Appunti politici scritti sulla sabbia

Diciamo sabbia, via, perchè siamo educati. E comunque tutto è mobile, fluido, instabile: un governo sotto ricatto, elezioni minacciate a ripetizione, il PD sull’orlo della deflagrazione, gli F35 che scaldano i motori per una gita in Siria.

Ciò che scrivo ora può non valere più un minuto dopo averlo postato. Ma provo a scriverlo lo stesso.Tengo a premettere una cosa: non ho pregiudiziali verso il PD. Alle ultime elezioni ho votato SEL proprio perchè alleato del PD, e volevo che il PD avesse il premio di maggioranza. Così è stato: cionondimeno, io e tanti come me ci siamo ritrovati le larghe intese nello stesso punto in cui Altan ama disegnare ombrelli.

Oggi lo spread è calato, ma non quanto la credibilità del Partito Democratico, avvistata l’ultima volta da alcuni palombari nella Fossa delle Marianne. Sinceramente mi auguro che la recuperino, anche se ultimamente mi sembrano più bravi con le trivelle. E’ comunque affar loro: hanno di fronte un congresso di non ritorno, se non vogliono sparire nel nulla dovranno esprimere qualcosa di degno. Affar nostro (dove noi saremmo quelli che per qualche ragione ci piace ancora definirci di sinistra, intendendo con questo che crediamo possibile realizzare progressi sociali generalizzati tramite la politica correttamente intesa) è un altro: il PD che uscirà dal congresso, così come quello di oggi, tanto di sinistra non sarà. Non come lo vorremmo noi, perlomeno: Renzi apprezza Marchionne, Esposito spedirebbe i No Tav a Guantanamo, un po’ tutti considerano la FIOM un covo di bolscevichi.

L’ambiente? E’ quel posto dove si edifica. E’ vero, si candida Civati. Sono certo che se vincerà lo festeggeremo insieme allo scudetto del Bologna. Dicevo, a noi che per qualche ragione ci piace ancora definirci di sinistra (da qui in avanti, per brevità, NCPQRCPADDS), chi è che ci rappresenta? Vendola ha preso una cotta per Renzi. La Federazione della Sinistra è malconcia. Ecco, io penso che NCPQRCPADDS dovremmo smettere di aspettare gli altri, o peggio di cercare di convincere gli altri (che poi di solito è il PD) a fare quello che piacerebbe a noi. Sarebbe ora che cominciassimo a farlo noi, quello che ci piace a noi. Beninteso: non dico a livello nazionale (dove comunque qualcuno si sta muovendo, e NCPQRCPADDS lo seguiamo con interesse).

Ma ciascuno nei nostri paeselli, qualcosa si può fare. Per dire, l’anno prossimo ci sono le elezioni comunali: mettiamo che sia ancora in piedi il governo Letta. Volete voi essere amministrati dagli alleati di Berlusconi? Io no. (Per una serie di motivi, credo in ogni caso che al PD farebbe solo bene stare un po’ all’opposizione nella nostra provincia.) E quindi?

Quindi ci si muove. Si smette di guardare Ballarò e ci si incontra per parlare dei problemi del territorio. Si stilano priorità, si delineano soluzioni. Qualcuno è disposto ad accoglierle in un programma di mandato amministrativo? Se si, ben venga. Se no, ci si mette la faccia, che non è assolutamente un male. Coi tempi che corrono, delegare è sempre più rischioso.  (Il vento sta sollevando la sabbia. Appena si calma, vado avanti.)

E’ giusto aspettare il Pd?

