Che la cantavo anch’io contessa 😀

Scrivendo che il concetto stesso di “cultura di massa” non era altro che una interpretazione dei maggiori pensatori liberisti e “fordisti” che vedevano in una classe operaia colta e preparata uno degli elementi basilari della crescita della produzione, se vogliamo uno strumento per meglio sfruttare gli operai ho evidenziato la distinzione di due aspetti fondamentali della produzione di ricchezza e profitto: le rendite fondiarie o latifondiste e quelle basate sul moderno capitalismo industriale.

I grandi (e spesso antichi) proprietari terrieri per produrre derrate alimentari necessitano di mano d’opera di bassissimo livello, priva di istruzione e pretese e da pagare il meno possibile. Gli schiavi insomma.

All’opposto per far funzionare moderne fabbriche occorre una mano d’opera specializzata, colta e preparata e che ottenga una buona retribuzione. Il concetto stesso di Fordismo, quasi una filosofia negli Stati Uniti, sostiene che ricchezze e profitto possono essere raggiunti pagando alti salari agli operai, permettendo così loro di acquistare in massa la produzione che hanno essi stessi prodotto.
Il contrasto tra la necessità di questa mano d’opera specializzata, colta e ben pagata degli industriali e quella grezza e di basso livello degli agrari appare in evidente contraddizione e come sappiamo proprio in USA ha portato ad una guerra civile tra il nord industriale ed il sud latifondista.

In Italia con lo sviluppo industriale post bellico abbiamo visto un rapido aumento della qualità del lavoro, della vita dei lavoratori e dei loro salari, terminato però negli anni ’90 con lo spostamento di massa della produzione manifatturiera all’estero (Polonia, Romania, Cina, India ecc.) e con una profonda crisi dell’industria nazionale, e con essa delle condizioni operaie.

Impressionante è il paragone che qualcuno ha azzardato tra la rendita latifondista e quella dello spettacolo di massa generalizzato, (dalle TV agli stadi).
Ad ambedue non servono masse operaie preparate e ben pagate, ma solo individui di basso livello da assoggettare, schiavi da una parte e spettatori lobotomizzati dall’altra, ambedue per ragioni differenti asserviti ed incolti, non pensanti ed obbedienti.

Vi sono dunque capitalisti industriali in crisi diciamo d’identità, che continuano a necessitare di uno Stato svelto e democratico, leggero e moderno, e di dialogo, confronto e pace sociale (anche se spesso hanno diversamente risolto le loro situazioni economiche), che appaiono apertamente in conflitto con l’attuale realtà capitalista dominante, molto più conservatrice ed antidemocratica, alla quale dialogo e pace sociale appaiono non solo superflui ma inutili zavorre da trascinare e delle quali liberarsi al più presto.


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