Enrico Berlinguer

Enrico Berlinguer

Enrico Berlinguer

« La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico. »

Enrico Berlinguer è stato Segretario del Partito Comunista Italiano dal 1972 al 1984, anno della sua morte. Si è iscritto al PCI nel 1943.

Nel 1969 partecipa come vice-segretario del PCI ai lavori della conferenza internazionale dei partiti comunisti a Mosca; in disaccordo con la “linea” sovietica (fonte massima degli indirizzi dell’Internazionale comunista), a sorpresa rifiuta di sottoscrivere la relazione finale.
L’inattesa e “scandalosa” presa di posizione è stata memorabile e il suo discorso il più critico in assoluto dei leader comunisti mai tenuto a Mosca. Rinfacciò a Leonid Brežnev l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, definendola la “tragedia di Praga”, ed il rifiuto bolscevico di radicali divergenze affioranti nel movimento comunista su temi determinanti come la democrazia, la sovranità nazionale e la libertà di cultura.

Berlinguer proclama nel 1970 un’inattesa apertura nei confronti del mondo dell’industria, dichiarando che il PCI riteneva positivo un nuovo modello di sviluppo, inserendo il partito in un dibattito economico-politico considerato da sempre tabù per i comunisti.

Nel 1972, divenuto Segretario, caratterizza da subito la sua segreteria nella ricerca di collaborazione con la DC nella realizzazione di riforme economico-sociali, e nell’identificazione di un nuovo comunismo indipendente dall’URSS che chiama “eurocomunismo”.

In quegli anni di battaglie sociali espresse da studenti ed operai, il PCI di Berlinguer raggiunse il suo massimo storico, il 34,4% del ’76.

Nel 1973, in visita ufficiale a Sofia, subisce un attentato mascherato da incidente (un camion militare investe e distrugge la sua auto), dal quale Berlinguer si salva miracolosamente, muore l’interprete e restano gravementi feriti due dirigenti del PC Bulgaro. Il “falso incidente”, orchestrato ad arte dal KGB e dai servizi segreti bulgari voleva porre fine allo scomodo alleato italiano.

Nello stesso anno, dopo “i fatti del Cile” (un colpo di Stato militare spazza via il Governo di sinistra regolarmente eletto di Salvador Allende) sviluppa la proposta del “compromesso storico“, ritenendo impossibile il governo dello Stato con il raggiungimento del 51% ma indicando come vincenti ampie convergenze di differenti forze politiche compatibili, finalizzate allo sviluppo sociale anche della classe operaia.

Nel 1976 il PCI di Berlinguer compie il famoso strappo da Mosca, la rottura politica con il PCUS. Al congresso del PC Sovietico a Mosca, di fronte a 5.000 attoniti delegati di tutto il mondo, Berlinguer esprime l’aperto contrasto alle le posizioni “ufficiali sovietiche” ed esprime l’intenzione del PCI di costruire un socialismo “che riteniamo necessario e possibile solo in Italia“.
Subito dopo definì il Patto Atlantico (la NATO) «uno scudo utile per la costruzione del socialismo nella libertà, un motivo di stabilità sul piano geopolitico ed un fattore di sicurezza per l’Italia».

I comunisti erano stati scomunicati nel 1948 da Papa Pacelli, e cercando di uscire da questo isolamento, in quegli anni Berlinguer rese pubblica una sua corrispondenza con il vescovo Bettazzi, dove si approfondiva la “possibilità” di un dialogo sociale, intellettuale e certo, anche politico, fra cattolici e comunisti.
Le aperture a questo progetto espresse da Aldo Moro, leader della DC, sono da molti considerate l’elemento scatenante del suo rapimento e successiva eliminazione attuato dalle Brigate Rosse, infiltrate dai servizi segreti controllati dalle forze più reazionarie del Paese.

Ancora nel 1976, di fronte ad un duro aggravamento della corruzione tra apparati politici, malaffare ed imprese, Berlinguer presenta la famosa questione morale ritenendola “la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico”.

La spinta etica berlingueriana gli è di fatto sopravvissuta, ispirando successivamente il vibrato coinvolgimento delle sinistre nel dibattito politico sullo scandalo di Tangentopoli e tutt’ora mobilitando i cittadini onesti nell’attuale degenerazione corruttiva dello Stato ad opera del berlusconismo generalizzato.


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