Fotovoltaico a Persiceto

Il nostro Comune sta diventando sempre più sensibile agli aspetti ecologici ed alla produzione di energia elettrica con il solare.

Appare difatti  in forte aumento l’installazione di pannelli fotoelettrici sui nostri tetti e con essi oltre al risparmio energetico, anche l’abbattimento della produzione di CO2.

Nell’immagine vediamo l’impianto installato sui capannoni della Comet, in zona ospedale, che offre una Potenza nominale installata di 366 kW,  una produzione annua di 501 MWh ed evita Emissioni di CO2 per 265,5  tonnellate all’anno.

I costi e la resa di questi impianti appaiono comunque ancora alti per divenire alla portata di tutti, considerando che per una famiglia media  un impianto capace di generare 3 Kw, pari a circa 12 m2, costa circa 6.ooo Euro.

Ma grazie al recente referendum sull’abolizione del nucleare e al conseguente sviluppo della ricerca e della produzione nel settore solare, la tecnologia ci viene in aiuto, offrendo sempre più impianti capaci di rendere molto di più e a costi più ridotti.

Vi sono difatti aziende come Sorgenia che offrono già costi ridotti del 50% con nuove strategie sul fotovoltaico  che prevedono tra l’altro l’installazione di pannelli fotovoltaici gratuitamente sul tetto del cliente in comodato d’uso di 20 anni. Questo tipo di progetto sarà però adottato solo nei comuni che sigleranno una convezione con Sorgenia e speriamo che anche il nostro si muova in questa direzione.

Ciò che invece dobbiamo registrare al momento sono le forti difficoltà non solo a comprendere come poter ottenere le carenti agevolazioni esistenti, ma anche solo a comprenderle, in quanto appaiono astruse e difficilmente applicabili.Così poi non si trova di meglio che rivolgersi alle piccole aziendine locali che e pagare il tutto a nostre spese e a prezzo pieno.

E’ forte dunque l’esigenza di incentivi chiari ed accessibili per la produzione di energia solare che, tra l’altro non crea problemi e puzze come le altamente incentivate (e stranamente coccolate) centrali a biomassa.  😀


Commenti
Sono stati scritti 3 commenti sin'ora »
  1. avatarGabriele Tesini - 25 ottobre 2011

    Infatti, caro Andrea, grazie anche alla vittoria del referendum contro il nucleare, finalmente le aziende e anche i privati stanno installando impianti fotovoltaici, per la produzione di acqua calda e di gas attraverso le Biomasse.

    Ora, andiamo per gradi.

    Concesso che gli impianti Fotovoltaici siano una grande cosa per il risparmio energetico e sarebbero da incentivare, bisognerebbe anche, a mio avviso, emanare delle normative che impediscano, detti impianti, di deturpare le nostre splendide campagne e quindi obbligare a mettere i pannelli solo sui tetti delle case o dei capannoni.

    Per quanto riguarda poi le Biomasse, che anche esse deturpano il paesaggio delle campagne e in più pare che diano un certo fastidio per il rumore e il cattivo odore che emanano, sopratutto per quelle che sono state costruite troppo vicino alle case e ai quartieri abitati.

    Pare che la Regione sia arrivata in ritardo con il protocollo d’intesa sulla regolamentazione delle Biomasse e credo che alcuni errori di collocazione siano stati fatti in passato che non si devono ripetere più perchè, a mio avviso, non si può perseguire un progetto sicuramente condivisibile come la produzione delle energie alternative, ma che ricade poi sulla vivibilità e la qualità della vita dei cittadini. 

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  2. avatarAndrea Cotti - 25 ottobre 2011

    Nell’ambito delle fonti energetiche rinnovabili derivate da biomasse, Mandini Sandro dell’Idv esprime considerazioni molto interessanti; considera tra l’altro necessario precisare che non vi sono solo aspetti positivi, essenzialmente per due motivi:

    a) il primo, di carattere strettamente ambientale, se non viene garantita la filiera corta, ossia il recupero entro 70 km dalla centrale del materiale per far funzionare la centrale, i già risicati argini del bilancio energetico vengono azzerati con i trasporti;

    b) il secondo, non meno importante, è di carattere etico: questi processi intensificano la rapina delle risorse agricole del sud del mondo e sottraggono alle produzioni alimentari enormi quantità di terreno in aree dove fame e sottonutrizione sono ancora presenti.

