Videosorveglianza: sorvegliare e punire
Ultimo aggiornamento: giovedì, aprile 10, 2014
SORSVEGLIARE E PUNIRE: VIDEOSORVEGLIANZA E DINTORNI NEI COMUNI DELLE TERRED’ACQUA
Vorrei riportare qui, alcune mie riflessioni sul tema sicurezza, al quale sono particolarmente sensibile, poiché tale tema è stato spesso usato e strumentalizzato dalla destra per fare campagna elettorale, perchè il modo con cui si affronta il problema ha ripercussioni sia sul modello sociale, sia sul piano culturale delle comunità. Credo, che quando si parla di sicurezza di un luogo bisogna farlo a ragion veduta e rapportare i fatti ai tempi, al momento storico e alle altre comunità.
Ora che ci avviciniamo alle elezioni, si torna a parlare del problema della sicurezza; segnalazioni giungono da Anzola, da San Giovanni in Persiceto, e più in generale da tutto il territorio delle Terred’acqua… pare che il problema della sicurezza sia abbastanza sentito dalla popolazione. Si parla di piccoli reati contro la proprietà, furti in appartamento, auto, ecc. che sicuramente sono molto spiacevoli e rappresentano un grosso problema. Io credo, però, che tali episodi siano sempre accaduti, e accadono in tutte le comunità, che siano endemici . Poi, in alcuni periodi gli episodi si accentuano o diminuiscono, ma penso, appunto che siano fisiologici , oggi, un po’ in tutti i paesi.
Sarebbe interessante soffermarsi e analizzare piú approfonditamente, invece, l’uso che della sicurezza ne viene fatto a scopo politico ed elettoralistico… un cavallo di battaglia storicamente delle destre, ma che ora viene cavalcato anche dalla sinistra , contribuendo a quella fusione a freddo tra destra e sinistra, che si esprime oggi con le larghe intese, ma anche in movimenti di opposizione (movimento cinque stelle), dove sono riscontrabili elementi una volta ben distinti e in contrasto tra di loro.
Sarebbe interessante approfondire i temi della videosorveglianza e della loro diffusione nei luoghi pubblici, visto che i nostri Comuni qualche anno fa hanno investito un bel po’ di soldi in questi sistemi di sorveglianza, sovvenzionati per una metà circa dalla Regione E/R (ma sempre di soldi pubblici si tratta).
Qualche anno fa avevo espresso forti dubbi e perplessità sull’indispensabilità di un sistema di videosorveglianza ad Anzola , visto che già allora, siamo nel pieno dell’era berlusconiana, vigeva il patto di stabilità e le risorse scarseggiavano… ricordo per la verità, che anche alcuni componenti della Giunta non mi sembravano convintissimi, dicendomi che anche loro non amavano particolarmente tale sistema, ma che tuttavia non si poteva ignorare la percezione della gente, e che si era arrivati ad adottare l’uso delle telecamere per ragioni di sicurezza, attraverso un percorso partecipato (consulte territoriali e riunioni con i cittadini). Aggiungo io, specialmente dopo che Berlusconi aveva incentrato quasi tutta la campagna elettorale proprio sulla sicurezza, alimentando la percezione del pericolo e diffondendo tra le persone il sentimento di paura, attraverso un martellamento mass-mediatico, che gli ha poi consentito di vincere le elezioni (a suo tempo, l’argomento è stato trattato su questo portale).
Volevo sottolineare, che il mio principale dubbio era di ordine per così dire, morale, non tanto basato sull’immediato, ma quanto sui possibili usi, abusi e degenerazioni future a cui poteva dare luogo. Le mie perplessità, erano poi rafforzate dal vedere come la regolamentazione della videosorveglianza, nella parte prevista dalla lex sulla privacy del 2003 (garante sulla privacy, Stefano Rodotà… uno di quei professoroni che secondo la Boschi, bloccano le riforme da trent’anni…), veniva, e via via sempre di più, interpretata in maniera a dir poco estensiva, ove la legge richiama i principi di NECESSITA’ E PROPORZIONALITA’, prevedendo quindi, la videosorveglianza come extrema ratio.
Mi soffermo, un momento, su alcuni aspetti giuridici che ci servono a capire meglio come i Comuni sono arrivati ad adottare i sistemi di videosorveglianza e a capire le problematiche ad essa connesse.
ll decreto legge 11/09, in materia di sicurezza pubblica, di contrasto alla violenza sessuale ed atti persecutori, ha introdotto la facoltà in capo ai Comuni di utilizzare, per finalità di tutela della sicurezza urbana, sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
La norma non ha suscitato il clamore che, invece, ha caratterizzato altre disposizioni, poi stralciate, quali ad esempio le ronde cittadine, ma ha ugualmente posto numerosi dubbi interpretativi e di legittimità.
Il nucleo essenziale della questione riguarda il diritto e la tutela della riservatezza, che dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001, ha subìto forti compressioni giustificate in nome della salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica contro il pericolo del terrorismo internazionale.
Da ultimo, col provvedimento in oggetto del 2009 che riguarda i Comuni, il diritto alla privacy e alla riservatezza subisce un ulteriore deroga per ragioni di sicurezza urbana (concetto giuridicamente indefinito).
A livello sovranazionale, va ricordato che l’art.8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, il quale sancisce il principio secondo cui ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata, al secondo comma prevede che non possa esservi ingerenza dell’ autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto salvo che si tratti di misure necessarie per la sicurezza nazionale, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati.
