Se le agenzie di rating vengono declassate…

Rating dell'eurozonaRating è uno dei termini più usati (abusati?) negli ultimi mesi, insieme a crisi, spread e default. Il rating è un giudizio sulle capacità di un emittente (una azienda, un ente od anche uno Stato) di rimborsare integralmente e puntualmente i debiti contratti, cioè misura il  rischio di inadempimento nel corso della vita del titolo emesso.
Le principali agenzie di rating sono Standard & Poor’sMoody’s, alle quali bisogna aggiungere Fitch Ratings. Tutte statunitensi, anche se Fitch ha capitale francese.
Ovviamente ci sono anche altre agenzie di rating, come la Dagong cinese, ma i giudizi che leggiamo quotidianamente sui giornali sono in genere quelli delle agenzie americane.

Le agenzie di rating distinguono due tipi di titoli a seconda del rischio di investimento: gli investment grade, che hanno un rischio basso, e quindi elevata sicurezza di puntuale pagamento, e i titoli speculatici che hanno un rischio di credito più elevato (statisticamente le possibilità di inadempimento sono del 30% sui titoli classificati B, secondo Moody’s). Per differenziare i titoli viene utilizzata una scala con i vari gradi evidenziati da lettere.

Negli ultimi anni l’importanza delle agenzie di rating è aumentata esponenzialmente, per un crescente ricorso a capitali internazionali da parte dei governi centrali. A ciò si aggiunge la continua decentralizzazione del potere verso enti locali, ai quali vengono affidate maggiori responsabilità e quindi la possibilità di emettere titoli di debito per finanziarsi direttamente. La moltiplicazione degli enti che emettono titoli di debito determina l’impossibilità da parte dei soggetti che hanno esigenza di ricorrere al credito, di valutare autonomamente l’affidabilità degli emittenti. Ecco, quindi, che le agenzie di rating intervengono da un lato sollevando i soggetti che cercano finanziamenti dalla necessità e dal costo di effettuare valutazioni sui titoli, dall’altro forniscono ai governi centrali e ad enti locali un rating per poter accedere ai mercati internazionali. Insomma, semplificando le agenzie di rating danno un voto sull’affidabilità dei soggetti che emettono titoli in modo da favorire l’incontro con i soggetti che vogliono investire.
Ovviamente nell’assegnare un rating l’agenzia deve tenere conto di innumerevoli aspetti, principalmente finanziari, ma anche politici. Infatti, le agenzie misurano anche la struttura di governo e le sue istituzioni, nonché il quadro politico, per valutare la capacità dell’esecutivo di formulare ed attuare un programma economico e fiscale. Ovviamente gli equilibri politici possono pregiudicare seriamente la capacità di un governo di attuare misure economiche o riforme necessarie se ritenute impopolari a livello sociale.

L’attività delle agenzie di rating, quindi, si svolge sulle emissioni di titoli delle aziende, e quelle degli Stati ed enti locali. Generalmente sono gli stessi emittenti che pagano i costi della valutazione, anche se talvolta la richiesta viene da una agenzia di stampa od altri soggetti (es. banche per titoli altrui da collocare).
Questo elemento è ritenuto da sempre la spada di Damocle delle agenzie di rating, perché innesca un evidente conflitto di interesse. Le agenzie replicano sostenendo che le due attività (la consulenza e il merito di credito) sono fortemente diversificate all’interno della stessa azienda.
Oltretutto per quanto riguarda le aziende, spesso i contratti prevedono la possibilità di non pubblicare (o di ritardarne la pubblicazione) il report, così valutazioni negative vengono negate al grande pubblico ma possono essere veicolate a soggetti specifici in modo da generare situazioni di possibili insider trading. Il declassamento di un titolo, infatti, raramente non è seguito da una vendita in Borsa del medesimo titolo, così l’averne notizie prima degli altri consente speculazioni.
Le agenzie di rating, infatti, sono state in passato fortemente criticate per alcune valutazioni ritenute piuttosto superficiali, come ad esempio i titoli di Lehman Brothers valutati con la tripla A appena una settimana prima del fallimento della banca americana, oppure casi analoghi per i titoli Parmalat in Italia, per i quali Standard & Poor’s attribuì l’investment grade (BBB) fino a poco prima del fallimento.