    Inoltre, considerando che:

    –  la Regione Emilia-Romagna ha approvato con deliberazione n. 344 del 14 marzo 2011 la cartografia contenente le aree di superamento rispettivamente per il PM10 ed il biossido di azoto.

    –  La Regione Emilia-Romagna ha già approvato con deliberazione di Giunta n. 335 del 14 marzo 2011 anche i criteri per il rilascio dell’autorizzazione e i valori limite di emissione relativamente ai motori fissi a combustione interna alimentati a biomasse liquide e biodiesel con potenzialità termica nominale complessiva fino a 10 MWt.

    –  La Regione sta valutando come dare attuazione alla Direttiva Comunitaria 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), che, tra l’altro, regolamenta l’utilizzo della biomassa negli impianti IPPC e che definisce valori limite di emissione per gli impianti di combustione aventi una potenza termica nominale totale pari o superiore a 50 MW.

    L’IDV dell’Emilia Romagna chiede che:

    – l’utilizzo di biomasse per la produzione di energia sia limitato nelle suddette aree ad alto tasso di inquinamento atmosferico così da ridurre al massimo l’impatto ambientale ed eventuali danni di salute alla popolazione.

    –  Siano individuati precisamente le tipologie di combustibili di cui e’ consentito l’uso, anche in considerazione della localizzazione degli impianti, dei sistemi di abbattimento delle emissioni, delle modalità di stoccaggio etc.

    –  Siano posti chiari limiti di distanza degli impianti a biomasse rispetto ai centri abitati.

    –  L’insediamento dei suddetti impianti sia sempre subordinato alla verifica della congruenza delle infrastrutture viarie esistenti.

    –   Si pongano, tra gli obiettivi primari, il conseguimento della massima efficienza energetica, essendo quest’ultima uno dei cardini per la verifica della coerenza dell’assetto degli impianti sottoposti ad A.I.A.

    –  Si mettano in campo azioni mirate, anche avvalendosi degli strumenti del P.E.R., col preciso intento di rientrare entro i limiti fissati dalla disciplina comunitaria nelle aree caratterizzate da uno sforamento dei limiti consentiti e di non aggravare la situazione laddove comunque i valori si assestino su livelli prossimi a tali limiti.

    –  Si individuino le prescrizioni relative all’utilizzo delle biomasse, definendo valori limite di emissione secondo i criteri più restrittivi definiti nel Best Available Techniques (BREF).

    – Si proceda tempestivamente alla definizione di chiare linee guida sull’insediamento di impianti a biomasse e alla conseguente zonizzazione.

    Temo però che il problema vero sia questo: NORME PER LA CONCESSIONE DI CONTRIBUTI ALLA PRODUZIONE E ALL’UTILIZZO DI BIOMASSE LEGNOSE A FINI ENERGETICI E credo proprio che ci sia parecchio da parlare qui. :mrgreen:

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  3. avatarcrazy57 - 9 novembre 2011

    Carissimi frequentatori del caffè,vi rilancio un post che ho rubato dalla bacheca di  Marco Brighetti che scrive su Facebook.
    E’pubblicato anche su Electro you, che non conosco come blog.
    Mi sembra carino e spiegato bene, ma se resta fra quei 44 gatti che hanno l’ombra delle biomasse sui muri delle loro case, allora è davvero tempo sprecato.

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    Mi è arrivato il racconto-riflessione di un cittadino che per ora desidera rimanere anonimo.
    Dice che lo stanno prendendo per pazzo.
    Lo chiamerò Eridano, l’antico nome del Po.
    Mi ha chiesto se poteva pubblicarlo nel nostro sito. Gli ho detto che poteva usare ElectroYou, nato proprio per questo. Mi ha chiesto se potevo aiutarlo io.
    L’ho letto e gli ho risposto di sì.
    Contiene considerazioni sulle quali discutere, ed alcuni calcoli semplici che fanno riflettere.
    Mi auguro che l’articolo possa suscitare un dibattito, che può essere sviluppato nelle note di fondo pagina, oppure in questa sezione del Forum anche per individuare, se ci sono, gli errori concettuali di conclusioni piuttosto sorprendenti.
    Ecco dunque il documento di Eridano.
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    Scaldarsi bruciando legna mi è sempre sembrato naturale.
    E anche bello, se penso al mio caminetto acceso in una fredda sera invernale.
    Bruciare biomassa non mi fa lo stesso effetto dal punto di vista emotivo. Per un verso mi lascia indifferente, per un altro mi inquieta.
    E’ sempre più frequente l’uso di termini astrusi o giri di parole per indicare cose od attività comuni. Si è cominciato, a mia memoria, con “operatore ecologico” che ha sostituito “spazzino” o il più raffinato “netturbino”, per arrivare alla sostituzione di “bidello” con “collaboratore scolastico senza funzioni di docenza”.
    Può darsi ci siano delle ragioni, ma in genere neologismi e neolocuzioni o fanno sorridere, procurando materiale per i comici di Zelig, o sembrano ( e/o sono) inventati per nascondere qualcosa.
    Termovalorizzatore, ad esempio: perché modificare termini esistenti che indicano la stessa funzione, come bruciatore od inceneritore?. Ma si sa: l’inceneritore si è fatto fama di inquinatore, quindi meglio cambiargli nome. Inceneritore indica con troppa precisione ciò che fa di ciò che riceve: ceneri (e fumi). Il termovalorizzatore invece no: lo valorizza.
    Quindi meglio termovalorizzare che incenerire, tanto più che termovalorizzando le ceneri e i fumi scompaiono.

