Quel grande affare della mediazione

mediazioneIl 20 marzo 2011 è entrata in vigore la mediazione obbligatoria per quasi tutte le materie, dalle liti di condominio alle successioni, dalle locazioni al risarcimento del danno da responsabilità medica, fino ai contratti assicurativi, bancari e finanziari. Restano fuori solo alcune ipotesi, come i danni da circolazione di veicoli e natanti, per i quali la mediazione obbligatoria scatterà solo da marzo del 2012.
Si tratta dell’ennesima riforma della giustizia civile, l’ennesimo tentativo di migliorare l’ormai insostenibile situazione dei tribunali civili italiani, nei quali le cause durano decenni, e la quantità enorme di procedimenti giudiziari, oltre a provocare spesso delle condanne dello Stato italiano in sede comunitaria per la lentezza della giustizia, determina talvolta anche dei pessimi risultati per i cittadini. Un giudice che deve occuparsi di troppe cause, talvolta può vedersi costretto a dedicare poco tempo ad alcuni procedimenti, con ovvie ricadute sui cittadini.
Ebbene, l’introduzione della mediazione è stata salutata da molti, principalmente gli esponenti del governo, come la panacea di tutti i mali. Ma sarà davvero così?

Al di là delle dichiarazioni roboanti che ormai sentiamo troppo spesso e alle quali non segue mai nessun concreto risultato in materia, appare abbastanza ovvio che senza una comprensione completa della situazione e del nuovo strumento è impossibile dare un giudizio complessivo. In merito alla mediazione saltiamo direttamente le questioni estremamente tecniche, poco comprensibili per il cittadino, e cominciamo col dire che essa non è affatto uno strumento nuovo, è semplicemente la vecchia conciliazione alla quale è stato cambiato il nome. Oggi si definisce mediazione quello che ieri era la conciliazione, lasciando il termine conciliazione per il risultato, se positivo, del procedimento di mediazione.
La differenza, invece, rispetto al passato, sta nell’estensione a tutte le materie, e nell’averla resa obbligatoria, cioè non è in alcun modo possibile rivolgersi ad un giudice se prima non si è esperito il tentativo di mediazione ed esso non si è concluso, si intende negativamente.
La mediazione, inoltre, è affidata ad un soggetto privato, in sostanza a degli organismi di mediazione. I mediatori non sono, quindi, dei magistrati, e non necessariamente hanno una preparazione adeguata per svolgere questi compiti. La loro preparazione è, invece, demandata ad altri organismi, privati anche questi, che si occuperanno di insegnare ai mediatori a svolgere il loro ruolo. Per diventare mediatori occorre, infatti, solo una laurea triennale (non necessariamente in giurisprudenza) ed un corso di 50 ore, ed ecco l’affare per gli organismi di formazione, che si spartiranno una ricca torta, considerato che un corso di preparazione alla mediazione ha costi dagli 800 ai 3.500 euro.

Poi, come detto, ci sono gli organismi di mediazione, privati, che si occupano del procedimento assegnandolo ai loro mediatori. Al momento questi organismi sono circa 180, e si spartiranno una torta di circa 360 milioni di euro. Il conto ovviamente è presuntivo, ma basato sul costo medio del procedimento di mediazione, di circa 600 euro, moltiplicato per i circa 600mila procedimenti che interesseranno la mediazione.
Infatti, la mediazione non è certamente gratuita, ma sostanzialmente ha un costo uguale, anzi anche un po’ superiore, rispetto al corrispondente procedimento giudiziario.
Supponendo che una simpatica vecchina debba recuperare da una banca 51.000 euro perché la banca le ha investito la sudata pensione del marito defunto in titoli spazzatura, ella dovrà prima di tutto tentare la mediazione dinanzi ad un semplice privato che non necessariamente ha competenze in materia (la materia bancaria è molto complessa), e dovrà pagare per questo ben 1.000 euro. Aggiungiamo che nella mediazione non è previsto come obbligatoria la presenza del difensore, per cui la suddetta vecchina, che probabilmente ha una pensione da 300 euro al mese, non potrà permettersene uno, e non potrà accedere al gratuito patrocinio previsto per i non abbienti proprio in quanto la presenza di un difensore non è obbligatoria.
Per cui la signora si troverà, dopo aver anticipato una bella sommetta, davanti ad un mediatore che dovrà mediare tra lei, da sola, ed una banca, difesa da un nugolo di agguerriti legali.
E non solo. Nella procedura sarà necessario, al fine di valutare l’eventuale proposta del mediatore, anche farsi affiancare da un consulente che possa effettuare i complessi calcoli relativi ad interessi e commissioni. Come potrà permetterselo la nostra cara vecchina?
Avrà quindi due scelte, accettare la somma proposta, oppure non accettare e finire in tribunale con raddoppio dei costi e dei tempi. In quest’ultimo caso i soldi già versati saranno tutti soldi spesi inutilmente, per una fase che ha solo fatto perdere tempo. C’è da dire che, purtroppo, la vecchina sarà molto interessata ad accettare la proposta del mediatore, perché c’è una norma che prevede che se la proposta del mediatore risulterà sostanzialmente identica alla sentenza del giudice pronunciata al termine della fase giurisdizionale, fase che costerà alla nostra anziana signora altri 1.000 euro, le spese del procedimento le pagherà la vecchina (sia le spese di lite proprie che quelle della controparte) nonostante abbia vinto la causa, come punizione per non aver accettato la proposta del mediatore. Come farà la vecchina, tutta da sola, a valutare correttamente la proposta del mediatore?
Ecco, questo rende l’idea di come il procedimento sia del tutto sbilanciato.

