E così perdiamo pure la Casa del Popolo

Terzi sull’Unità di oggi dice: “stanno smantellando un progetto. E io non ci sto“.

Il gruppo di ex democristiani presenti nel Pd, a cui si sono subito integrati tutti i “vecchi” del Pci-Pds-Ds, sostenuti convintamente dai “giovani” Turchi e meno turchi, da Renzi a Orfini fino a Fassina, si sono di fatto impadroniti del Pd, ne stanno dettando in stanze segrete nuovi dirigenti e organigramma, nuovo Statuto e Regolamenti, e ovviamente nuova linea politica: quella della collaborazione spartitoria con la destra malavitosa ad oltranza.

Il Congresso, dove si sarebbe dovuto discutere e far confrontare le tante anime e le cento posizioni presenti nel partito è di fatto aggirato e sarà solo una farsa dove verrà ratificato-ufficializzato ciò che altrove è già stato deciso.

Vicenda convulsa di cui il Pd non è vittima ma artefice, con clamorosi quanto appariscenti contrasti sulle manovre di palazzo Cencelli Style,  e archiviazione del fine politico che giustificava l’esistenza stessa del partito.  Ciò che rimane, l’unico fine che resta in piedi è il mantenimento ad oltranza dell’attuale ventennale sistema di collusione consociativa, a cui tutto deve essere sacrificato in nome dell’arraffamento continuato.

E certo non si tratta del ritorno alla Dc, ma è un nuovo mostro politico dove le identità, tutte, sono dissolte. E Bersani è stato e probabilmente sarà parte attiva di questo progetto, ingannando di fatto 8 milioni di elettori che hanno creduto nel suo “cambiamento“.   Adesso tocca a quei politici che conoscono solo il linguaggio del potere, e sanno come applicarlo brutalmente. Sfacciatamente.

Ed è più che evidente che il Presidente Napolitano sia l’autorevole regista di questa squallida messa in scena, ed uno dei primi sciagurati passi che si appresta a far compiere a questi debosciati è lo stravolgimento della nostra Costituzione. La missione dichiarata, spudorata del Pd è solo di continuare a fare affari con il berlusconismo, stavolta a carte scoperte, e di questa operazione essere guida e forza trainante. E a chi si mette di traverso non si riconosce nessuna legittimazione, che per loro è solo un peso morto di cui liberarsi in fretta. La naturale crisi interna che si è prodotta è soffocata da minacce di espulsione e vari autoritari atti di imperio, nella convinzione che i tanti recalcitranti peones, messi spalle al muro, optino per una obbediente sottomissione, per inerzia o per paura, … o per benefici promessi.

È la conclusione più squallida e putrida che si potesse immaginare.

E adesso è giunto il momento della decisione, il momento in cui le tante anime più o meno dissidenti, quelli che “non ci stanno“, devono prendere posizione.  Ma visto l’andazzo, visto come i giochi siano già fatti e decisi, dubito che si possa arrivare a confronti o chiarimenti.  E non ci saranno scissioni o spaccature ma semplicemente chi non subisce passivamente il dictat sarà buttato fuori. Che non è cosa di poco conto; in una scissione si valutano e dividono beni e averi, (miliardi, primo tra tutti le migliaia di Case del Popolo ereditate dal Pci) invece a chi è espulso non tocca nulla.

Vedremo dunque molto presto chi alla fine sceglierà di partecipare a questa spartizione affaristica o deciderà per l’espulsione. Perchè ora non si tratta più di lasciare il Pd, ma è il Pd che, ripudiato e lasciato andare alla deriva il suo progetto iniziale, butta fuori chi ci ha creduto.