    L’uso spensierato ed incontrollato di energia ci pone di fronte a scelte difficili.
    Probabilmente l’emergenza costringerà a scelte non perfette, non condivise da tutti, ma bisognerà farsene comunque una ragione, consapevoli che l’unanimità su di esse è pura illusione. Non solo perché al mondo c’è chi è intelligente e chi no, ma anche perché probabilmente non esiste la scelta perfetta: o non si hanno gli strumenti per sapere subito quale possa essere, o perché il tempo la trasforma.
    Chi avrà però la responsabilità di scegliere, dovrà motivare seriamente la scelta, illustrandone vantaggi e svantaggi, senza ambiguità e sotterfugi, senza inseguire ingannevoli interessi personali. Tutto alla luce del sole, insomma.

    Nel mio paese è stata approvata la costruzione di una centrale elettrica a biomassa.
    Tutti entusiasti: sindaco, assessori, imprenditori, professionisti locali. Dicono anche i cittadini: ma nessuno è andato porta a porta per sentirne il parere spiegando il tutto con precisione. D’altra parte è una chimera credere che ciò possa essere possibile.

    La cosa più o meno è stata presentata in questi termini:

    * La centrale a biomassa valorizza i residui agroindustriali, riduce surplus agricoli sostituendo colture tradizionali con colture energetiche, crea opportunità di sviluppo di nuove iniziative industriali. Può comportare dunque notevoli ricadute a livello economico, ambientale e occupazionale.
    * Ha un contributo nullo sull’incremento del tasso di CO2 in atmosfera, favorendo così il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto.
    * E’una via importante per raggiungere l’autonomia energetica locale di aziende agricole.
    * Può contribuire alla riduzione dei rifiuti solidi urbani, consentendo la loro valorizzazione energetica.

    Quest’ultima possibilità mi ha creato disagio, tanto più che nella presentazione del progetto si parlava della potenzialità termica, non del bruciatore, ma del termovalorizzatore.
    Qui mi nascondono qualcosa”, ho pensato, io che non amo i termovalorizzatori, forse per mie paure ingiustificate.
    Il fatto è che non ho ancora ben capito che fine fanno le ceneri ed i fumi che ancora si producono pur termovalorizzando.
    Dal camino non esce nulla”, mi hanno detto.
    Sì,”, ho obiettato, “ed allora perché costruirlo?”.

    Mi rendo conto che non si può essere sempre contro tutto: la vicenda dei rifiuti in Campania mostra come va a finire. Una soluzione priva di inconvenienti non c’è, ma in una non soluzione ce ne sono molti di più.
    Siamo in una fase transitoria che mi auguro si possa superare, e decisioni devono essere prese, anche se non saranno quelle che desidereremmo.

    Decido allora di documentarmi meglio sulle biomasse ed i loro vantaggi. Riassumo qui il confortante quadro che ci si può fare viaggiando in internet.

    ” Col termine “biomassa” si intende ogni sostanza organica che derivi direttamente o indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana, il processo attraverso cui le piante, utilizzando l’energia luminosa del sole, assorbono anidride carbonica (CO2) e acqua, trasformandole in materiale organico utile alla loro crescita, e liberano ossigeno (O2). ”


    Il ciclo di una biomassa

    Le biomasse sono abbondanti, facilmente reperibili, di basso costo, rinnovabili.
    Dal punto di vista ambientale, non contribuiscono all’effetto serra. L’assorbimento di biossido di carbonio (CO2) da parte delle piante è infatti pari a quello emesso durante la combustione necessaria a produrre energia.
    Hanno basso tenore di zolfo e, quindi, non contribuiscono alla produzione di piogge acide. Infine, il loro fine ciclo costituisce un potenziale fertilizzante.
    Il loro impiego a fini energetici crea opportunità di sviluppo e occupazione in aree depresse.