Ho letto l’articolo di Fausto Cotti e ho seguito la discussione che ne è scaturita.
Capisco, capisco, volete che non capisca? Anch’io provengo da quello che un tempo si chiamava PCI, e, anche se non sono mai entrato a far parte delle sue incarnazioni successive, come molti altri ho sempre coltivato la speranza che tornasse a essere un partito vicino alla gente e alle idee di sinistra, non più schiavo di apparati dediti al compromesso ad ogni costo e fin troppo intaccato dal degrado della politica nazionale. Abbiamo, nonostante tutto, continuato a considerare quello che oggi si  chiama PD (e domani chissà) come una risorsa per la sinistra: una risorsa irrinunciabile. Confidavamo che i militanti (brave persone, compagni di un tempo) si sarebbero prima o poi stancati di ingoiare rospi e avrebbero ricondotto il partito sulla (per noi) retta via.

Eppure, leggendo il susseguirsi dei messaggi su Facebook, e apprezzando la disponibilità del segretario del PD persicetano a incontrarsi per parlare di questo, un tarlo ha cominciato a rosicchiarmi il cervello. Mi sono chiesto: ma su quali basi, oggi, estate 2013, pretendiamo (e, volendo: con quale diritto?) che il PD sia qualcosa che si avvicini ai nostri desideri di gente che nemmeno ne fa parte? E mi sono chiesto anche: in base a cosa, oggi, estate 2013, il PD dovrebbe essere considerato una risorsa per la sinistra?

Signori, il PD ha preso i voti di tanti italiani che volevano cacciare Berlusconi e poi si è alleato con lui. Sì, ci sono stati i malumori della base. Ma le notizie sul (forse) imminente congresso vertono sullo scontro tra la smodata ambizione di Renzi e la resistenza dell’immarcescibile apparato. Le riflessioni sul cambiamento fatte da gente come Barca e Civati sono esercizi teorici che interessano a pochi, dei tanto esecrati 101 nessuno si ricorda, nessuno mette in discussione l’alleanza di governo. La base? Pensi ad arrostire le salsicce.

E’ sicuramente positivo che il segretario del PD del nostro Comune voglia parlare con noi e ascoltarci con interesse che riteniamo sincero. Ma mettiamo che l’anno prossimo, per le elezioni amministrative, dovesse arrivare dall’alto una megapolpetta avvelenata come ad esempio l’indicazione di fare giunte di larghe intese anche sul nostro territorio: credete che ci saranno ammutinamenti? La disciplina di partito trionferà, e qualsiasi percorso nel frattempo iniziato con soggetti diversi finirà nel nulla.

Questo voglio dire: è giusto parlare col PD, ma smettiamo di aspettarlo. Forse arriverà, prima o poi, ma non ci dobbiamo contare. Abbiamo tante gambe e tante teste, impariamo a camminare con quelle.

L’Area Rodotà

Fantastiche le manifestazioni di giubilo dei piddini per la grande affermazione delle ultime elezioni amministrative, Roma innanzitutto, dove sembra che Marino la possa spuntare su Alemanno.

Ma vediamo i numeri di questa grande affermazione:

1. Elezioni Comunali 2008: Rutelli ottiene 761.126 voti,  ma va a perdere su Alemanno al ballottaggio.

2. Elezioni politiche 2013 (3 mesi fa): Il Pd ottiene 458.637 voti.

3. Comunali di domenica scorsa:  Pd 267.605 voti.   Un successone.

E questa grande affermazione il Pd l’ottiene con Marino, uno dei pochi che ha votato contro l’inciucio governativo del Pd col delinquente abituale, uno dei pochi che ha sempre votato Rodotà come Presidente della Repubblica. Come per la Serracchiani in Friuli, voti ottenuti nonostante il Pd insomma ed appare davvero mortificante tutto questo.

Per il M5S la disfatta è, se possibile, ancora peggiore; chi 3 mesi fa lo aveva votato sperando in un incisivo cambiamento della società, è presto fuggito di fronte al loro inconcludente ed infantile baloccarsi con gli scontrini.
Molto belle le considerazioni del giornalista del Fatto ed esponente grillino Andrea Scanzi:

Il M5S ha preso “troppi” voti a febbraio. Non era pronto. E i suoi errori li ha fatti. Fatalmente. Alle amministrative, oltretutto, soffrirà sempre più delle nazionali. Il flop (innegabile: niente arrampicate sugli specchi) di Roma e non solo Roma dice alcune cose.

