Fine della democrazia

L’Avvocato Pietro Palau Giovannetti, Presidente dell’Associazione Movimento per la giustizia ‘Robin Hood’, ha contestato i sostenitori dell’imputato Berlusconi che urlavano slogan contro la Magistratura.

E’ stato subito afferrato e portato via in malo modo da agenti della Digos con la scusa di doverlo identificare.

Di fatto gli è stato impedito di esprimere il suo parere di fronte a chi manifestava contro i Giudici.

Ora è palese, la libertà di parola non esiste più; è  la fine della democrazia ragazzi.

Avvocato_PalauOgni giorno ce ne viene scippata una fetta ed ora il limite è superato.

E’ un Avvocato che lavora, è anziano ed è la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi e lì a palazzo giustizia ci sono le gigantografie di 3 giudici caduti nell’adempimento del loro dovere, uccisi dal terrorismo.

Non ce la fa a sentire gli slogan contro i Magistrati delle comparse dell’imputato Berlusconi e li contesta.  E viene strapazzato come un volgare teppista, per consentire alle comparse pagate di continuare indistrurbati il loro lavoro di sputtanamento della Magistratura.

Siamo al fascismo; il prossimo step sarà l’imposizione di “viva il duce” sotto minaccia di olio di ricino e manganello.

Osama è morto, Bin Laden è vivo

La notizia di questi giorni è la morte dell’imprendibile Osama Bin Laden. Si trova su tutti i giornali, in televisione, sui principali siti Internet di informazione, tutta la blogosfera si rincorre per fornire quante più informazioni possibili in merito alla vita e la morte dello sceicco del terrore, arrivando al punto di far girare delle immagini false anche piuttosto impressionanti.
Sul blitz operato dai Navy Seals statunitensi vi sono, però, non poche discordanze. Ad esempio gli americani hanno sostenuto che i pakistani fossero al corrente dell’operazione, circostanza poi smentita dal governo pakistano. La spiegazione è stata che gli USA temevano potessero avvertire il loro obiettivo.

In realtà tutto ciò interessa poco, quello che ci preme sottolineare è, piuttosto, l’evidentissima contraddizione tra quanto asserito dal presidente degli Stati Uniti d’America al momento dell’annuncio dinanzi alle telecamere e quanto sostenuto poco dopo dalle istituzioni americane. Barack Obama ha sottolineato come adesso il mondo sia un posto più sicuro, e a Washington e a New York centinaia di persone sono scese in strada cantando “USA, USA, Obama, Obama”, sventolando, tra urla di gioia, bandiere a stelle e strisce. Di sicuro nelle prossime ore i sondaggi che misurano l’umore degli Stati Uniti si impenneranno in modo da tacitare tutti coloro che in questi giorni si chiedono se il paese è sul wrong track, il binario sbagliato, e così il presidente Obama, dopo mesi piuttosto tristi segnati dalle difficoltà economiche, dall’occupazione stagnante, dal rialzo del prezzo della benzina, riacquisterà consensi.
Qualcuno a questo punto potrebbe sostenere che la conclusione sia la solita banalità, cioè che il solito presidente americano per riguadagnare in sondaggi presenta all’opinione pubblica un coup de theatre. Il problema è che le presidenziali sono ancora lontane, si terranno infatti il 6 novembre del 2012. E non dobbiamo dimenticare che George Bush raggiunse alti picchi di popolarità dopo la guerra del Golfo nel 1991, ma perse le elezioni l’anno dopo a causa dei cattivi risultati economici. Quindi sarebbe forse riduttivo pensare che Obama abbia cercato un modo facile di guadagnarsi la rielezione.

Torniamo quindi alla nostra contraddizione in particolare evidenziando come, immediatamente dopo l’annunciò trionfalistico del presidente americano, i preposti agli organismi di difesa e di sicurezza interna si sono affannati subito a spiegare che si aspettano nel futuro, non si sa se immediato o meno, delle reazioni anche piuttosto violente da parte dei seguaci di Osama, e quindi di Al Qaeda. Ma, non ci avevano appena detto che adesso il mondo è più sicuro?

Forse la domanda che ci dovremmo porre è un’altra, ad esempio dovremmo chiederci se veramente Al Qaeda esiste. Sono anni infatti che i media occidentali ci rappresentano Al Qaeda come se fosse una specie di Spectre a livello mondiale, che controlla e supporta tutti gli atti terroristici verificatisi sul nostro pianeta. Cadono le torri gemelle e si accusa Al Qaeda, degli attentati a Londra è responsabile Al Qaeda, in Spagna lo stesso!
L’impressione è che gli occidentali, in particolare i cittadini americani, siano tormentati dalle chiacchiere fantasiose sul terrorismo credendo che la più grande minaccia per gli Stati Uniti e in genere per i paesi occidentali, sia il terrorismo internazionale e che questa minaccia stia diventando sempre più terribile. Proprio nel momento in cui un relativo periodo di calma potrebbe indurre a ritenere che il terrorismo internazionale sia in qualche modo sopito, interviene qualcosa che ci ricorda che è lì, che esiste, che è pericoloso, e non possiamo dimenticarcene.

Però, a ben ricordare, qualche tempo fa la BBC riportò che alcuni analisti suggerivano che la denominazione Al Qaeda era utilizzata per riferirsi ad una varietà di gruppi non connessi tra loro se non per un generale ideale e per i metodi utilizzati.

