Berlusconi: “chiuderò la bocca a chi parla di crisi”

Gravissima serie di esternazioni del Presidente del Consiglio alla conferenza stampa sul Decreto Anticrisi.
Berlusconi attacca la stampa e gli enti economici internazionali, annunciando che intende “chiudere la bocca ai giornali e agli organismi internazionali che diffondono paura”, ponendosi così all’opposizione dell’establishment internazionale di cui dovrebbe far parte come imprenditore e come capo del governo italiano, e che dovrà rappresentare al G8 dell’Aquila.

Il premier in sintesi ha attaccato il sistema libero e autonomo che non accetta di farsi strumento del suo pensiero: Banca d’Italia, OCSE, ISTAT, Fmi, organismi di analisi e di controllo internazionale, Consiglio Europeo, e naturalmente giornali eversivi come Repubblica ed il Corriere della Sera.

Nell’analisi dell’ Ocse, l’Italia è alle prese con una recessione «sorprendentemente forte».
Questa convinzione ruota intorno ad alcuni numeri: il Pil calerà quest’ anno del 5,3%; le casse dello Stato sono oberate da un deficit che nel 2010 salirà al 6% del Pil; il debito pubblico andrà «oltre il 115% del Pil, per poi avvicinarsi a quota 120% entro la fine dell’anno venturo: lo stato di salute del bilancio limita lo spazio di manovra.
E soprattutto, il paese si troverà a gestire una massa enorme di senza-lavoro con un tasso di disoccupazione proiettato quest’ anno verso il 10% e destinato ad aumentare nel 2010 anche con la ripresa: l’allarme ricalca quello dell’ultimo G8 di Lecce.

Secondo l’ISTAT prosegue il calo dell’occupazione ad aprile.
L’indice nelle grandi imprese è sceso dello 0,4% rispetto al mese precedente, al netto della cassa integrazione guadagni, mentre è diminuito del 4,1% rispetto ad aprile dello scorso anno.
Lo comunica l’Istat, nella rilevazione sul lavoro e retribuzioni nelle grandi imprese.
Al lordo della cig si registra una flessione dello 0,1% su base mensile e dell’1,3% su base annua.
Da gennaio ad aprile 2009, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, la variazione è stata negativa del 3,3% al netto della cig e dell’1,1% al lordo.

In quella che appare una chiara pulsione totalitaria, Berlusconi (che è anche proprietario di Publitalia, la maggiore Concessionaria di Pubblicità in Italia) rilancia la sua personale turbativa di mercato, invitando esplicitamente gli investitori a “minacciare” il ritiro della pubblicità ai giornali, alle aziende e a chiunque a suo giudizio diffonda la paura della crisi.

Secondo lui la crisi è immaginaria e la gente deve ricominciare a spendere.

Appare sconcertante come il Presidente del Consiglio non afferri il concetto che un disoccupato non ha salario, vive di espedienti e non ha le condizioni per ricominciare a spendere.

Mi ricorda Maria Antonietta, moglie di Re Luigi XVI che a chi l’informava sulla fame del popolo privo di pane suggeriva di dare brioches.

Oggi in tutto il mondo la parola d’ordine di chi ha in mano le leve della politica economica è definire una “exit strategy”, una strategia di uscita dalla crisi.
Si tratta di pensare a misure che valgano non solo per portarci fuori dalla recessione ma anche e soprattutto per il dopo, quando finalmente saremo fuori dalla depressione più nera del Dopoguerra.

Ma per il nostro governo invece la parola d’ordine è sempre stata e continua ed essere un’altra: “guadagnare tempo” e “negare sempre e comunque l’evidenza” della crisi.
È solo questo lo spirito della manovrina delle illusioni appena varata.

Edit:
Ocse e Fmi appaiono costernati.
Gli organismi internazionali: “Fare previsioni è il nostro mestiere e non ci fermeremo” “Ci risiamo con gli attacchi”.

Un portavoce della Commissione europea ha replicato così all’ultima esternazione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: “Non è la prima volta che attacca gli organismi internazionali. La reazione più appropriata ci sembra quella di non commentare per non alimentare nuove polemiche”.

Mentre a Parigi sede dell’Ocse, a Bruxelles sede della Commissione europea, a Washington sede del Fondo monetario internazionale sono rimasti sorpresi e increduli.
Ma anche zitti. Perché nessuno ha avuto voglia di entrare in polemica con questo nostro capo di governo.
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