Dentro e fuori il presepio

Tommasì te piace 'o presebbio?» «Nun me piace»,e Lucariello insiste "Il presepe che è una cosa religiosa…", ma il figlio risponde "Si, una cosa religiosa con l'enteroclisma di dietro.. e a me nun me piace, nun me piace e basta!".
Sono pochi giorni che é scomparso il grande Luca De Filippo, e la commedia "Natale in casa Cupiello" del padre Eduardo, che ne fu anche interprete, torna improvvisamente d'attualità.
Nella commedia di Eduardo la presenza del presepio, é dato come un elemento essenziale, della tradizione e della cultura napoletana, come lo é, del resto per tutto il Sud d'Italia, e va oltre il significato religioso. Sembra paradossale, che con la fine della piú grande famiglia e compagnia di teatro della tradizione napoletana, la discussione "intorno" al presepe si trasferisca dal grande palcoscenico della cultura partenopea , alla cronaca e al gossip di bassa-lega di Rozza-no.
Si cade, poi, nello squallore piú totale se a a farsi interprete e leader della tradizione del presepe, in maniera becera e strumentale, siano personaggi del calibro di Salvini, che oltre aver buttato odio e veleno contro Napoli ed il Sud, nel presepe non potrebbero interpretare nemmeno la parte dell'asino.
L'asino del presepio, é infatti un animale docile e mansueto, che insieme al bue, trasmette calore e conforto al "bambinello" e alla famiglia "non tradizionale" di clandestini di cui ne fa parte, salvandoli dal gelo.
Tutto il contrario, insomma, da chi invece, come Salvini e leghisti vari, i clandestini o i rifuggiati, vorrebbe rimandarli a casa loro, dall'Erode di turno.

Il presepe é una evocazione storica della nascita di Gesú, ma rappresenta soprattutto un mondo ideale, un utopia, un omaggio fatto alla natività di un bambino, povero, senza fissa dimora, costretto a fuggire dalla propria terra. L'accoglienza, la solidarietá, la speranza e la condivisione animano i personaggi che si collacono fiabescamente nel presepe, ma dove ognuno di loro rappresenta uno spaccato di vita reale e vissuta. Pastori, contadini, fornai, umili popolani ecc.. portano i loro doni al bambinello. Nel presepe della mia infanzia, per esempio, vi era un calzolaio, con una mano rotta, mentre con l'altra impugnava la "sugghia" (strumento usato dal calzolaio per fare i buchi), e che rappresentava il mestiere che mio padre aveva fatto da giovane. Ogni artigiano, metteva il personaggio del suo mestiere, collocandosi idealmente all'interno del presepe, e mettendosi con esso, probabilmente alle spalle anche la guerra e la miseria del dopoguerra che avevano vissuto.
Il presepe, in una scuola pubblica, non puó quindi considerarsi offensivo di altra religione, o intaccare il principio di laicità, perché é qualcosa che va oltre la religione.
Quello, che puó, invece risultare offensivo é quello di caricarlo "a molla" di un significato religioso, per accentuarne le differenze, collocandosi automaticamente al di fuori del presepe.
Il principio di laicità nella scuola, invece, dovrebbe essere sempre garantito, anche nell'insegnamento della stessa religione. Dovrebbe, cioé, essere un qualcosa che rientra, indiscutibilmente, nel bagaglio professionale di ogni insegnante, che ha il compito di formare i ragazzi stimolando discussione , spirito critico, e l'apprendimento degli aspetti storici e culturali, connessi alle religioni.

La conoscenza, lo spirito critico, la laicitá, sono gli strumenti attraverso cui contrastare ogni integralismo, cattolico o islamico che sia, ed evitare nel contempo che le differenze di religioni si traducano in scontri di civiltá, o che siano messe al centro del dibattito politico, uno spazio che non gli compete.
Pertanto, il presepe, se gli insegnanti di una scuola lo dovessero ritenere opportuno e compatibile con il percorso formativo che vogliono intraprendere, offre l'occasione per svolgere un attivitá multidisciplinare, mantenendo nel contempo viva, un antica e ricchissima tradizione e cultura popolare.


Commenti
Sono stati scritti 2 commenti sin'ora »
  1. avatarAndrea Cotti - 2 dicembre 2015

     

    Si avvicina il Natale.
    E' bello vedere che i credenti festeggiano la ricorrenza della natalità. Che resta comunque un lieto messaggio di amore e solidarietà per tutti.

    Senza dimenticare che di fatto si festeggia una "famiglia" irregolare di extracomunitari clandestini e senza fissa dimora, occupanti abusivamente una dimora d'altri, con la complicità di amici e conoscenti arabi, africani ed ebrei. E un bambino nato fuori dal matrimonio che sarà ucciso sulla croce romana.

    Al di là dell'ipocrisia e della propaganda, Salvini li avrebbe "respinti e fatti rimpatriare a calci in culo", dopo aver fatto cospargere la capanna di sterco di maiale.

     

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  2. avatarAndrea Cotti - 2 dicembre 2015

    Ho vissuto da non credente 15 anni in un albergo (come direttore) dove la maggioranza dei clienti era cattolica e lo staff (80 persone) era per metà buddista e per metà musulmano.
    All'interno del resort esistevano aree separate per tutti e tre i culti con i relativi simboli sacri, che tuttavia non erano mai "imposti" nelle aree comuni del resort.
    Ogni anno nel resort in spazi separati si celebravano con discrezione le ricorrenze religiose buddiste e musulmane, mentre a quelle cattoliche di Natale e Pasqua si dava ampia enfasi, essendo dedicate ai *clienti*, con i soliti tradizionali addobbi ovunque, sempre graditi anche dallo staff buddista e musulmano che li consideravano ovviamente poco più di splendide coreografie.
    In 15 anni non si è mai verificato il minimo problema, nè la più piccola lamentela.  :)Emoticon smile

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