    Per ricavare energia dalle biomasse si hanno due tipi di processi:

    Termochimico: le biomasse sono bruciate ed il calore prodotto è utilizzato per ottenere ad esempio energia elettrica o semplicemente per riscaldarsi. Le biomasse adatte sono la legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli), i più comuni sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi) e gli scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli).

    Biochimico: con il contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa in particolari condizioni, si innescano reazioni chimiche dalle quali si può ricavare energia. Le biomasse adatte sono foglie, steli di barbabietola, ortive, patata, reflui zootecnici, alcuni scarti di lavorazione e alcune tipologie di reflui urbani e industriali.

    Insomma tutto bello, tutto bene, tutto semplice. Nessun inconveniente. Però c’è la preoccupante (per me…) possibilità di inserire tra le biomasse i rifiuti solidi urbani. Il confine per stabilire cosa sia una biomassa diventa sempre più largo e sfumato. Tralascio questo aspetto, per ora e cerco di convincermi anch’io come sembrano fare gli altri:
    Ma sì, si bruciano gli scarti vegetali”, penso. ”Ci siamo sempre scaldati con la legna, no?” Il caminetto in casa dà calore, fisico e psichico. E’ bello vedere le lingue elettromagnetiche infilarsi guizzanti nel buio della canna fumaria. Fanno pensare al senso della nostra esistenza, anche se non me lo rivelano: ma questo è un altro discorso.
    E poi le ceneri che restano sono addirittura un fertilizzante per l’orto. E allora che c’è di male? Sì, restano i fumi, ma dicono che sono innocui. Ricordo ancora una trasmissione televisiva di alcuni anni fa che mostrava l’allora sindaco di Milano Albertini salire fino alla bocca d’uscita della ciminiera del termovalorizzatore di Brescia, per dimostrare che non usciva niente. Annusava l’aria che usciva come un profumo. Un’esagerazione senza dubbio, ma forse anche le mie paure sono esagerate
    E poi in biomassa c’è il prefisso rassicurante: bio. Tutto ciò che è bio è buono e fa bene (oltre che costare di più…)”

    Analisi del progetto
    Nel caso della centrale del mio paese, si parla di termovalorizzare le biomasse. Finiranno ( non riesco a togliermelo dalla testa) per bruciare anche altro o forse solo altro perché si scoprirà che…
    Suppongo di essere ossessionato dalla terminologia per cui cerco di valutare i dati di funzionamento della centrale.
    Obiettivamente.

    Leggo:

    * potenza: 5 MW.
    * Si prevede di bruciare sorgo.

    Il sorgo…!? Non so bene che sia.
    Vado in internet e trovo su wikipedia:

    ” Sorghum vulgare è una pianta erbacea annua della famiglia delle Graminacee. Anche detto dhurra, è un cereale di largo consumo, in Africa soprattutto, destinato agli uomini e agli animali domestici. “


    Piantagione di sorgo

    Non sapevo che fosse un cereale e che lo si coltivasse per nutrirsi. Qui da noi non è stato mai coltivato per quanto ne so. Quindi non bruceranno gli scarti di una coltivazione che non c’è. Lo coltiveranno apposta per bruciarlo…
    Lo coltivano: ecco l’opportunità economica per gli agricoltori locali!
    Ma al posto di che?
    Coltivare qualcosa per bruciarla mi sembra una stupidaggine. Forse bruceranno gli scarti, penso. Ma non vi è nessun cenno per l’utilizzazione alimentare del sorgo. E’ una varietà particolare di sorgo.
    Beh, ma anche con la legna facciamo così in fondo: mica la mangiamo. Non è proprio che la si coltivi: anzi cresce da sola, nei boschi di montagna. Basta raccoglierla. Bruciamo quella che è in più o solo quella che si può rinnovare impiegando lo stesso tempo che noi impieghiamo per bruciarla…
    … forse… mah… chissà se è proprio così!
    Lo dovrebbe essere se vogliamo considerala una fonte rinnovabile.
    Il problema energetico è complicato, lo so.
    Ma per questi che vogliono bruciare sorgo sembra di no. Anzi.
    Trovano tutto naturale e conveniente.
    Gli agricoltori che mettono a disposizione i campi ci guadagneranno vendendo l’energia del sorgo; guadagneranno di più con i certificati verdi che con le obsolete coltivazioni di grano e mais o barbabietole. Insomma un’equazione del tipo: + euro = − cibo + combustibili
    Qualche non fumatore fumerà passivamente qualcosa, ma dai, non può essere una cosa grave: sarà un fumo pulitissimo!

