Donne e maschilismo

Io-sono-miaIeri è passato un primo importante passo verso la parità rappresentativa delle donne.

Dal 2015 i Consigli d’Amministrazione dovranno contenere almeno il 30% di donne.

Fino all’ultimo gli estremi difensori del maschilismo hanno tentato di boicottare l’operazione, o perlomeno di rimandalra il più possibile, ben assistiti da alcune donne fedeli al concetto che avevano strumentalizzato per dare maggiore credibilità all’operazione.

Ma quando si sono resi conto che non avevano più vie di scampo e che avrebbero ottenuto un voto contrario (e trasversale) in Parlamento, hanno dovuto cedere.

Via libera così all’approvazione dell’emendamento Germontani (ma frutto del lavoro di tutta la commissione) che prevede due mandati per i rinnovi dei Cda delle società quotate: al primo rinnovo previsto il 20% di donne, al secondo rinnovo nel 2015 previsto il 30%.

Per essere nominate, ora le donne non dovranno più comportarsi come maschi o offrire servizi di ‘vario genere’ ai maschi, ma basterà loro essere donne. In gamba e preparate, con idee nuove e originali.

Un primo passo per una donna finalmente sua,  di sè stessa.

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Mi sembra che le donne abbiano perso la parità rappresentativa (e molto altro) per cause oggettive fin dai tempi remoti, cause che al momento non appaiono più e dunque non dovrebbero più sussistere le situazioni della loro emarginazione.

villaggioNel villaggio dei 150 di Dumbar la donna aveva un ruolo paritario e partecipava a pari diritti alla vita sociale; possiamo immaginare donne pescivendole e sarte, fornaie o contadine, e guaritrici. I mestieri pesanti come fabbro o pescatore non offrivano particolari supremazie, quindi la parità era indiscussa.

Nello sviluppo del villaggio possiamo immaginare che sia la donna fornaia che l’uomo fabbro siano riusciti ad accumulare una fortuna facendo affari con i paesi vicini e quindi ad ottenere un certo potere [potere economico] per via della disponibilità economica e della conseguente capacità di influenzare le scelte del villaggio.  Ma questo non metteva in discussione la parità tra i sessi.

Immaginiamo poi che nel villaggio si siano formate correnti di pensiero, tra chi voleva ad esempio educare i bambini in modo più severo e disciplinato e chi invece era per un’educazione più aperta e libera; la corrente vincente avrebbe avuto il potere [potere politico o ideologico] per decidere cultura, morale ed etica del villaggio. Ma anche in questo caso nulla metteva necessariamente in discussione la parità tra i sessi.

A questo punto dobbiamo immaginare che divenuto ricco il villaggio, detta ricchezza sia apparsa appetibile per vicini malintenzionati. Per la sua sopravvivenza ha dunque dovuto ricorrere ad una sua organizzazione difensiva armata [il potere militare]. E questa è ovviamente gestita dagli uomini, vista la loro forza maggiore e l’innata aggressività.

Ed ecco che diviene facile immaginare cosa possa essere successo, quando il capo guerriero, capace di guidare al meglio i suoi armati in battaglia, ha sconfitto il nemico ed è tornato vincitore; Lui (maschio) diviene il Capo del villaggio e Lui comanda. [Il potere militare (maschile) si impone sul potere politico e sul potere economico (potenzialmente paritari tra i sessi)].

La storia ci mostra come, salvo rare eccezioni, tutto sia poi continuato più o meno così sino ai nostri tempi, dove il potere militare ha dovuto costantemente confrontarsi con quelli economico e politico, ma sempre emanazione del potere dei maschi, guerrieri e/o ex guerrieri.

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Raymond Aron  definisce così il potere pubblico: «La consegna ad uno o ad alcuni della capacità (riconosciuta legittima) di stabilire regole per tutti, di imporre a tutti il rispetto di queste regole o in conclusione di prendere decisioni obbligatorie, in fatto o in diritto, per tutti». Il potere inteso dunque come la forza e la capacità di far valere, anche di fronte a un’opposizione, la propria volontà.

Con lo sviluppo delle democrazie abbiamo visto il potere tout-curt cedere gradatamente al consenso;  l’abilità cioè di trovare obbedienza da parte di determinati individui in cui vi è un minimo di volontà di ubbidire, cioè interesse e convinzione nell’obbedienza.