Dopo ognuno degli attentati attribuiti ad Al Qaeda ci hanno raccontato che il fondamentalismo islamico e i seguaci dello sceicco del terrore avevano esultato. Peccato che noi occidentali non abbiamo alcuna possibilità di controllare esattamente chi erano quelli che hanno esultato.
Da anni la divisione mediatica di al Qaeda continua a produrre e mettere in giro incessantemente filmati propagandistici di ottima qualità tecnica, circostanza che evidenzia forti disponibilità logistiche e finanziarie. Ma quanto è credibile un movimento che si rapporta con una popolazione che non ha una effettiva dimestichezza con il mezzo televisivo e, un po’ per la povertà generalizzata dei paesi islamici, non può probabilmente nemmeno permettersi un televisore?
Non c’è in tutto questo un’impronta spiccatamente occidentale anzi oserei dire anche hollywoodiana?
La rete del terrore di Osama Bin Laden, in realtà, appare un fenomeno molto occidentale se semplicemente guardiamo i video trasmessi in questi anni, tutti griffati da una sorta di casa di produzione. La guerra di Al Qaeda per instillare il terrore nel mondo occidentale è combattuta esclusivamente a colpi di immagine. A questo punto ci sorge un dubbio: Al Qaeda esiste?

Se si guarda alla storia che sta dietro questa entità inafferrabile ed il suo simbolo, Osama Bin Laden, non sono pochi i dubbi che sorgono. Dopo gli attentati alle torri gemelle, infatti, il presidente Bush tutto fa tranne che inseguire Osama!
Preferisce invadere Afghanistan e Iraq piuttosto che correre dietro lo sceicco del terrore, e, imbracciando la bandiera a stelle strisce, con un invito patriottico alla liberazione, si imbarca una guerra che, a fronte di circa 2500 morti nel crollo delle torri gemelle determina, basandosi su stime molto riduttive, la morte di almeno 900.000 persone. E tutto questo in nome di una guerra al terrore globale, in nome di una guerra preventiva (attacchiamo prima di essere attaccati), una guerra contro un nemico invisibile del quale non abbiamo nemmeno prove effettive della sua esistenza e che genericamente è stato identificato appunto con Al Qaeda.
Ma allora, perché abbiamo invaso l’Iraq? Perché, invece, non abbiamo invaso il Pakistan, dove poi è stato trovato lo sceicco?

Il 29 gennaio 2010 la commissione affari esteri francese convoca Alain Chouet, capo della DGSE, il controspionaggio francese, per dare una valutazione sul Medioriente. Chouet esordisce sostenendo che, sulla base di informazioni serie e verificate, Al Qaeda sia morta sul piano operativo nelle tane di Bora Bora nel 2002. Dei circa 400 membri attivi, meno di una cinquantina di seconde scelte sono riusciti a scampare, a parte Osama e Al Zawiri che non hanno attitudine sul piano operativo, e tutti vivono in zone remote e in condizioni precarie, disponendo di mezzi di comunicazione rustici od incerti. Del resto, precisa Chouet, pare chiaro che nessuno degli attentatori di Londra, Madrid, Bali, Casablanca, ecc…, abbia avuto contatti con l’organizzazione, come del resto non c’erano musulmani negli attacchi all’antrace a New York. Secondo Chouet Al Qaeda sembra più che altro invocata da pseudo esperti al punto da rianimare un cadavere del quale poi non si sa più come sbarazzarsene.
Forse era arrivato il momento di sbarazzarsi di questo cadavere!

Pierre-Henry Bunel, ex agente dei servizi segreti militari francesi, nel 2005 sostiene: “La verità è che non vi è nessun esercito islamico o gruppo terrorista chiamato Al Qaeda. Ed ogni ufficiale di intelligence informato lo sa. Ma vi è una campagna di propaganda per fare credere al pubblico della presenza di una entità identificata che rappresenta il ‘diavolo’ solamente per condurre il ‘telespettatore’ ad accettare una leadership internazionale unificata per una guerra contro il terrorismo. Il paese dietro questa propaganda sono gli USA ed i lobbisti della guerra al terrorismo degli USA sono interessati soltanto a fare soldi”.

Certo, i francesi non sono i migliori amici degli americani. Ma cosa dicono i britannici?
Robin Cook, ex ministro degli esteri britannico, nel 2005 afferma: “Al Qaeda non è realmente un gruppo terrorista, ma un database di mujaheddin e trafficanti d’armi internazionali utilizzato dalla CIA e dai sauditi per incanalare guerriglieri, armi e denaro nell’Afghanistan occupato dai sovietici”.
Ian Blair, comandante della Polizia Metropolitana di Londra, sempre nel 2005, commenta: “Al Qaeda non è un’organizzazione. Al Qaeda è un modo di operare”.

La verità è che a noi occidentali hanno voluto far credere che il mondo islamico sia un unico blocco in perenne guerra contro il mondo occidentale. È il modo di vedere le cose di certi personaggi che fomentano la guerra per loro esclusivo interesse. Ma in realtà il mondo islamico è enormemente diviso, tra arabi e non arabi, molti non sono musulmani, in paesi come Indonesia, India, Bangladesh, Cina, Malesia, Pakistan, Iraq, Turchia non sono arabi, e dopo l’11 settembre sono ancora più divisi, basti pensare al conflitto tra sunniti e sciiti dal Pakistan all’Iraq.
Principalmente, però, il mondo islamico è diviso tra opulenza e povertà, ci sono pochi ricchi che fanno parte delle elite che governano quei paesi e spesso questi governanti sono supportati proprio da quei paesi occidentali che alimentano la paura verso l’islamico. L’elite controlla il denaro e le forze armate e tende ad allearsi segretamente con i paesi occidentali.
E dopo l’11 settembre i despoti hanno barattato la repressione degli islamisti con la propria conservazione!