    Però ripenso: non ci si poteva accontentare dello scarto della coltivazione del mais e del grano ed altre ramaglie?
    No, non sarebbero bastati: è indispensabile riservare terreno per coltivare sorgo da bruciare, altrimenti la centrale non è conveniente.
    E se non dovesse essere conveniente con il sorgo… beh, ci saranno pure dei rifiuti che non si sa più dove buttare, no?
    Ecco, appunto: è questo l’imbroglio che temo.
    Ma sono troppo diffidente, ingigantisco le ombre che intravvedo nella nebbia (come il nonno di Amarcord), e poi sicuramente il sorgo è conveniente. Per quale motivo non dovrebbe esserlo? Avranno pur fatto dei conti, no?

    Vado oltre con l’esame del progetto:

    * sono previsti 1.200 ettari di terreno.

    … 1.200 ettari?
    Sarà un errore di stampa, penso. 1.200 ettari mi sembrano tantini.
    Provo qualche calcolo.
    Se la centrale funziona a pieno regime per 7.920 ore all’anno, produce 7920 x 5 = 39.500 MWh.
    Dicono che il rendimento elettrico della centrale sia del 25%.
    Occorre avere a disposizione 39.500/4 = 158.000 MWh con il sorgo.
    1 MWh equivale a 3.600.000.000 joule = 3.600 MJ .
    Il potere calorico del sorgo è 16 MJ / kg.
    Quindi occorrono 3600/16=225 kg di sorgo per produrre 1 MWh.
    Per ottenere i 158.000 MWh occorre bruciarne 158.000225 = 35.550.000 kg =35.550 tonnellate.
    La resa del sorgo si stima sulle 30 tonnellate per ettaro.
    Quindi occorrono 35.550/30 = 1185 ettari.
    E’ proprio vero!
    Più di 1.000 ettari di terreno: sono un bel pezzo di terra!
    Faccio un ulteriore calcolo sommario, tanto per rendermi conto degli ordini di grandezza.
    Per facilitarlo consideriamo bastino 1.000 ettari per far funzionare per un anno la centrale di 5 MW.
    Quanti ettari occorrerebbero per far funzionare tutte le centrali d’Italia, mi chiedo, con centrali alimentate a sorgo?
    Basta ovviamente sapere quant’è la potenza media elettrica necessaria per far funzionare l’Italia.
    Nel sito di Terna c’è il grafico del fabbisogno reale.

    Riproduco quello del giorno in cui sto scrivendo.
     

    Fabbisogno elettrico in Italia in un giorno di dicembre del 2008

    A occhio il valore medio è di 40.000 MW.
    Sono necessarie 8.000 centrali come quelle che costruiscono a pochi chilometri da casa mia.
    Se per questa occorrono 1.000 ettari da coltivare a sorgo, per 8.000 centrali occorrono 8.000.000 di ettari.
    In un chilometro quadrato ci sono 100 ettari, quindi 80.000 chilometri quadrati.!!!

    Cristo!
    Ma l’Italia è in totale 300.000 chilometri quadrati.
    Un quarto dell’Italia deve essere coltivato a sorgo!!
    E l’Italia non è una pianura coltivabile totalmente. E’ prevalentemente montuosa.
    La mia Val Padana è 45.000 chilometri quadrati. Occorrono due Val Padane coltivate a sorgo!

    Sorgo che sarà bruciato per far funzionare le apparecchiature di gente che non avrà più nulla da mangiare, perché c’è sorgo dappertutto, che dovrà essere bruciato.

    Possibile una pazzia del genere?“, penso.
    Possibile?
    Sembra proprio di sì.
    Ma tutti sono contenti. La centrale si farà.
    Mi arrischio a dire quel che avete letto.
    Mi guardano con un sorriso di compatimento.
    Ma è davvero questa una delle soluzioni al problema energetico?
    Ma sono il solo che la sta pensando così?

