggerne la privacy cercando il più possibile di evitare di fornire dettagli che in qualche modo potrebbero distruggerne la reputazione.

Secondo alcuni commentatori francesi, che ribadiscono il principio della tutela della vita privata, questo differente modo di approcciarsi alle notizie scandalistiche che toccano i potenti, renderebbe superiori gli europei, principalmente i francesi si intende, agli inglesi e agli americani. Ma qualcuno, dopo il trattamento decisamente molto più “democratico” tenuto da parte della stampa americana, si è spinto fino a sostenere che i giornalisti francesi forse non hanno fatto il loro lavoro correttamente. Qualcuno ha detto: “noi siamo stati complici nel mantenere tanti segreti e adesso dobbiamo ridefinire il nostro ruolo in modo più aggressivo e dire che non tutto il privato è privato”.

Si tratta di una presa di coscienza piuttosto interessante nell’ambito della stampa francese, un barlume di ripensamento sul particolare riserbo che tributa ai potenti, come del resto accade spessissimo anche in Italia. Il potente è potente, per cui ha diritto ad un trattamento di riguardo, a differenza del quisque de populo che può essere sbattuto in prima pagina impunemente. Qualcuno ribadirà che in realtà una tutela per il cittadino qualunque c’è sempre, ma bisogna intendersi che qui ci riferiamo ovviamente a personaggi pubblici, non a semplici privati per i quali sostanzialmente manca del tutto l’interesse pubblico a ciò che fa della sua vita.

Secondo alcuni il riguardo particolare della stampa francese in realtà non sarebbe altro che la classica foglia di fico per proteggere un lavoro lobbistico, perché quando lo scandalo minaccia di distruggere la reputazione di un personaggio potente, i politici fanno quadrato e si dicono scioccati, gli amici increduli, i giornalisti dibattono se sia il caso di investigare, e poi finiscono sempre per non rivelare ciò che potrebbe danneggiare la reputazione del malcapitato. Il metodo risulterebbe quindi funzionale a consentire il depositarsi del polverone, in modo simile al detto siciliano “calati juncu ca passa la china” (calati giunco che passa la piena), così permettendo, trascorso un certo periodo di tempo, al potente di tornare alla sua vita di potere di sempre, e di conseguenza ai suoi vizi. Qualsiasi scandalo, quindi, in un certo qual modo viene progressivamente riassorbito, e tutto ritorna come prima.
È davvero questo modo per proteggere la vita privata quindi la privacy del cittadino? O forse è semplicemente un modo che gli uomini potenti hanno, controllando ovviamente i mass media, di tutelare gli amici e in ultima analisi anche se stessi?

In Italia sembra che negli ultimi anni si sia voluto applicare lo stesso criterio, proteggendo in tutti i modi possibili i potenti che si vedono coinvolti in scandali, di tipo giudiziario, politico o semplicemente sessuale. Forse l’Italia è solo l’eccesso di un modo di intendere la tutela della riservatezza dei potenti?

L’ultima pagina, in ordine temporale, della vicenda di Dominique Strauss Kahn, si è scritta proprio negli ultimi giorni quando l’ex direttore del Fondo Monetario Internazionale, accusato di violenze sessuali su una cameriera d’albergo, è stato inviato agli arresti domiciliari. Sfuggendo all’esercito dei reporter, è arrivato in un residence a sud di Manhattan, ma in un appartamento ben diverso da quello dove era originariamente destinato. Questo perché nel residence di lusso dove avrebbe dovuto andare inizialmente, dove risiedono altri potenti come lui, i condomini gli hanno sbattuto la porta in faccia. Neppure i 14.000 dollari al mese che era pronto a sborsare sono bastati ai condomini per accettare un potente toccato dallo scandalo. Addirittura per questo motivo si è dovuti ritornare dinanzi al giudice che aveva concesso gli arresti domiciliari perché accettasse la nuova e diversa sistemazione dell’indagato Strauss Kahn, che ha dovuto attendere in un limbo per parecchie ore.

E se il sistema giudiziario americano a noi europei è spesso apparso troppo sbilanciato verso l’imputato, c’appare del tutto paradossale che la prima vera “sentenza” emessa in questo scandalo sia quella dei condomini di un residence di lusso.
Una cosa del genere nell’Europa dalle tradizioni antichissime difficilmente sarebbe accaduta, anzi, come già detto, la stessa casta si sarebbe stretta attorno lui per proteggerlo e per manifestarne l’innocenza. Appare evidente, quindi, una forte differenza tra il modo di intendere il rapporto tra la stampa e i potenti, ma anche dell’opinione pubblica verso il potente colto in uno scandalo.
È l’indice di una superiorità degli europei nei confronti degli americani, oppure soltanto il sintomo di un ossequio eccessivo e deleterio per il potente di turno?

In Italia, ricordiamolo, in nome della difesa della privacy, spesso intendendosi quella dei potenti, si sono firmate fior di proposte di legge per poter impedire ai giornalisti di riferire degli scandali giudiziari, delle voci o anche dei fatti riguardanti uomini potenti, che in qualche modo possono danneggiarne la reputazione. E questo mentre il nostro paese è costantemente invaso da telecamere di video sorveglianza, ormai autorizzate dappertutto in nome di una supposta sicurezza che è sempre più assente, e il governo si premura continuamente di limare la privacy dei cittadini capovolgendo le ottime norme che noi avevamo in materia di marketing telefonico e postale.