Quindi, di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di una disinformazione di massa a livello mondiale che ci porta credere che esiste un nemico lontano che cerca in qualsiasi modo di abbatterci, e che noi occidentali siamo obbligati per la nostra sopravvivenza a determinate scelte, scelte spesso impopolari e dannose per noi stessi occidentali. Sono scelte che riducono la nostra libertà, che limitano i nostri diritti, che paralizzano il diritto all’informazione, e ci sottraggono le libere scelte democratiche. Tutto questo in nome della sicurezza.
Da quando si è creato il mito del terrorismo internazionale, che nella realtà fa ben pochi morti se andiamo a confrontarli con l’enorme quantità di decessi determinati dalle scelte scellerate delle grandi multinazionali (pensiamo alla catastrofe nucleare avvenuta in Giappone, oppure alla marea nera che invaso le acque al largo degli USA), da quando si è alimentato questo mito del terrorismo internazionale le aziende di sicurezza interna ed esterna hanno decuplicato i loro guadagni, e spesso, andando a spulciare i nomi dei loro consiglieri, troviamo molti dei personaggi che comandano gli organismi di sicurezza interna ed esterna. Sono quelle stesse persone che alimentano la paura verso il diverso.
Noi occidentali siamo portati quindi a pensare che vi sia un blocco islamico, per cui il semplice vedere una persona di carnagione più scura, o col turbante, o con una veste arabeggiante, o con un nome strano, ce lo fa etichettare come arabo, islamico, e quindi ne abbiamo paura. Anche se quella persona poi è lì nel nostro paese da generazioni, non ha mai avuto contatti con un paese arabo o con un islamico e casomai parla il nostro stesso dialetto. Per noi sempre arabi sono.

Ed è così che si possono leggere dei titoli assurdi sui giornali occidentali che parlano di vendetta dei morti di New York, Madrid o Londra. Mentre in Italia ancora si rincorrono i colpevoli delle stragi degli anni di piombo, noi siamo soddisfatti di aver punito lo stragismo islamico, di aver salvato l’onore dell’Occidente.
Ed è così che anche il presidente buonista, da Nobel della pace, Obama ha utilizzato la metafora della mano tesa e del pugno chiuso. Sconfiggendo i suoi peggiori nemici, i pacifisti, sullo stesso terreno di Bush: “Justice has been done”, giustizia è fatta!

Ma non sarà, invece, che quest’operazione militare serve a distogliere l’attenzione dal problema di Guantanamo, che si è fatto negli ultimi anni sempre più imbarazzante?
Tra le scarne notizie filtrate dall’amministrazione americana, infatti, risulta che le informazioni fondamentali per scovare il covo dello sceicco del terrore vengono proprio da lì. Forse una giustificazione a posteriori degli orrori di Guantanamo?

Nel 2007 anche il capo della polizia italiana, Manganelli, in un’indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia svoltasi presso la prima commissione affari costituzionali della camera dei deputati, in una audizione sostenne che in realtà non esiste una organizzazione strutturata come Cosa Nostra che ha le sue filiali ufficiali nei vari paesi, ma c’è un modus operandi, una sorta di franchising. C’è il marchio Al Qaeda, il che non significa che tutto quanto viene fatto viene preventivamente benedetto dal vertice di un’aggregazione che riteniamo non esista. Così conclude Manganelli.
Quello che vuol dire Manganelli è che esiste semplicemente un movimento insurrezionale dell’estremismo islamico che si ispira ad Al Qaeda, che non esiste un vertice, una sorta di organizzazione che controlla questi gruppuscoli terroristici, che Al Qaeda è semplicemente un’invenzione dell’Occidente per semplificare le cose. Non è, quindi, che i terroristi non esistono, di sicuro non vogliamo sostenere le elucubrazioni complottistiche in base alle quali tutto è falso, tutto è menzogna, quello che ci dicono gli esperti è soltanto che Al Qaeda, per come la si presenta sui media, non esiste, e che i terroristi difficilmente sono organizzati come si vorrebbero far credere. a livello mondiale.
Non c’è nessuna Spectre del terrore, non c’è un’organizzazione verticistica gerarchica che coordina i gruppi terroristici, ma è una favola di stile hollywoodiano che s’ispira stranamente tanto alla Cosa Nostra americana. Quello che invece esiste sono solo gruppi terroristici sparsi e spesso in conflitto tra loro, talvolta con motivazione molto differenti, che genericamente si ispirano ad Al Qaeda come un simbolo da agitare di fronte alle folle oppresse.