1) Il duropurismo non ha pagato. Politica è anche e anzitutto dialogo, i massimalisti han sempre fatto una fine rapida.

2) Degli scontrini non frega una ceppa a nessuno: più concretezza, basta con ‘sta sega infinita della diaria.

3) Molti (non tutti) candidati sono drammaticamente esili.

4) Grillo deve smetterla di abbaiare genericamente alla Luna (e ai giornalisti tutti), accettando invece anche le dinamiche canoniche della lotta politica (tivù compresa: quindi interviste vere, non di corsa o solo agli stranieri).

5) Scremare l’elettorato può essere salutare: nel 25% di febbraio c’era anche gente che nulla c’entrava col Movimento, meglio un 15% o giù di lì compatto e convinto. Peraltro la doppia cifra resta (per me) uno sproposito tenendo a mente la staticità mentale degli italiani.

6) In tanti (comprensibilmente) hanno votato Marino (di cui ho stima) non in quanto Pd (peraltro “eretico”) ma in ottica anti-iattura Alemanno.

7) La reazione all’inchiesta di Report non poteva essere peggiore. La Gabanelli non è Battista, più fate i permalosi e più passate per antidemocratici.

8 ) Le sconfitte non si negano: si elaborano (per poi migliorarsi).

9) Il M5S era l’argine all’astensionismo. Ora non lo sembra più. Significa che per molti italiani questi tre mesi in Parlamento sono stati fallimentari.

10) Meno certezze e più dubbi: il “saputellismo” Lombardi Style e certi atteggiamenti da ultras sono esattamente ciò che accelererà l’eventuale implosione del M5S. Più umiltà. E al tempo stesso più malizia, o vi massacrano.

(A margine. Sono sorpreso? Deluso? No. Era tutto facilmente prevedibile. Per me ogni speranza è morta col treno perso Rodotà.

Da quel giorno la politica è tornata restaurazione e sopravvivenza).

 

Il “Treno perso di Rodotà”.

E’ stato in effetti un treno in cui abbiamo sperato,  ma con il noto squallido risultato.  E’ dunque con vivo interesse che seguiamo il lavoro di chi,  attorno a Rodotà, all’Area Rodotà, sta continuando a lavorare, come Civati, nell’intento di creare le condizioni per una maggioranza alternativa all’attuale troiaio di malavitosi che è il Governo Letta, liberando il Pd dal ricatto costante del delinqente abituale.

L’Area Rodotà, ovvero quel movimento di opinione collocato tra gli elettori ai margini del Pd e e del M5S (ma che ne rappresenta un’ampia fascia del bacino elettorale di entrambi), che coinvolge Sel e che appare fortemente popolare tra i tanti movimenti della società civile sia in rete che nelle piazze.

Un’area composta da apparenti minoranze fortemente attive e consapevoli, che non si sente assolutamente di sopportare oltre lo  ‘stato di cose’ del mefitico inciucio col puttaniere.  L’area di chi si sente tradito più che sconfitto dal colpo di mano sul Presidente della Repubblica, quelli che in quei giorni hanno saputo condividere la proposta Rodotà, conoscendo in essa un momento di protagonismo straordinario.

Da leggere il “manifesto” apparso su Left scritto da Salvatore Settis:

” Una parte larghissima del Paese esprime una radicale opposizione a questo corso delle cose. Lo fa secondo modalità diverse, anzi divergenti:

(a) la sfiducia nello Stato e il rifugio nell’astensionismo;

(b) gesti individuali di protesta;

(c) vasti movimenti che tendono alla rappresentanza parlamentare e alla forma-partito, come il M5s;

(d) piccole associazioni di scopo, dichiaratamente non-partitiche, per l’ambiente, la salute, la giustizia, la democrazia.