Commenti
Sono stati scritti 6 commenti sin'ora »
  1. avatarcarmengueye - 21 maggio 2011

    Ci sta tutto, ma io ho una visione dei miei amatissimi States che nessuno ormai mi leva più dalla testa. Si sa che è vecchia abitudine di costoro additare nello “straniero”, meglio se europeo, ottimo se francese, la fonte di ogni depravazione di costumi. Nei film di un tempo il delinquente ( o , in subordine, il poco serio)portava scarpe italiane, beveva champagne e aveva il BMW o il Mercedes. Sono rimasta allibita guardando una puntata di L world ( l”unica, anche a causa di ciò che sto per dire) in cui il zozzone francese proponeva alla seria coppia lesbica giochini a tre, (ovvio, rifiutati sdegnosamente).

    Sotto Reagan questa campagna si intensificò, con qualche finezza che riguardava anche i loro citizens. Chi non ricorda lo struggente “ghost”? Buonino buonino c’è solo il povero protagonista /fantasma ( e la sua lady naturalmente); la black Whoopy, simpatica ma ladra; Willi Lopez, un delinquente ( portoricano, no?); e anche l’amico traditore…uhmmm…non era whasp.
    Questi messaggi subliminali arrivano, si ficcano nelle teste e non se ne vanno più. Strauss Khan è colpevole, innocente? Di certo è un marito traditore, e con ciò si ribadisce da che parte stanno i puri e da quale i corrotti. Come dite? Vi ricordate di un giovane Kennedy che stuprò e venne assolto? Di un giovane Brando che uccise e rimase libero come un fringuello? Dettagli…. 

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  2. avatarCotti Fausto - 21 maggio 2011

    La differenza fra Italia e francia è che da noi il giunco non ha bisogno di piegarsi  perchè del polverone alzato non frega nessuno.
     

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  3. avatarAndrez - 22 maggio 2011

    Mi sembra che siano stati esposti molto bene gli aspetti di questa vicenda.

    Certo colpisce la violenza di come quest’uomo è stato sputtanato in mondovisione, e quando era chiaro a tutti che le probabilità che fosse caduto in una trappola erano alte. Stupiscono le immagini e la diretta televisiva, dove sin’ora ci era stata concessa solo la visione di disegnini vari.

    Tuttavia in Italia conosciamo molto bene la lezione, e sappiamo come i potenti siano intoccabili, al contrario dei poveretti. Conosciamo il concetto dei  due pesi e delle due misure  (e persino della contestualizzazione), applicati sistematicamente a tutto; ieri Libero è arrivato ad attaccare Pisapia accusandolo di avere paura del confronto perchè l’ha rifiutato con la Moratti, (dopo essere stato insultato come sappiamo), quando il diversamente alto sono anni che sfugge a qualsiasi tipo di confronto.

    Una giusta misura potrebbe essere nel mezzo, dove il potente non ha diritto ad un trattamento di riguardo, proprio come il quisque de populo,  ed entrambi non possono essere sbattuti in prima pagina impunemente, ma perseguiti legalmente con discrezione.

    In mancanza di quest’ultima preferisco quella americana, che se può danneggiare il singolo (potente) salva però la comunità. Qui per salvare il singolo potente l’abbiamo sputtanata del tutto la collettività.

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  4. avatarLucia Del Grosso - 22 maggio 2011

    A me non piacciono le gogne, sono barbare. Non mi piacciono nè per il potente, nè per il sempice cittadino. E non mi piacciono le manette, sono solo un simbolo, non una misura di sicurezza: neanche Hannibal the Cannibal riuscirebbe a nuocere circondato da una decina di agenti. Ma agli Americani piacciono tanto, fanno Far West. Io credo che al reo tocchi quello che gli riserva il codice penale, il pubblico ludibrio non è previsto.

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  5. avatarBsaett - 23 maggio 2011

    Il problema è che la gogna si attua spesso nei confronti del non potente, del cittadino semplice. Viene preso alle 4 di notte, strappato alla famiglia con i bambini che chiedono “papà che succede? chi sono?”, e viene strattonato, se prova a ribellarsi viene buttato a terra e trascinato, se no lo accompagnano semplicemente all’auto della polizia con i lampeggianti accessi. La differenza rispetto al potente è che per il cittadino semplice non c’è la stampa, perchè non interessa a nessuno, però ci sono i parenti, i vicini, tutti quelli che lo conoscono da anni, e quel trattamento non lo dimenticheranno più.
    Per i potenti si dovrebbe avere un riguardo che non si ha per i cittadini semplici?

    Gli americani credono che in questo modo garantiscono trasparenza e poi l’uguaglianza, così anche una povera cameriera immigrata può ottenere che uno degli uomini più potenti del mondo viene arrestato sulla base della sua denuncia. In Francia non sarebbe successo, e nemmeno in Italia. In Italia probabilmente avrebbero zittito la cameriera.
     

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  6. avatarZeitgeist - 23 maggio 2011

    Mha, io andrei oltre al fatto del quale, sinceramente, non me ne può fregar di meno, è un episodio come tanti altri di malaprostituzione usata dai potenti in modo squallido e cretino; Vedi alla pagina 37 del libro “Storie dell’utilizzatore finale”.
    La cosa che mi amareggia fortemente di più, invece, è che si parla tanto di “Legge e giustizia uguale per tutti” poi chi ha i soldi con un milione di dollari esce di prigione e chi non li ha rimane dentro a marcire.
    Equità e legge uguale per tutti sarebbe invece poter pagare per uscire dal carcere in base al reddito dell’individuo.
    Es. Uno che guadagna  dieci milioni di dollari all’anno, per uscire di prigione paga un milione.
    Uno che guadagna ventimila dollari all’anno ne paga duemila.
    Allora sì che giustizia è fatta indipendentemente se poi risulti innocente o colpevole.
    Ma così non va micca bene, poi chi ci va più in carcere? I poveretti devono pur andarci, o no! Altrimenti che esempio diamo … 😈

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