Sotto questo profilo giova anche ricordare che quelli che oggi vengono definiti jihadisti, fondamentalisti islamici o semplicemente terroristi, una volta erano, per il vecchio Reegan, combattenti per la libertà. Siamo parlando del ‘79 quando gli americani supportavano i prodromi di questi gruppi, che noi oggi chiamiamo Al Qaeda, nei quali si formava un giovane Osama Bin Laden. All’epoca non è, come la storia occidentale o più esattamente la dietrologia occidentale ci porta a credere, che gli americani crearono questi terroristi. Questi gruppi esistevano già e combattevano per la loro libertà contro l’unione sovietica. Gli USA si limitarono a supportarli, in tal modo alimentandoli, ma loro, primo tra tutti Osama Bin Laden, erano convinti della loro battaglia e credevano fermamente che la caduta dell’Urss fosse dovuta proprio alla loro strenua resistenza.
Quindi, se la mitologia occidentale racconta di una Osama Bin Laden come frutto di operazioni segrete della C.I.A., dall’altra parte del mondo Osama è colui che sconfisse l’invasione russa facendo cadere il comunismo, sfruttando nel frattempo le risorse che gli stupidi americani fornivano loro. E dopo aver vinto la sua prima battaglia contro l’Urss, Osama, al Qaeda, il jihadismo, si sono rivolti contro l’imperialismo americano.

È la solita storia della convergenza di interessi che porta a creare ed alimentare i personaggi dell’organizzazione dedita al male, e a mitizzarla. Un po’ come si è fatto con la mafia in Italia, nata, si narra, grazie all’appoggio degli americani quando la liberarono, e poi alimentata nel tempo dai governanti italiani che la utilizzavano (o la mafia utilizzava loro??!!) per la perpetuazione del loro potere. È la solita sporca convergenza di interessi che ad un livello superiore trova un accordo in camere di compensazione, fino a quando quegli interessi non divergono, e allora quel file deve essere chiuso.

Al Qaeda è un trucco del tutto occidentale, una tecnica per creare e identificare un nemico, una tecnica utilizzata a più riprese in ogni dove, come anche in Italia quando, nei momenti di difficoltà, certi politici accusano un comunismo che non esiste più da anni, attaccando invece il dissenso e le forze di opposizione. È un modo per dirottare la coscienza e il pensiero delle persone, perché come tutti sanno è molto più facile spostare la direzione di un corpo in movimento che fermarlo, quindi dirottare l’aggressività di un popolo verso un nemico creato ad hoc è l’operazione più semplice, e per questo più utilizzata, tra le tecniche di disinformazione di massa.

Forse la prima vera domanda che ci si dovrebbe porre è: chi è un terrorista, chi un arabo, chi un islamico. Provate ad immaginare cosa significa in un paese extracomunitario chiedere un passaporto per l’occidente, un visto per persone disperate che vengono da paesi dove la differenza tra la vita alla morte è ormai insignificante. Quel visto significa umiliazione, pericolo per la propria vita, rischiando di rimanere incastrati in una rete di corrieri di droga e di prostituzione, rischiando di finire sulle strade se si è una donna, di finire a spacciare o, peggio, morto, se sei un uomo. Se ti va bene finisci a lavorare come schiavo nella raccolta della frutta.
Chiedete ad un albanese o un senegalese o un marocchino cosa significa permesso di soggiorno. Risponderanno: file, documenti, burocrazia, soldi, tanti soldi. E basta un solo misero timbro che manca per spezzargli tutte le sue speranze. Mentre, contestualmente, i listini elettorali italiani vengono realizzati con firme false, timbri che mancano, leggi che non si rispettano!
Provate a domandarvi cosa è un kamikaze. Provate a domandarvi cosa pensa una persona chiusa in un ghetto senza nulla, senza una casa, senza un lavoro e nemmeno un pezzo di carta con sopra scritto il proprio nome e cognome. Provate a pensare cosa sarebbe disposto a fare quella persona semplicemente per lasciare quel luogo, per avere una vita diversa, che probabilmente non sa nemmeno immaginare. Provate ad immaginare cosa sarebbe disposto a fare quella persona per salvare i propri figli da morte certa!

Ecco, allora invece di chiedersi se Osama Bin Laden è morto o vivo, invece di chiedersi quando è morto, forse ci sono tante altre domande molto più importanti che dovremmo porci ogni giorno.
Ad esempio, tanto per rimanere in tema di immigrazione in Italia, visto le polemiche che si sono avute a seguito della guerra civile in Libia e il riversamento in Europa di tanti extracomunitari, chiediamoci perché il governo ci dice che sono troppi gli stranieri, che non possiamo accoglierli, che se ne devono andare, quando nel frattempo il ministero del lavoro in un dettagliato rapporto del 23 febbraio scorso sostiene che per reggere al sistema Italia occorrono 2 milioni di immigrati in più nei prossimi 10 anni. Il fabbisogno di manodopera, cita la direzione generale dell’emigrazione, è legato a domanda offerta di lavoro, dal lato dell’offerta si prevede una diminuzione della popolazione in età attiva dal 5 all’8%. Dal lato della domanda l’occupazione dovrebbe crescere tra lo 0,2 e lo 0,9%. A conti fatti nei prossimi 10 anni avremo bisogno di più di 2 milioni di lavoratori stranieri.
Questi dati smascherano la demagogia in materia di immigrazione, e ci chiariscono una volta per tutte che il vero problema delle democrazie occidentali in questo momento è l’informazione che la gente non ha. La maggioranza dei media di comunicazione sono concentrati nelle mani di pochi uomini, in Italia uno, e tutto ciò vuol dire che gli italiani, ma in generale gli occidentali, non hanno le informazioni giuste per decidere, anzi semplicemente non hanno gli strumenti per capire, perché non si pongono le domande giuste. Anche le domande sono scelte dai mass media!
E finché gli occidentali si porranno le domande sbagliate, le elite governanti non avranno mai nulla da temere.