A Persiceto e nei Comuni di Terred’acqua la situazione appare tutt’altro che chiara; diciamo “fluida“. Il Segretario di Persiceto Tartari, così come i vari Sindaci come Renato Mazzuca, Irene Priolo o Valerio Toselli al momento appaiono solidali a chi ha rifiutato l’inciucio, come gli emiliani Thomas Casadei e Antonio Mumolo, ma tutti dovranno affrontare una difficile Elezione Amministrativa la prossima primavera e quasi tutti molto probabilemnte decidere con chi allearsi – visto che probabilmente nessuno avrà più la maggioranza – (Persiceto sicuro) e scegliere tra schierarsi con il M5S, e quindi entrare a far parte dei dissidenti con cacciata dal partito, (mortificante – ma illuminante – l’esempio offerto da Claudio Broglia; appena arrivato in Senato da Sindaco di Crevalcore, in poche ore si è immediatamente allineato alla linea inciucista), o inciuciarsi col Pdl anche localmente, seguendo le tracce della porcheria nazionale.

In tutti e due i casi comunque, prepariamoci a perdere le nostre Case del Popolo, quelle dove da 60 anni tutti siamo stati camerieri e muratori, amministratori e sostenitori, attivisti e volontari, e che ora passeranno in ben altre mani.

  1. Dal Fatto Quotidiano; Padellaro:


    ” La base del Pd è in rivolta contro le larghe intese strette con il Pdl di Silvio Berlusconi. C’è chi aspetta il congresso sperando nella rivincita della sinistra interna, magari con l’arrivo della cavalleria di Rodotà. C’è chi vorrebbe staccare la spina subito, per creare l’anelato “nuovo soggetto politico”, ma teme che, come spesso in passato, i sogni muoiano all’alba. Molti si chiedono sgomenti come sia potuto accadere. Ecco come.
     

    Breve riepilogo. Nel settembre 2012 Mario Monti annunciò con tono perentorio alla Cnn: “Non correrò alle elezioni, sono senatore a vita”. Una dozzina di volte almeno prima della scadenza del settennato, Giorgio Napolitano aveva escluso decisamente una rielezione, arrivando a definire questa ipotesi semplicemente “ridicola”. Anche dopo i risultati del voto di febbraio non si contano le dichiarazioni di esponenti del Pd ferocemente contrari a un governo con Berlusconi: da Bersani a Franceschini, dalla Finocchiaro a Massimo D’Alema a cui si deve un no senza se e senza ma: “Non è possibile che, neppure in emergenza, le maggiori forze politiche del centrosinistra e del centrodestra formino un governo insieme”. Di Silvio Berlusconi, Enrico Letta ha detto cose piuttosto pesanti, arrivando a definirlo “patetico e bollito”. Così l’8 aprile scorso il vicesegretario del Pd dava il colpo di grazia a qualsiasi possibilità di accordo con il Pdl: “Il governissimo come è stato fatto in Germania qui non è attuabile”. Sappiamo com’è finita. Monti si è candidato con un suo partito. Napolitano si è fatto rieleggere. Letta è il premier del governissimo, sostenuto da tutto il suo partito, tranne un paio di giapponesi dispersi nella giungla. Amen.

    Inganno e disprezzo. Dell’uso del tradimento in politica si è occupata, tra i tanti, Hannah Arendt spiegando che, se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori. Al militante disprezzato si indicano prospettive in cui non si crede minimamente e che al momento giusto vengono disattese, comportandosi anzi all’opposto. Se altrove l’inganno elettorale è un mezzo cinico per sgraffignare qualche quota di potere, nel caso italiano si è dimostrato un raggiro con inevitabili catastrofici effetti. Nel voltafaccia di Monti era in qualche modo incorporata la sconfitta, mentre la giravolta piddina nasconde tragicamente il germe dell’autodistruzione. Non finiremo d’interrogarci sulla sequenza di fatti che hanno portato al tradimento della volontà di più di 8 milioni di elettori democratici, i cui voti sono diventati carta straccia sotto i piedi del Caimano. Continueremo a chiederci (con molti sospetti) se dietro l’affondamento di Marini e di Prodi nella corsa al Quirinale ci fosse il ferreo proposito di ricandidare il Napolitano, che infatti si è fatto convincere subito. Ma è un fatto incontestabile che, in poche ore e tra gli applausi, il presidente bis abbia costretto il Pd a tagliarsi le vene per rifornire di sangue fresco un governo che, probabilmente, servirà da piattaforma elettorale per il Cavaliere. Il quale, sondaggi alla mano, punta (nel prossimo autunno o a più tardi nella primavera del 2014) a una nuova clamorosa vittoria che potrebbe spianargli la strada verso il Quirinale con tutti i benefici del caso (il Caimano che presiede il Csm: neanche nel film di Moretti si arrivava a tanto).