Da queste brevi considerazioni è già possibile comprendere quali pericoli siano insiti nel dare eccessivo potere alle agenzie di rating, e le preoccupazioni non possono che aumentare scoprendo che gli investimenti degli Stati e degli enti pubblici sono strettamente legati alle valutazioni delle agenzie. Infatti, ai titoli emessi viene applicata una ponderazioni di rischio in modo che Stati ed enti pubblici debbano mantenere nei loro portafogli solo titoli a basso rischio, rifacendosi generalmente (ma non obbligatoriamente) alla scala di Standard & Poor’s. Molti investitori sono obbligati a detenere in portafoglio solo titoli con determinate valutazioni, ad esempio i fondi pensione Usa possono avere solo titoli con tripla A.
Tutto ciò rileva sotto due aspetti: da un lato Stati ed enti pubblici sono sollevati dall’effettuare valutazioni in proprio della rischiosità di titoli, e del resto sarebbe anche impossibile pretendere valutazioni di titoli internazionali da enti locali come piccoli Comuni; dall’altro, si scarica la responsabilità dell’acquisto di titoli poi rivelatisi “spazzatura” sulle agenzie di rating.

Ad agosto del 2011 ha fatto scalpore la decisione di Standard & Poor’s di tagliare la valutazione degli Stati Uniti: per la prima volta nella storia perdono la tripla A. Di seguito alle proteste della Casa Bianca, il presidente dell’agenzia Deven Sharma ha lasciato il suo posto.
A metà novembre, dopo qualche seduta di forte pressione sui titoli di Stato francesi, Standard & Poor’s invia una mail ai propri abbonati annunciando l’imminente downgrade del debito sovrano francese, anche la Francia fuori dalla tripla A. Dopo qualche minuto arriva la smentita: si tratta di un semplice errore tecnico.
In questo caso le vibrate proteste della Francia ottengono la discussione alla plenaria del Parlamento europeo di una riforma delle agenzie di rating.
Negli ultimi giorni le agenzie di rating annunciano di aver messo sotto osservazione 15 paesi dell’Unione europea, con outlook negativo (cioè l’ipotesi è di un possibile downgrade), e finanche lo stesso fondo “salva stati” (EFSF).
Forse stavolta il passo è stato più lungo della gamba, e quasi simultaneamente partono due iniziative. In Europa si sta preparando una normativa che rafforza la vigilanza sulle agenzie di rating nell’ambito dell’attuale riforma dei mercati finanziarirmativa che dovrebbe partire dal 2012. In breve, vi sarà una più stretta vigilanza per evitare situazioni di conflitti di interesse, le istituzioni finanziarie non si baseranno più ciecamente sul rating per scegliere i propri investimenti ma dovranno svolgere proprie valutazioni, e le agenzie dovranno fornire più informazioni. Inoltre, gli investitori potranno fare causa alle agenzie in caso di violazione intenzionale o per negligenza delle norme europee.

Negli Stati Uniti la Federal Deposit Insurance Corp, l’ente pubblico che assicura i depositi e conti correnti, ha stabilito che gli investitori non sono più obbligati a detenere in portafoglio solo titoli con determinate valutazioni. Prima l’uso del rating era obbligatorio, per cui, ad esempio, i fondi pensione potevano detenere solo titoli con tripla A. Adesso almeno le grandi banche dovranno basarsi su valutazioni indipendenti dalle agenzie di rating, con metodi più rigorosi e sicuri.

In poche parole, le agenzie di rating sono state declassate!

  1. E meno male che sono state declassate, io non capisco perchè non declassano il nostro sistema Italiano basato sulla speculazione, la truffa, le mafie, l’evasione e il conflitto di interessi.