Queste ultime sono ormai alcune decine di migliaia, e coinvolgono non meno di 5-8 milioni di cittadini. È a partire dall’autocoscienza collettiva generata da questo associazionismo diffuso (ma anche nei sindacati) che si può avviare la necessaria opera di restauro della democrazia.”

Ecco, ci sembra che tutto questo patrimonio vada organizzato e trasformato in una coerente visione di governo. E lo si deve fare tutti insieme, da subito, recuperando antichi aspetti della vita democratica del nostro Paese. E ci sembra che l’Area Rodotà che si sta pensando possa esprimere tutto questo.

 

 

Un Movimento di cittadini

Con un residuo 4% di fiducia, (il 96% dei cittadini non si fida più di loro) cresce sempre di più, ed in ogni Partito e Movimento, il distacco e la distanza, diciamo pure lo strappo, tra la base dei votanti e la casta leaderistica che li controlla.   Fortemente intenzionati a partecipare,  fare pulizia e voltare una pagina i primi, fermamente decisi a restare al loro posto e continuare ad arraffare a mani basse i secondi.

Nel Pd la situazione è esplosiva, con una base sempre più preparata e smaliziata decisa a pretendere il cambiamento in questo Paese, e innanzitutto la legalità, e i leader storici che continuano a baloccarsi nelle loro strategie affaristiche incuranti delle richieste che provengono dal basso. Per loro semplicemente inesistenti. Che c’entra ad esempio un Civati con le alchimie fetide di un D’Alema?

L’IdV l’obiettivo della legalità se lo è posto; peccato  che da sempre tenda a portarlo avanti con individui come De Gregorio, Scilipoti o Razzi. Pur restando una figura in fondo positiva, Di Pietro resta il padre padrone del partito, e ne decide e nomina dirigenti e Amministratori, Deputati e Senatori a suo piacere, figlio compreso trota style, passando bellamente sulla testa dei vari Comitati e fottendosene della democrazia interna. E da sempre lo fa attingendo ai vari potentati locali, basati sull’affarismo clientelare e affidando di fatto il partito a personaggi dal dubbio passato e dall’ancor più dubbio futuro. Che c’entrava ad esempio De Magistris con Scilipoti?

E spesso pure Vendola fatichiamo a comprendere, che ad esempio non gli perdoneremo mai l’essersi adagiato sulle posizioni di Bersani sull’elezione del Sindaco di Napoli e non aver sostenuto De Magistris, che poi a vinto a furor di popolo, mosso detto popolo “contro” anche la posizione di Vendola.  E non è che a Palermo sia andata e stia andando molto diversamente. Che c’entrano dunque l’entusiasmo e la freschezza (e le indicazioni) dei giovani delleFabbriche di Nichi con la politica di supporto alla casta piddina di Vendola?

Il Movimento 5 Stelle lo vediamo al momento in pieno marasma.  Grillo sta realizzando che non gli riesce più di controllare l’ambaradan e sta dando di matto.  Di fronte alle sue reazioni scomposte si sono formati due gruppi contrapposti; i fanatici intransigenti, feroci e fedelissimi al ducetto ligure,  e quelli ragionevoli e propositivi (e democratici) che da anni lavorano sul territorio, si sono fatti il mazzo esponendosi in prima persona e spesso si sono fatti eleggere dal popolo.  Che c’entra un Favia con le porcate affarisitco-turlupinanti grilline?

E allora uno così poi finisce per fare 2 + 2,  e ad accostare l’azione politica, l’impegno e gli obiettivi di un Civati e di un Favia, di un Zedda,  De Magistris o Pisapia, e accorgersi che non solo sono tutti fortemente compatibili, che ognuno di loro si batte come un ossesso per cambiarla questa Italia putrefatta con qualcosa di decente e pulito … dicivile insomma, ma pure che il nemico principale di ognuno di loro è all’interno stesso del partito o del movimento di cui fa parte.