    Confronto con il fotovoltaico
    Faccio un altro conto a spanne.
    Ho la sensazione, ma credo sia una cosa ovvia, che si dovrebbe arrivare a sfruttare l’energia solare, direttamente, senza aspettare che si trasformi in petrolio o sorgo (o che arrivi dal cosmo un meteorite carico di uranio).
    Ma dicono che l’energia solare è troppo dispersa per essere redditizia con le attuali tecnologie.

    Comunque vediamo.
    Da tabelle dell’irraggiamento solare calcolate secondo UNI 8477 per superfici rivolte a sud si ricava un valore annuo pari a circa 1.600 kWh/m2 che corrisponde ad una potenza di 1600 / (24 365)=1600 / 8760 =0,182 kW=182 W.
    Per i pannelli fotovoltaici si può considerare almeno un rendimento del 15 %.
    Quindi si ottengono 182 0.15 = 27,3 W di potenza elettrica. (senza bruciare niente comunque: l’energia per costruire i pannelli, non la so conteggiare, per ora)
    Ma un metro di terreno coltivato a sorgo quanti watt elettrici può produrre?
    Allora: un ettaro produce 30.000 kg di sorgo ed i metri quadri di un ettaro sono 10.000; quindi un metro quadro produce 3 kg di sorgo, cioè 48 MJ. Quei 48 MJ consumati in 7920 ore corrispondono ad una potenza 48 /(7920 3600)= 0,000.001.68 MW= 1,68 W !! Che non sono tutti convertibili in energia elettrica, ma solo un quarto. Saranno pochi i 27 W ricavabili con il pannello, ma sono molto meno gli 1,68 0,25=0,42 W ricavabili dal sorgo!!
    Se 1 metro quadro fotovoltaico produce 27,3 W, per produrre 5 MW occorrono 183.150 m2 di pannelli. Circa 18 ettari: un bel po’ di terreno, non c’è che dire, ma molto inferiore ai 1.200 richiesti dal sorgo
    Ma è addirittura più semplice confrontare l’energia prodotta da 1 m2 in un anno:

    con il sorgo:
    48 0,25= 12 MJ

    con il fotovoltaico:
    0,15 5760 = 864 MJ.
    (1 kWh=3,6 MJ; 1.600 3,6 = 5.760 MJ )

    Sono calcoli molto approssimativi, d’accordo, perché non tengono conto che il metro quadro coltivato a sorgo, forse potrà servire per una ulteriore coltura, nell’anno (…spero…). Ma non c’è comunque confronto: territorialmente i pannelli fotovoltaici sono già adesso comunque oltre cinquanta volte più efficienti del sorgo.

    Conclusione con appello
    Non sarebbe allora meglio pensare ad una centrale fotovoltaica, già fin da ora? I costi non li so analizzare: mi dicono siano proibitivi.
    Ma nel caso di una centrale a biomassa alimentata da coltivazioni finalizzate ad essa, mi sembra da proibire addirittura l’idea.
    I pannelli fotovoltaici occupano ancora, dobbiamo dirlo, con un po’ di dispiacere, parecchio terreno. Magari in futuro potrà essere anche dimezzato, ma resta sempre un impianto di grande estensione. Si deve però anche osservare che i pannelli possono occupare spazi non coltivabili, a differenza del sorgo. Non ci si può di certo illudere di poter sostituire tutte le altre fonti energetiche con il fotovoltaico, ma ancora meno, molto meno, con le biomasse coltivate. Ma io credo che se si pensa ad una nuova centrale elettrica da 5 MW sia meglio, molto meglio, impegnarsi a realizzarla con il fotovoltaico e lasciar stare il sorgo. E’ una mia idea. Ma non mi pare solo mia.

    Ecco ad esempio la Centrale solare di Lipsia inaugurata nel 2004.
    E’ proprio di 5 MW E’ composta da ben 33.500 pannelli fotovoltaici.
    L’area occupata è di 21,6 ettari, 16 dei quali sono per i pannelli solari.


    Leipzig – Germania

    Insomma in Germania non solo pensano che sia meglio il solare, ma lo realizzano anche.
    Non possiamo fare come loro?
     
    Desideravo postare queste mie considerazioni nel forum. Ma ho preferito la strada di ElectroYou.
    Mi piacerebbe sentire altri pareri. Per capire eventualmente cosa c’è di sbagliato in quanto ho scritto.
    Colgo comunque l’occasione per ringraziare admin dello spazio concessomi e dell’aiuto datomi nel preparare questo documento che firmerò con il nickname di Eridano

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