    Se iniziassero a martellare su gli stati malati come il nostro forse qualcosa si aggiusterebbe perchè altrimenti siamo destinati al fallimento perchè i risparmi degli italiani stanno finendo e dopo ci sarà il baratro vista anche la crescita zero dei prossimi anni.

    Insomma, io farei saltare le Agenzie di Rating perchè non fanno bene il loro lavoro e tendono a dare premi e bastonate solo a chi farà il loro tornaconto e delle Banche.

    La Politica ha fallito ed è sempre più succube dei forti poteri economici che ormai hanno in mano le sorti del mondo.

    Io sono realista e penso che presto ci sarà un Default generale e sopratutto dell’Europa che pagheremo tutti a caro prezzo. 😈  

  2. Bsaett:

    In poche parole, le agenzie di rating sono state declassate!

     

    Si, ha dato la stessa impressione anche a me e mi ha stupito questa cosa.

    In effetti si era pure ipotizzata questa eventualità proprio alla vigilia delle loro esternazioni sulla situazione francese: le Agenzie di Rating non possono superare certi limiti in quanto facendolo metterebbero gli Stati in condizione di potere e dover agire, ridimensionandole.

    Ed è quello che puntualmente è avvenuto. 

    In questa guerra globale tra l’alta finanza e la politica degli Stati, che alla fine di questo si tratta, non è facile collocare questo evento.

    Gabri:

    …  io non capisco perchè non declassano il nostro sistema Italiano basato sulla speculazione, la truffa, le mafie, l’evasione e il conflitto di interessi.

    Perchè al momento la situazione è ancora in parte controllata dai malavitosi del puttaniere, (ennesimo ducetto risolutivo sfuggito di mano ai poteri forti) ma è solo questione di tempo, poi riprenderanno in mano tutto loro

    Che dalla fine dei grandi Sistemi Monarchici e con l’avvento della Borghesia, han sempre comandato loro; loro è la finanza ed il capitale, i mezzi di produzione e d’informazione, i beni immobili ed il controllo dei servizi. Tutto questo a loro non va mai in crisi e quelle che vengono definite “crisi” sono momenti contingenti che toccano solo la povera gente, mai loro che anzi ne escono sempre rafforzati ed arricchiti.

    E’ vero, i risparmi degli italiani (della povera gente) stanno finendo, ma non i loro, è destinata al fallimento la povera gente, che davanti ha il baratro, NON loro.

    Noi che abbiamo visto e abbiamo partecipato alle lotte degli anni ’60 e ’70, che abbiamo visto la società cambiare tra le nostre mani e per l’azione del nostro impegno, siamo viziati da questa esperienza, storicamente inedita ed irripetibile.  I poteri forti si stanno riprendendo questi spazi, innanzitutto economici, e ciò che possiamo fare è solo tentare di fare il possibile per salvaguardare un minimo della democrazia conquistata.

    Al momento la consapevolezza e (grazie a internet) l’informazione per tentare questa missione continuano ad essere a nostra disposizione; cerchiamo di usarle al meglio.  😉

  3. Secondo me, finchè declassavano paesi poco “forti”, come Grecia, ma anche Italia, la cosa andava più o meno bene, ma toccando paesi più forti, Usa, Francia (ridicola la spiegazione dell’errore tecnica, lì si sono dovuti rimangiare il downgrade) e Germania, beh lì sono scattate le controffensive.
    Il problema, secondo me, è che le agenzie di rating hanno sempre fatto comodo perchè consentono di scaricare le responsabilità. Se l’ente locale è obbligato a investire su titoli tripla A, deve per forza fidarsi del rating. Poi diventa un problema dell’agenzia se le sue valutazioni sono “pilotate”. Diciamo che per un certo periodo sono state, le agenzie, la camera di compensazione di certi interessi. Per cui questo loro “declassamento” è un elemento di rottura enorme nell’ambito della finanza mondiale.