Il manifesto di Persiceto Caffè; una premessa

Stavo iniziando a scrivere il mio contributo a “Il Manifesto di Persiceto caffè” quando per mail dalla Fondazione Gramsci di Bologna mi è arrivato questo documento trovato recentemente nel loro archivio.
Mi sono fermato, terribile!

E’ vero sono fatti noti, ma ogni volta che per qualche motivo incontro queste testimonianze mi coglie un insieme di sentimenti.
Immeritata fortuna per essere nato in una generazione che non ha conosciuto simili tragedie.
Rispetto profondo per i nostri padri e un debito di gratitutudine che mai potremo colmare per averci regalato la democrazia, la pace .
Vergogna per il continuo lamentarci dei giorni che abbiamo vissuto e di quelli che viviamo.
Impegno non sufficientemente realizzato a non disperdere la grande eredità umana, morale, che ci hanno lasciato.

Scriverò i miei desiderata come tanti nelle comoda bambagia di un mondo tanto diverso da chi ha vissuto quelle esperienze.
Ma non è finita, chissà, nell’indifferenza, quanti episodi del genere in questo momento stanno accadendo in luoghi di guerra vicino a noi.
Lamentiamoci, dibattiamo, programmiamo quello che ora noi definiamo benessere, ma non dimentichiamo, per rimanere più vicini alla realtà e per rispetto ai nostri padri.

Questa è forse la maniera per rendergli memoria e onore ancor più di retorici discorsi accompagnati da una  fanfara davanti ad un cippo.
Ma poi scriverò anch’io la mia letterina che spero la lampada di Aladino della cabina elettorale  non dissolva.


Commenti
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  1. avatarFausto Cotti - 26 gennaio 2013

    Bravo Paolo, ricordare questi episodi non è mai abbastanza. Quando qualcuno dice che a votare non ci va perchè è schifato, è comprensibile. Ma lo dobbiamo fare anche solo per loro, per quelli che si sono fatti ammazzare, torturare, che prima di morire gli hanno ammazzato davanti agli occhi tutta la famiglia compresi i neonati, che hanno combattuto soffrendo freddo e fame per darci  la libertà e il diritto al voto.
    A tutti coloro che negano la storia o cercano di falsarla, gli auguro di passare almeno un giorno di quei giorni. Un giorno di miseria, di campo di concentramento, di montagna braccato dai tedeschi senza armi nè cibo nè vestiti. Un giorno da mondina nella risaia a schiena rotta minacciata dal fattore, un giorno da staffetta partigiana pedalando per 24 ore dalla pianura alla montagna con la consapevolezza che se ti prendono sarai violentata per ore prima della morte. 

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