Quindi, quando il ministro Alfano sostiene che “non è corretto dire che l’avvocato è del tutto emarginato dalla procedura di mediazione: è assolutamente naturale che un cittadino, ricevuta l’informativa dal proprio legale della possibilità di una soluzione stragiudiziale della controversia che lo vede parte, continui ad affidarsi all’assistenza legale, anche nel percorso di mediazione”, dice il vero, ma dimentica di precisare che chi non ha i soldi per pagarsi il legale, in un giudizio può accedere al gratuito patrocinio, dinanzi al mediatore no. Inoltre dimentica di dire che il costo della mediazione grava tutto sul cittadino che inoltra la domanda di mediazione, cioè colui che vuole essere tutelato (la nostra vecchina) e che ritiene di aver subito un danno, e quindi il costo della sua tutela automaticamente raddoppia (1.000 per la mediazione e 1.000 per l’eventuale giudizio dinanzi ad un giudice, nel caso specifico, ma ci sono scaglioni a seconda delle cifre chieste), rendendo così la giustizia sempre più un affare per soli ricchi.

Poi ci sono i tempi da considerare. Perché se la mediazione in teoria dovrebbe terminare in 4 mesi, in pratica l’estensione dell’obbligatorietà della mediazione a tutte le materie renderà necessario un numero di mediatori quanto meno pari, se non superiore, a quello dei giudici. Certo, ci sarà molto lavoro per i privati (ma solo quelli laureati che si possono permettere i costi del corso di formazione), che però spesso non avranno le competenze necessarie, con notevole scadimento della risoluzioni dei conflitti ed un allungamento dei tempi man mano che le mediazioni cresceranno di numero. Più o meno si può dire che siamo di fronte al’ennesimo provvedimento tampone, alla stregua di quando si introdusse il giudice di pace. I primi procedimenti dinanzi al giudice di pace erano veloci, oggi i tempi sono non tanto diversi da quelli del tribunale ordinario, ma la qualità, nonostante i notevoli miglioramenti degli ultimi anni, è sempre minore rispetto ai giudici togati.
Adesso si ripete la storia, introducendo una nuova fase prima del giudizio vero e proprio. Il risultato sarà che per i prossimi anni (5, 10?) il numero dei procedimenti pendenti dinanzi ai magistrati sarà sicuramente inferiore, e quindi si potranno presentare statistiche migliori alla Comunità Europea che da anni ci tiene sotto osservazione per la disastrosa situazione della giustizia. Infatti la mediazione è un procedimento stragiudiziale, che non entra nelle statistiche giudiziarie dei procedimenti pendenti. Sarà per questo che il governo ci tiene molto alla mediazione?
Poi, man mano, in assenza di interventi strutturali, la situazione si normalizzerà con un numero eccessivo di procedimenti sia in fase di mediazione e in fase di giudizio, e saremmo di nuovo a capo, con procedimenti che dureranno anni e anni sia nella fase di mediazione (come oggi per i giudici di pace), sia in quella di tribunale.

E che ci dicano che la mediazione non può andare oltre i 4 mesi non ha alcun senso, è lo stesso identico discorso del “processo breve”. Se il procedimento supera i 4 mesi che succede? Si estingue, così abbiamo perso tempo e soldi? Questa è una soluzione? No, si continuerà comunque fino alla chiusura del procedimento, casomai facendo tutto di fretta a scapito della tutela dei cittadini.
La gente comune pensa che in fondo qualsiasi procedimento si può chiudere in 4 mesi, ma non pensa che un giudice, oppure un mediatore, non ha un solo procedimento, ma ne deve curare migliaia. Basta andare a fare un giro in un qualsiasi tribunale e verificare che alcune stanze sono stracolme di fascicoli, talvolta composti da migliaia di pagine che il giudice dovrebbe leggere tutte. Allora è ovvio pensare che, con l’andare del tempo, anche la mediazione accumulerà ritardi su ritardi, e saremo al punto di prima con in più l’aggravio, per i cittadini, di un giudicante scarsamente competente, privato, assoggettabile più facilmente a pressioni dalle grandi aziende. Ricordiamo la vicenda della vecchina? Se un mediatore, non dico si voglia far corrompere, ma se solo volesse essere indulgente con una delle parti, quale preferirebbe, secondo voi?
E questo se pensiamo all’ipotesi migliore, perché potrebbe anche accadere che i mediatori, che guadagnano solo per l’introduzione della procedura, non per i risultati, si disinteressino di una effettiva attività di conciliazione tra le parti, preoccupandosi solamente di sbrigare la parte burocratica e prendere la loro parte.

Ma le sorprese non finiscono qui. A differenza di un normale giudizio per la mediazione non esiste una regola di competenza per territorio. Ciò vuol dire che chi per primo adisce il mediatore incardina la competenza dove gli pare. Pensiamo a Tizio, veneto, che è in disputa con Caio, siciliano. Tizio potrà incardinare la mediazione a casa sua, in Veneto, e Caio dovrà accettare tale situazione, non potendo fare nulla, anche in considerazione del fatto che l’assenza ad un procedimento di mediazione può far desumere elementi di prova nel giudizio successivo.
Ora, immaginate una grande azienda, uno studio legale… potrebbe anche accadere, è un’ipotesi limite si intende, che si presentino ad un organismo di mediazione con un discorso di questo tipo: io ti porto 2.000 procedimenti al mese e tu mi tratti bene!
Cosa farà, secondo voi il mediatore? Rifiuterà perdendo un sacco di soldi, visto che l’azienda in tal caso riproporrebbe la sua offerta ad altro organismo di mediazione, oppure accetterà? Pensatela come volete, ma se leggete in giro potete notare che le imprese hanno accolto bene questa interessante riforma!

La mediazione, così come pensata, appare al momento solo un ottimo affare per pochi privilegiati che possono accedere ad un facile guadagno, principalmente gli enti che organizzano i corsi e gli organismi di mediazione, molto meno i mediatori ai quali va solo il 30% dei costi del procedimento. Ma di sicuro tutto il costo della procedura va scaricato sui cittadini (i 360 milioni). Il costo sarà identico a quello di un procedimento giudiziario normale se si concilia, sarà doppio se non si giunge ad un accordo e si deve andare in giudizio. Ma nel caso di conciliazione raggiunta, il rischio di avere risoluzioni dei conflitti di qualità nettamente inferiore è decisamente concreto. Insomma, una riforma che raddoppia i costi della giustizia normale (per i cittadini), con tempi sì inferiori, ma anche una qualità nettamente inferiore, e grossi rischi di pressioni sui mediatori.
Adesso lo sapete!

  1. Ho già accennato in Fb e ripeto qui la curiosa situazione del pubblico dipendente che intenda diventare mediatore.
    Al predetto è in teoria vietato svolgere un doppio lavoro,  a meno che non accetti un part time uguale o inferiore al 50% dell’orario lavorativo normale e quindi una pesante decurtazione di stipendio. Inoltre, previa autorizzazione dell’ente da cui dipende, deve impegnarsi  a NON svolgere attività che possano implicare interessi contrari a quelli istituzionali che deve servire prioritariamente.
    Dunque, il signor Rossi che lavora per esempio alle Finanze e desiderasse arrotondare, legalmente, allenando una squadretta di calcio o aiutando il cognato al bar, deve ridursi lo stipendio di almeno il 50 % e sottoporsi alla valutazione sul conflitto di interessi.

    Ma se vuole fare il mediatore, miracolosamente, cessa ogni proibizione. E sì che, vestendosi da quasi giudice, un domani potrebbe trovarsi a valutare delicate questioni, che potrebbero inficiarne l’imparizalità nei confronti di un qualsiasi soggetto che poi gli si pari davanti,  allo sportello,  anche come cittadino, per dire.

    Interessante inoltre la segnalazione de Il Fatto riguardo alla consorte del ministro Alfano, che appunto questo lavoro svolge, e in web da preziosi consigli ai futuri mediatori.

    Cari connazionali, come vi vedo male!