    La nuova Dc. Se alla fine l’unico risultato ottenuto fosse la propria frantumazione e il trionfo dell’ex nemico, ci sarebbe seriamente da dubitare delle facoltà mentali del gruppo dirigente (?) di largo del Nazareno. Ma forse c’è un disegno più complesso e ambizioso che, con la regia di re Giorgio (da sempre esegeta della mediazione e del compromesso), persegue la ristrutturazione del quadro politico nazionale: la formazione di un nuovo centro attraverso la saldatura dei moderati del Pdl con i moderati Pd. Una sorta di nuova Dc del Terzo millennio con il taglio dell’ala destra (già in parte avvenuto con la nascita di Fratelli d’Italia) e dell’ala sinistra (quella in gestazione che guarda a Barca, Rodotà, Vendola, Landini, Ingroia). Con il M5S di Grillo a fare da terzo incomodo. Fantapolitica? Non proprio, visto che sull’ossessione del grande centro (benedetto, inutile dirlo, dalla Cei del cardinal Bagnasco e dalla Confindustria) si sono bruciate le vanità prima di Casini e poi di Monti. Del resto, i plotoni di ex e nuovi dc che compongono l’esecutivo dc doc Letta-Alfano, sono già il preludio della sinfonia. Adesso tocca al Pd dissolversi e, mentre la base è in tumulto, il naufragar gli è dolce in questo mare.

  2. A PERSICETO le alleanze, per le amministrative sono già fatte. Guardiamo come è andato con la PARTECIPANZA e i giochi sono fatti . Avremo una maggioranza formata da PD PDL. Speriamo che i PERSICETANI, si guardino attorno, sappiano CAMBIARE. Io con il PUTTANIERE non voglio andarci, quindi voterò M5stelle, spero in una coalizione con la SINISTRA. Per quello che riguarda le CASE del POPOLO, è una VERGOGNA ma per questo PD, la vergogna non hà limiti.VERGOGNA !!!!!!!!!!!!!! 

  3. Certo, la parola d’ordine ormai è e sarà “VERGOGNA”!!!

    Credo anche io che “l’inciucismo” nazionale rischierà di diventare anche “inciucismo” locale, e l’esempio che fai tu Leonildo, è vergognosamente lampante.

    Comunque, come andrà a finire alle prossime elezioni amministrative, lo vedremo poi e comunque voteremo contro questo “PDC” “Partito Democratico Cristiano”.

    Ma non ci sfuggirà, nell’immediato, la trasformazione di questo PD e cosa ne sarà del Patrimonio e delle Case del Popolo frutto dei sacrifici dei nostri padri e nonni Comunisti, senza dimenticare anche l’apporto della nostra generazione alla gestione e alla partecipazione, in vari modi, del nostro bene comune Ideale e Materiale.

    Non sarà mai, pena l’occupazione, che la Casa del Popolo di Persiceto, e spero anche di quelle di tutt’Italia, cada nelle mani degli ex democristiani che allora costruivano la loro casa del popolo, il “Fanin”.

    Per non morire democristiano basta non votare più “PD-C”, ma per non dargli in mano la nostra storia, ricorreremo non di certo solo alla matita…