La netta distinzione è trattata già da Machiavelli che usa il paragone dei leoni e delle volpi;  maschi i primi che usano la sola forza per ottenere ed imporre il potere (ma alla lunga sempre sconfitti da altro potere), e femmine le seconde, che preferiscono il democratico consenso (la persuasione).  La prima forma di potere è sempre imposta dall’alto con la forza dei guerrieri (e la conseguente paura), la seconda si forma dal basso generata dal rispetto e dalla partecipazione e dal volontario riconoscimento di una superiorità ideale-razionale, ciò che abbiamo chiamato moderna democrazia.

Nella moderna democrazia, (quella per intenderci non presente al momento in Italia :mrgreen: ) vi è la legittimità legale-razionale fondata sull’esigenza della legalità degli ordinamenti statuiti (per esempio la Costituzione), e sul diritto al comando di coloro che sono chiamati dal popolo a governare. Questa è una legittimità moderna, democratica ed impersonale, dove il guerriero o l’ex guerriero non ha più nessuna influenza e dove la donna può essere di nuovo rappresentativa a tutti gli effetti.

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E dopo tanti secoli di dipendenza e sottomissione, un pò come i polli d’allevamento che se si lascia la porta della gabbia aperta essi la guardano senza uscire, anche le donne non si accorgono che la gabbia non c’è più, che possono uscire ed essere individui, essere donne.

E lo stesso vale per i maschi (e per le donne a loro assogettate, pseudofemministe dai tacchi a spillo comprese) ancora detentori del potere ad ogni livello; solo ora stanno iniziando a rendersi conto con sgomento e smarrimento che la gabbia non c’è più, e con ogni sforzo tentano di distrarre le loro sottomesse e di mantenerle tali.

Credo sia in questa chiave di lettura che vadano interpretate le misere uscite quotidiane del nostro utilizzatore finale e del suo codazzo maschilista di maschi,  e delle femmine ‘a loro disposizione‘.


Commenti
Sono stati scritti 3 commenti sin'ora »
  1. avatarcarmengueye - 10 marzo 2011

    Luciana Castellina, dalla Dandini, ha detto una cosa che nessuno prima; ma perché davanti al laido sistema bunga, nessun maschio si è alzato a dire, signori, questo non è il mio, c’è un mondo diverso possibile? Nè da dx né da sx si è udito alcunché.
    Quasi irrisolvibile è poi il problema del consenso. In una visione liberale, che tenta alcuni di noi, in realtà una volta data delega alla politica, non si discute più che tanto durante la legislatura, dovendo in teoria bastare le garanzie costituzionali di cui parla l’articolo. Ma i nostri parlamentari si ricordano di essere liberi dal consenso solo quando, invocando l’inesistenza del vincolo di mandato, si sganciano da un partito per svolazzare verso un altro, magari di programma opposto.
    Così non si può andare avanti. C’è più democrazia (e femminismo) tra i pinguini, nella cui organizzazione societaria sono previsti perfino gli asili nido: lo sapevate? 

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  2. avatarLucia Del Grosso - 11 marzo 2011

    Quest’articolo dà troppi spunti. Mi limito al tema del matriarcato: mi hasempre affascinato. Che ci sia stata un’epoca primitiva matriarcale è stato contestato. Dai maschi, però! Io tuttavia ne sono convinta e non è vero che il matriarcato non è documentato: ci sono tracce nel mito. Prendiamo l’Odissea. Omero (lasciamo perdere la questione omerica, per carità!) ha narrato le vicende di personaggi leggendari, ma non hascritto fantascienza. Quel mondo era così proprio come lui ce l’ha tramandato, lontano anni luce dalla Grecia maschilista di Platone. Nausicaa sta intere giornate fuori a fare le scampagnate; Ulisse se vuole entrare nella reggia dei Feaci doveva trovare il modo di arrivare ad Arete, se no, nisba; Circe e Calipso sono due solitarie non soggette a nessuno; Penelope è soggetta alla prepotenza dei maschi, è vero, però anche lei è un osso duro, resiste per dieci anni e impone ai Proci una prova durissima per scegliere tra loro suo marito, e quelli non devono fiatare. E’ un mondo dove le donne hanno un ruolo non subalterno e sono rispettate. Di chi parla, Omero? Di sua madre, sua sorella, le sue vicine di casa? O di epoche più lontane che hanno lasciato traccia nel mito? Quindi non ci venissero a dire che il matriarcato (che non è il governo delle donne, è il riconoscimento dei valori e del ruolo delle donne nell’organizzazione sociale) non è documentato. Un’ultima cosa, Andrea: quella di cui ci parla Omero è una società guerriera. E la guerra ha due dei: uno maschio e uno femmina.

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  3. avatarBlog di Andrez » Blog Archive » Non sono razzista, ma… - 7 aprile 2011

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