La mitizzazione dello sceicco delle terrore e della sua creatura serve solo a farci avere paura e a farci vivere nel terrore, per distrarci dai problemi reali. Tra tutte le minacce che incombono sul nostro capo, se leggiamo attentamente le cifre dei morti per atti di terrorismo, scopriamo che la minaccia terroristica anche se è la più spettacolare è di sicuro quella meno importante. È però strumentalizzata, gonfiata, spesso anche in buona fede, per deviare l’attenzione dalle situazioni che realmente incombono su di noi.
I veri pericoli sono altri: l’inquinamento, la crisi finanziaria, la povertà economica e culturale in enorme espansione. Sono anni che leggiamo cifre in base alle quali i ricchi sono sempre più ricchi, ma sempre meno di numero, a fronte di un sempre maggiore numero di poveri, ma sempre più poveri. La ricchezza aumenta, ma solo pochi ne traggono vantaggi, per gli altri resta la paura, la paura di perdere quel poco che hanno conquistato in anni di sudore.

È allora forse dovremmo comprendere che ogni volta che ci viene presentata una verità precostituita, specialmente quando alcune informazioni forniteci sembrano palesemente assurde, non dobbiamo fermarci ma porci domande. Ad esempio sembra piuttosto assurda la ricostruzione presentata dagli americani sul blitz. Che senso ha uccidere Osama se davvero era disarmato? Quante informazioni avrebbe potuto dare lo sceicco del terrore? O forse già sapevano che non aveva nulla da dire?
Forse è per questo che non ci sono ancora in giro foto dello sceicco morto.
Dei dittatori e tiranni del passato abbiamo sempre delle immagini da morti, e certamente non si può dire che non siano raccapriccianti. Eppure gli americani, troppo sensibili, hanno tenuto a precisare che non forniranno quelle immagini perché troppo raccapriccianti. Saranno forse più raccapriccianti delle immagini che continuamente sforna Hollywood?
Saranno più raccapriccianti delle false immagini di Osama Bin Laden morto che circolano in questi giorni?
Forse sarebbe il caso che rilascino queste immagini, quantomeno per fermare questo stillicidio di fake che girano di continuo. Ma forse quelle immagini non ci sono perché Osama lo stanno interrogando in questo preciso momento. E’ un’ipotesi, perché no?

E forse dovremmo comprendere che Al Qaeda non è altro che un pezzo della strategia della tensione del 21º secolo, quella strategia dettata per interessi economici e politici dell’elite dominante.
Si tratta di un pezzo della guerra psicologica basata sul meccanismo della ripetizione, si ripete un fatto così spesso da farlo diventare reale. In Italia lo sappiamo bene.
Poi hanno affinato la tecnica negli anni, così inseriscono vari livelli di menzogne, in modo che la gente possa notare le contraddizioni e così anche i complottasti dell’ultima ora sono soddisfatti. Quando si portano così tante informazioni alla gente, così tutte in contraddizione tra loro, l’effetto è il solito, tutto viene trattato allo stesso modo, tutto viene ritenuto falso, e quando un pezzo di verità finalmente verrà fuori, sarà troppo tardi, la gente la bollerà come menzogna come tutto il resto.

La condizione necessaria perché le operazioni di guerra psicologica possono avere successo è di creare nella popolazione frustrazione, insicurezza e paura. Sono le situazioni classiche che riducono l’uomo ad uno stato di sottomissione, stato nel quale le sue capacità di discernimento e di ragionamento critico sono obnubilate, e la sua risposta alle situazioni contingenti diventa puramente emotiva. L’emotività, lo sappiamo bene, si dirige facilmente, basta lo strumento principe in tale materia, la televisione. Gli elementi di frustrazione ed insicurezza e paura che si realizzano quotidianamente in ogni paese sono i soliti: una tassazione non equa, la corruzione, l’assenza di sicurezza intesa come sicurezza interna (droga, spaccio, piccoli reati), la paura di subire sanzioni ingiuste (multe), di perdere quel che si è faticosamente guadagnato col sudore, la scarsezza delle necessità primarie (abitazione), la mancanza di fiducia nei capi, la mancanza delle risorse (energia)….

È interessante notare che per alcuni di queste elementi in realtà non sussiste alcuna scarsezza. Ad esempio per quanto riguarda le abitazioni possiamo verificare con una ricerca che sono più le abitazioni che le persone che potrebbero abitarle. In realtà le persone sono senza abitazione semplicemente perché queste rimangono sfitte a cause degli affitti elevati. Il guadagno, almeno in Italia, è dato dalla costruzione, non dall’affitto. Ma di ciò la popolazione non è a conoscenza, è la percezione delle persone che fa credere che le case manchino.
Lo stesso accade per l’energia. Analizzando attentamente i flussi energetici verifichiamo che in Italia di energia ce n’è fin troppa, solo che in determinati momenti conviene più prenderla dall’estero che riattivare alcune centrali temporaneamente sopite (ad esempio di notte). In tal modo si crede, erroneamente, che l’energia sia insufficiente.

I mezzi primari di manipolazione mentale sono piuttosto ovvi: scuola, televisione e industria dell’intrattenimento di massa, oppure ad un altro livello: droga, alcool, farmaci.
A scuola, in particolar modo sulla base delle recenti riforme non solo italiane ma anche di altri paesi, insegnano ciò che serve perché la popolazione possa essere produttiva nei termini voluti dal potere. Il resto non serve, la scuola non ha il compito di creare una popolazione che sia critica perché in tal modo potrebbe ribellarsi contro i governanti. Ecco perché il primo obiettivo di ogni classe dominante è di smontare letteralmente la scuola pubblica. I sistemi di istruzione, sia pubblici che privati, devono tendere ad uniformare la popolazione evitando accuratamente di insegnare materie che sviluppino capacità di ragionamento e quindi un pensiero autonomo. Fondamentalmente la scuola ha il compito di instillare pregiudizi e stereotipi che poi prosperano in seguito.
Il passo successivo, ovviamente è dato dalla televisione e i media di massa, quelli per intenderci a senso unidirezionale, mentre Internet è un mezzo bidirezionale anzi multi direzionale e quindi fortemente osteggiato dalle elite dominanti. Anche per questo negli ultimi anni vediamo forti campagne di delegittimazione della rete Internet, e una generale tendenza a concentrare il controllo della rete in poche grandi aziende. Se Internet nasce come mezzo di comunicazione basata sulla parola, oggigiorno si sta sviluppando in senso più televisivo, quindi ecco che nascono i portali basati prevalentemente sul video e le immagini, mentre la parola viene sempre più posta in secondo piano. Non è un caso che il mezzo principe di collegamento alla rete per il futuro è previsto che sia il telefonino ovvero gli smartphone di nuova generazione. Con un telefonino è difficile qualunque dialogo in rete, a differenza di un computer, mentre è molto facile condividere video ed immagini, cioè tutto ciò che tocca principalmente l’emotività, saltando a più pari il pensiero critico.

Molto, se non tutto ciò che ci dicono oggi, in realtà è semplicemente disinformazione di massa per la quale non occorre che il messaggio sia vero ma solo che sia credibile. Anzi paradossalmente più il messaggio è vero meno viene creduto, perché la menzogna è più attraente della verità in quanto fa leva sulle nostre speranze e sui nostri pregiudizi, quelli instillati dalla scuola normalizzata.
La verità, invece, ha la sconcertante abitudine di porre davanti ai nostri occhi l’imprevisto, il non catalogabile, quello che noi non ci aspettavamo e al quale abbiamo difficoltà a credere. Ecco perché gli operatori di comunicazione, i pubblicitari, sanno benissimo che la maggior parte del pubblico non è affatto alla ricerca della verità ma di una menzogna che gli permetta di mantenersi entro gli  schemi precostituiti ed indotti nei quali da sempre la gente si muove. Crediamo a quello che ci dicono perché ci vogliamo credere, perché i nostri schemi mentali sono strutturati per crederci. Anche contro ogni evidenza. Ciò che non concorda viene semplicemente accantonato.
Ed è per questo che spesso semplicemente non ci poniamo le domande essenziali, quelle che potrebbero smascherare la menzogna, perché di fronte alla menzogna non sappiamo più cosa fare. Preferiamo quindi fare come gli struzzi, infilare la testa sotto la sabbia e procedere credendo a tutto ciò che ci propinano, in modo da non dover mettere in discussione il nostro stesso mondo, il nostro stesso modo di essere.

Se è vero, quindi, che l’uomo vede il mondo in termini di precedenti esperienze, pregiudizi stereotipi, preconcetti, e la sua mente tendenzialmente pigra è attratta da tutto ciò che è in grado di dare ad un problema complesso una forma semplicistica, semplicemente discutere di terrorismo internazionale coordinato, supportato da Al Qaeda come se fosse una Spectre uscita da uno dei film di James Bond, è il modo più semplice per andare incontro alle sue esigenze. Esigenze che fanno appello all’emozione, alle immagini, ai miti e ai simboli.

Allora, per tornare al nostro discorso, non sarebbe forse molto meglio porci altre domande? Sarebbe molto più utile, ad esempio, chiedersi perché quando il prezzo del petrolio sale, la benzina sale anch’essa, mentre quando il prezzo del petrolio scende, il prezzo della benzina rimane immutato. Sarebbe il caso di chiedersi perché se un semplice cittadino privato non paga le tasse o accumula debiti gli sequestrano la casa mentre invece il patron della Fondiaria-Sai ha accumulato quasi 900 milioni di debiti e tutti cercano il modo di salvarlo.

Al Qaeda vista come il vertice di coordinamento del terrorismo internazionale è una storia degna del peggior complottismo, laddove non è altro che un mito creato ad hoc dalle lobby finanziarie per delegittimare alcuni governi cosiddetti cattivi, per sostituirli con uomini da loro controllabili. Poi queste lobby andranno nei loro paesi a privatizzare tutte le risorse, specialmente quelle primarie come l’acqua, costringendo la popolazione ad abbandonare il paese e rifugiarsi nei paesi occidentali formando schiere di schiavi, e nel contempo forniscono alle elite dirigenti, spesso sanguinari dittatori, una giacca, una cravatta ed un conto corrente sul quale depositare tutto ciò che riusciranno ad arraffare, per mantenersi in vecchiaia quando saranno stati scoperti. A quel punto si assumeranno le responsabilità di coloro che nell’ombra li hanno posti su un trono sporco di sangue, e verranno cacciati a calci dal loro paese da quelle stesse persone che ce li hanno messi. Nel frattempo il loro paese sarà stato ridotto allo stremo, e il fondo monetario internazionale presenterà un conto da firmare, ovviamente per il bene del paese, in tal modo il paese sarà stato svenduto. È la solita storia accaduta più volte, come in Argentina, oggi forse tocca alla Grecia, già fallita da tempo (i conti sono taroccati) solo che non lo dicono ancora, e che dovrà decidere se svendersi tutto o uscire dall’Europa. Accade sotto i nostri occhi, anche nei paesi occidentali, dove crediamo, di essere liberi e democratici. Liberi, dietro le nostre mura di cemento e i cancelli di ferro, controllati incessantemente tra telefonini dotati di GPS e telecamere di video sorveglianza ad alta definizione, mentre chattiamo su Facebook. E democratici, quando di tanto in tanto veniamo chiamati a confermare un candidato tra quelli individuati esclusivamente dalle elite del potere.

Nel frattempo il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, si è congratulato con il presidente Obama per l’operazione nella quale è morto Osama Bin Laden, aggiungendo che la Nato continuerà la sua missione “per assicurare che l’Afghanistan non ritorni ad essere un paradiso per i terroristi e gli estremismi, ma possa svilupparsi in pace e in sicurezza”. “E’ un successo significativo per la sicurezza degli alleati della Nato e per tutte le nazioni che si sono unite ai nostri sforzi contro il terrorismo globale, per fare del mondo un posto più sicuro per tutti”. Il terrorismo, ha aggiunto,  “continua a rappresentare una minaccia per la nostra sicurezza e la nostra stabilità”. Osama è morto, ma Bin Laden è più vivo che mai!

Prodi: interessi diffusi e interessi concentrati

romano-prodi“L’Ulivo è morto e gli eredi non fanno che litigare. Quando uno muore, più grosso è il patrimonio che lascia, più gli eredi litigano”

Mi piaceva Prodi.

E’ stato drammatico vedere il duo D’Alema /Bertinotti farlo fuori nel 1998, ed anche peggio è stato 10 anni dopo, quando a fargli la festa furono in parecchi, da Veltroni a Mastella, e poi gli immancabili D’Alema/Bertinotti fino ai Turigliatto e Dini.

Ricordo una volta in un confronto TV che l’utilizzatore finale tentò di sputtanarlo deridendolo con la faccenda che lo chiamavano mortadella. Prodi non si scompose ed anzi divertito ribattè che erano commenti bonari, di gente che gli voleva bene insomma, poi dopo un silenzio di alcuni secondi sibilò serio: “ma non mi han mai dato del ladro“.

Mi piaceva Prodi, era una persona seria e capace.

Recentemente, nell’aula magna di Scienze politiche all’Università di Bologna, è stato chiesto al professore degli scenari politici internazionali e del futuro dell’Italia.

Inevitabile la domanda sull’Ulivo, alla quale ha risposto con la frase d’apertura:  “L’Ulivo è morto e gli eredi non fanno che litigare. Quando uno muore, più grosso è il patrimonio che lascia, più gli eredi litigano”. Il professore ha così risposto a chi gli chiedeva come si stessero comportando i politici che hanno raccolto il suo testimone, accolto dalla platea di studenti con un applauso.

Poi Prodi  ha descritto quello che, a suo dire, è il problema più urgente: “Tornare ad avere visioni di lungo periodo, avere un riformismo su temi concreti, a cominciare dal lavoro e dall’immigrazione. Invece nella politica di oggi è tutto concentrato su problemi più stretti, ma che non coinvolgono l’ansia di tutte le famiglie“.

Ha quindi parlato di  interessi diffusi, quelli dei tanti “che sono sempre deboli” mentre gli interessi concentrati, quelli dei pochi “sono molto più forti”.

Prodi ha poi detto: “Non crediamo che l’Italia sia così anomala rispetto agli altri paesi. La normalità di una democrazia debole è quella delle categorie che fanno prevalere i loro interessi”. Secondo lui la differenza, è però la debolezza del governo. “In  Italia è semplicemente più debole il potere del governo e quindi gli interessi di categoria sono più forti”.

Gli è stato fatto notare come oggi nessuno, neanche a sinistra, si prenda davvero a cuore la difesa delle donne e la disoccupazione giovanile, e Prodi ha risposto: “E’ il governo che deve capire quelli che sono i drammi futuri della società, quale deve essere il cammino della società. È Il governo che ha il compito di proporlo e poi di imporlo. Se il governo non è forte, gli interessi diffusi chi li può difendere?”.

La stessa cosa dice Prodi che è capitata proprio in occasione del 1° maggio, dove si contrappongono gli interessi della grande distribuzione (pochi interessi concentrati ma forti) e gli interessi diffusi di lavoratori e famiglie.  Se dal governo non arriva la battaglia per la difesa degli interessi diffusi, come è successo in altri paesi europei, allora è chiaro che la questione si ferma alla prevalenza degli interessi della grande distribuzione, a cui solo il sindacato si oppone. “Viene lasciata la lotta in questi termini, in questo momento in Italia è questo quello che avviene – dice Prodi – non c’è arbitrato forte da parte del governo”.

Poi Prodi ha accennato al federalismo fiscale, che “fino a due anni fa era una torta che tutti volevano mangiare” salvo poi rendersi conto “che i problemi sono più grossi delle soluzioni”. Una contraddizione che coinvolge anche la Lega: “Non ha cambiato il vocabolario, ma ha cambiato i contenuti. Si diceva che tutte le regioni ci avrebbero guadagnato, ma non può esistere una percentuale superiore al 100%”.

Ho letto queste poche righe e sono rimasto stupito.

Era un pezzo che non leggevo cose simili, proposte politiche.  Non ero più abituato.

E sentirle dire da un uomo politico vero, non da una delle tante sciacquette che diffondono i loro chiacchiericci inutili quanto asserviti nei talk show che ci intossicano ogni giorno, ogni sera. Urla inutili,  da sfinimento.

Ucciso Bin Laden. Come mai?

Osama-bin-LadenOggi siamo informati che Osama Bin Laden è stato ucciso in Pakistan da soldati USA.

Il 2 novembre 2007 in un’intervista alla televisione Al Jazeera, durante il programma canadese Frost over the world, la scomparsa statista pakistana Benazir Bhutto disse che Osāma bin Lāden era stato ucciso da Ahmad Omar Sa’id Shaykh, noto ufficiale del servizio segreto militare pakistano dell’ISI (Inter-Services Intelligence).
Poi fu smentita, che evidentemente a Bush serviva un Osama/babao vivo.

…come mai oggi Osama non serve piu’ ?

Per 10 anni le formidabili forze militari americane ed i loro avanzatissimi  servizi segreti, noti per essere capaci di individuare ed eliminare ‘chiunque‘ ed ‘ovunque‘ in pochi minuti, hanno ritenuto di considerare utile la presenza del noto terrorista evitandone accuratamente l’eliminazione.

Poi improvvisamente il cambiamento di strategia e la notizia dell’eliminazione.

Come mai Osama non serve più vivo agli USA?

Fino a che punto il formidabile cambiamento dei vecchi equilibri in corso nei Paesi del Magreb e negli stessi Stati Arabi può avere influenzato questa scelta strategica?

E’ possibile che l’America senta così forte il nuovo controllo che sta imponendo in quelle aree (ne parlavamo qui) al punto di considerare superata la necessità di alimentare la paura del terrorismo e si appresti ad una nuova strategia basata sulla diffusione di  rudimenti di democrazia e di accettabile convivenza tra le varie etnie?

Sarebbe senza dubbio un formidabile risultato per l’Occidente in quanto aprirebbe al mercato occidentale vaste aree e popolazioni al momento non coinvolte nella politica  dei consumi, capaci di generare una forte crescita della domanda.

E di offrire inaspettate soluzioni al perdurare delle difficoltà nell’uscita della crisi economica internazionale.

Una prima risposta a questi quesiti potremmo averla nelle prossime ore controllando come reagirà la borsa di Wall Street.

Che ne pensate?

  UCCISO IN PAKISTAN OSAMA BIN LADEN    Obama: "Giustizia è fatta". Tv mostra volto -  foto

Giovanni Paolo II Santo subito

papa_pinochetAl generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale”. Giovanni Paolo II

Difatti Papa Giovanni Paolo II era molto legato a Augusto Pinochet.  Il dittatore cileno che con un golpe militare si nominò Presidente e governò il Paese da dittatore dal settembre ’73 al marzo ’90. Durante la sua dittatura militare vennero uccisi circa 3500 oppositori politici,  130.000 arrestati in maniera arbitraria e violati sistematicamente i diritti umani.

Fortemente conservatore e filo fascista, Pinochet ottenne il potere con un golpe appoggiato da Stati Uniti, i ceti elevati Cileni e i vertici della Chiesa cattolica. Rovesciò il legittimo governo democraticamente eletto del Presidente socialista Salvador Allende, che venne ucciso nel golpe.

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L’Associazione anti pedofilia “il piccolo Davide” ricorda per tutto il suo papato Papa Wojtyla abbia coperto la pedofilia clericale e neutralizzato ogni tentativo di denunciare i preti pedofili, contribuendo attivamente all’insabbiamento delle denunce e favorendo così la diffusione epidemica della pedofilia nella chiesa cattolica.

Giovanni Paolo II ordinò nel maggio 2001 alla Congregazione per la dottrina della fede di emanare una circolare dove si ordinava a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica di non denunciare, quindi occultare le segnalazioni e le denunce di abusi sessuali, nei quali risultassero coinvolti sacerdoti, e imponendo di fatto il segreto pontificio.

Di fatto con quella circolare lo Stato Vaticano legalizzò e ufficializzò la pratica dell’omertà sulla pedofilia.

L’allora Cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione e attuale Papa, assieme a Tarcisio Bertone, al tempo Segretario della Congregazione furono gli autori e i firmatari di quel vergognoso documento. La circolare negli Stati Uniti fu classificata come ostacolo alla giustizia USA, al punto da procurare a Ratzinger e Bertone l’incriminazione con le accuse di cospirazione contro la giustizia ed ostruzione alle indagini.

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Solo per non dimenticare, Wojtyla antepose a tutti i problemi dell’umanità, compresa la fame, il tema della «sfida della vita» contro quella che definì come «cultura della morte», rappresentata da aborto, fecondazione artificiale, clonazione, eutanasia, unioni civili e matrimoni omosessuali. Fu profondamente contrario all’uso del profilattico, anche per prevenire infezioni in aree sottosviluppate e si battè contro l’Ordinazione femminile; in risposta ad un rappresentante delle suore degli Stati Uniti, disse:

« la fedeltà a Cristo, soprattutto nella vita religiosa, non può essere mai separata dalla fedeltà alla Chiesa […] non è da sottovalutare il fatto che la vostra consacrazione a Dio deve manifestarsi nel segno esteriore permanente di un semplice e idoneo abito religioso. »

Fu poi forte sostenitore del Celibato del Clero, e si rese responsabile dei depistaggi nel caso di Emanuela Orlandi,

Se questo è un beato.