Che c’entra voler voltare pagina in Italia, indicare un progetto nuovo e pulito per il futuro con la partecipazione dei cittadini, … con il mantenere in piedi l’accozzaglia malavitosa, (dalle mafie alle municipalizzate rosse) che da decenni sta depauperando il nostro disgraziato Paese?

Pensate solo che accadrebbe se se ne accorgessero.  :mrgreen:

Un Movimento di cittadini

Con un residuo 4% di fiducia, (il 96% dei cittadini non si fida più di loro) cresce sempre di più, ed in ogni Partito e Movimento, il distacco e la distanza, diciamo pure lo strappo, tra la base dei votanti e la casta leaderistica che li controlla.   Fortemente intenzionati a partecipare,  fare pulizia e voltare una pagina i primi, fermamente decisi a restare al loro posto e continuare ad arraffare a mani basse i secondi.

Nel Pd la situazione è esplosiva, con una base sempre più preparata e smaliziata decisa a pretendere il cambiamento in questo Paese, e innanzitutto la legalità, e i leader storici che continuano a baloccarsi nelle loro strategie affaristiche incuranti delle richieste che provengono dal basso. Per loro semplicemente inesistenti. Che c’entra ad esempio un Civati con le alchimie fetide di un D’Alema?

L’IdV l’obiettivo della legalità se lo è posto; peccato  che da sempre tenda a portarlo avanti con individui come De Gregorio, Scilipoti o Razzi. Pur restando una figura in fondo positiva, Di Pietro resta il padre padrone del partito, e ne decide e nomina dirigenti e Amministratori, Deputati e Senatori a suo piacere, figlio compreso trota style, passando bellamente sulla testa dei vari Comitati e fottendosene della democrazia interna. E da sempre lo fa attingendo ai vari potentati locali, basati sull’affarismo clientelare e affidando di fatto il partito a personaggi dal dubbio passato e dall’ancor più dubbio futuro. Che c’entrava ad esempio De Magistris con Scilipoti?

E spesso pure Vendola fatichiamo a comprendere, che ad esempio non gli perdoneremo mai l’essersi adagiato sulle posizioni di Bersani sull’elezione del Sindaco di Napoli e non aver sostenuto De Magistris, che poi a vinto a furor di popolo, mosso detto popolo “contro” anche la posizione di Vendola.  E non è che a Palermo sia andata e stia andando molto diversamente. Che c’entrano dunque l’entusiasmo e la freschezza (e le indicazioni) dei giovani delle Fabbriche di Nichi con la politica di supporto alla casta piddina di Vendola?

Il Movimento 5 Stelle lo vediamo al momento in pieno marasma.  Grillo sta realizzando che non gli riesce più di controllare l’ambaradan e sta dando di matto.  Di fronte alle sue reazioni scomposte si sono formati due gruppi contrapposti; i fanatici intransigenti, feroci e fedelissimi al ducetto ligure,  e quelli ragionevoli e propositivi (e democratici) che da anni lavorano sul territorio, si sono fatti il mazzo esponendosi in prima persona e spesso si sono fatti eleggere dal popolo.  Che c’entra un Favia con le porcate affarisitco-turlupinanti grilline?

E allora uno così poi finisce per fare 2 + 2,  e ad accostare l’azione politica, l’impegno e gli obiettivi di un Civati e di un Favia, di un ZeddaDe Magistris o Pisapia, e accorgersi che non solo sono tutti fortemente compatibili, che ognuno di loro si batte come un ossesso per cambiarla questa Italia putrefatta con qualcosa di decente e pulito … di civile insomma, ma pure che il nemico principale di ognuno di loro è all’interno stesso del partito o del movimento di cui fa parte.

Che c’entra voler voltare pagina in Italia, indicare un progetto nuovo e pulito per il futuro con la partecipazione dei cittadini, … con il mantenere in piedi l’accozzaglia malavitosa, (dalle mafie alle municipalizzate rosse) che da decenni sta depauperando il nostro disgraziato Paese?

Pensate solo che accadrebbe se se ne accorgessero.  :mrgreen: