La mafia nella genesi di Forza Italia

Per Gioacchino Genchi, avvocato, ex funzionario di Polizia che ha lavorato per oltre 20 anni nelle più importanti indagini italiane con Falcone e Borsellino, da Palermo a Milano, ci sono le prove indiscutibili della presenza attiva della mafia nella fondazione di Forza Italia.
Esistono riscontri certi e provati.
Uno tra tutti, la data con cui nasce il partito di Forza Italia e la data in cui si organizzano i primi clubs a Palermo con le prime riunioni, di cui una viene tenuta, non a caso, all’Hotel San Paolo di Palermo dei costruttori Ienna per conto della mafia dei Graviano.

L’ala stragista di Cosa Nostra e Forza Italia

La Seconda Repubblica nasce nel momento in cui, nelle ceneri della Prima Repubblica, questi referenti di Cosa Nostra iniziano a cercare nuovi uomini, iniziano a cercare tra i rottami, tra le macerie di quella Prima Repubblica che si era consumata, quei soggetti che, anche per pregresse conoscenze nel campo imprenditoriale, come probabile investimento di risorse economiche e finanziarie della mafia, avevano dato un certo affidamento. Lì il mio lavoro fornisce e ha fornito ai processi e ne fornirà dei risultati che ritengo i più importanti in assoluto sotto il profilo dell’oggettività, della dimostrazione della genesi della nascita mafiosa del partito di Forza Italia, di come dei soggetti appartenenti a Cosa Nostra, appartenenti all’ala stragista di Cosa Nostra, che certamente ha consumato le stragi del 1993, agiscano in perfetta sintonia con le fasi prodromiche e organizzative del partito di Forza Italia a Palermo e in tutta Italia…/… il gregario di Leoluca Bagarella era in contatto con esponenti romani appartenenti alla massoneria, collegati alla P2, con i quali si sono fatte delle riunioni a Palermo e in Sicilia in date ben precise, tra Palermo e Catania e ci sono dei contatti telefonici con questi soggetti e, immediatamente dopo, a stretto giro questi soggetti hanno chiamato direttamente a casa di Silvio Berlusconi.

I PM di Palermo il 26 novembre 2002 si recarono a Palazzo Chigi per interrogare Berlusconi per chiarire l’origine dei capitali di Fininvest. Le investigazioni fanno ritenere che nelle casse delle aziende del Cavaliere sia stato versato denaro proveniente dai traffici illeciti della mafia palermitana.

Ma egli scelse di tacere.

Berlusconi avrebbe ricevuto finanziamenti “non trasparenti” fra il 1970 ed il 1980 e secondo i riscontri, l’origine delle fortune economiche del Premier sarebbe collegata agli incontri riservati nella ‘Milano da bere’ di Craxi, satura di siciliani intenzionati ad investire, con esponenti della mafia.

Ma Silvio Berlusconi preferisce restare in silenzio davanti ai giudici che processano il suo amico Marcello Dell’Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Silvio tace di fronte a loro, ma li attacca ferocemente appena esce dall’aula giudiziaria.

Sono un centinaio le domande molto precise e circostanziate che i Giudici volevano porre al Presidente del Consiglio; intendevano far ricostruire al teste i flussi finanziari relativi alle società del gruppo Fininvest, e poi la vera genesi del rapporto con Dell’Utri, la posizione dell’imprenditore Francesco Paolo Alamia e del finanziere Filippo Alberto Rapisarda, molto amici entrambi di Vito Ciancimino e del mafioso palermitano Gaetano Cinà, morto due anni fa e imputato assieme a Dell’Utri, condannato in primo grado a 6 anni per associazione mafiosa.

Queste domande ed i riscontri probatori delle indagini dettagliate che le hanno prodotte, sembra che stiano per uscire in completezza nei prossimi giorni.