La questione qui, però è parzialmente diversa in quanto da un lato la sorveglianza che si vuole attuare non attiene a finalità di ordine o sicurezza pubblica e nemmeno di prevenzione e repressione dei reati (non è infatti dato comprendere cosa di debba intendere, dal punto di vista giuridico, con la locuzione sicurezza urbana ), dall’altro coinvolge indiscriminatamente tutti i cittadini (con una altissima e generalizzata portata lesiva del diritto alla riservatezza di tutti).
Nel nostro ordinamento, infatti, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica è istituzionalmente demandata alle Forze di polizia, mentre ai Comuni, ai sensi dell’art.118 Cost., sono attribuite solo funzioni amministrative.
Parimenti, la legge-quadro 7 marzo 1986, n.65 non riconosce funzioni di pubblica sicurezza in capo alla Polizia municipale, la quale può solo collaborare (funzione ausiliaria) con le Forze di polizia dello Stato, su disposizione del Sindaco ed esclusivamente per specifiche operazioni quando ne viene fatta motivata richiesta dalle competenti autorità.
In effetti, i limiti dei poteri riconosciuti dall’ordinamento ai Comuni ed alla Polizia municipale, sono stati, in passato, il discrimine nei provvedimenti emessi dal Garante per la protezione dei dati personali in materia di impianti di videosorveglianza.
Di fronte alle richieste dei Comuni, il Garante ha sempre manifestato dubbi circa la compatibilità tra l’installazione di telecamere da parte dei Comuni e le funzioni istituzionali demandate all’ente (ricordiamo che, ai sensi dell’art.18 del Codice Privacy, il trattamento di dati da parte di un soggetto pubblico è¨ consentito solo per il conseguimento delle finalità istituzionali dell’ente stesso) e come, in assenza di una specifica disposizione di legge al riguardo, la comunicazione tra soggetti pubblici dei dati (compresi i risultati delle operazioni di videosorveglianza) non sia assolutamente ammissibile.
La previsione legislativa della legge 11/09 può considerarsi idonea e sufficiente a far ritenere che i Comuni, a fianco delle ordinarie attribuzioni di carattere amministrativo, siano oggi investiti anche di un ruolo di polizia?
Ed ancora: cosa deve intendersi, giuridicamente, per sicurezza urbana?
Peraltro, la videosorveglianza di luoghi pubblici riguarda solo occasionalmente le previste finalità di sicurezza pubblica e prevenzione, accertamento o repressione dei reati, trattandosi piuttosto, nella quasi totalità casi, di immagini relative a privati cittadini liberamente circolanti nel territorio urbano. Ecco che torna, dunque, il concetto di privacy in luogo pubblico. Ma quali sono i confini tra privacy e privacy in luogo pubblico? La risposta è: gli stessi confini che demarcano il domicilio privato dal luogo pubblico o aperto al pubblico.
E’ noto come in questi anni, il confine tra ciò che è pubblico, e ciò che è privato si è andato via via assottigliando, così come il concetto di bene comune .
Disseminare di videocamere il territorio persicetano e anzolese, come possono fare i privati a tutela della loro proprietà, porta ad associare il Comune sempre più a un’azienda, invece che a un luogo libero e, appunto, comune. Ma lasciando da parte le problematiche morali e giuridiche, anche da un punto di vista pratico, tale sistema per come sono dislocati i nostri territori non può risolvere gran chè, soprattutto poi se viene rapportato alle risorse economiche pubbliche investite: il famoso RAPPORTO QUALITA’/PREZZO.
Ma, poi, anche dalle osservazioni fatte ex-post da componenti della Giunta comunale anzolese, non ne viene fuori un sistema realmente utile e funzionale: non sevono, cioè per la prevenzione dei reati, ma strumenti da usare a posteriori, (l’impossibilità di controllare i monitor ventiquattro ore), è stato osservato che chiunque si occupi di sorveglianza sa che nessuno può stare piantato su un monitor per più di un ora. E, allora, in che logica si inquadra la videosorveglianza? E qui, non posso fare a meno di fare una citazione, che da sola potrebbe racchiudere perchè sono ostile all’adozione di questi tipi di sistemi di sicurezza, e alla loro logica ispiratrice: “SORVEGLIARE E PUNIRE” di Michel Focault. Non, quindi, a prevenire e a rendere più sicuri.
Diceva, Focault nel libro appena citato “La sorveglianza gerarchizzata continua e funzionale (…), la sua insidiosa estensione deve l’importanza ai propri meccanismi di potere che porta con sé. Grazie ad essa, il potere disciplinare diviene un sistema integrato, legato dall’interno all’economia ed ai fini del dispositivo con cui si esercita. Esso si organizza come potere multiplo, automatico ed anonimo; (…) Ciò che permette al potere di essere di essere contemporaneamente assolutamente indiscreto – perchè è dappertutto e sempre all’erta non lascia alcuna zona d’ombra e controlla quegli stessi che sono chiamati a controllare, e assolutamente discreto perchè funziona in permanenza e in gran parte in silenzio. (…) Grazie alle tecniche di sorveglianza, la fisica del potere (…) si effettua, almeno in linea di principio senza ricorrere all’eccesso di forza, alla violenza. Potere che è in apparenza tanto meno corporale, quanto più è sapientemente fisico”.
Dunque, quello, che, a prima vista può sembrare un semplice meccanismo tecnologico per rendere i nostri luoghi più sicuri, nasconde insidie e pericoli per ciò che riguarda le libertà individuali e l’affievolimento dei diritti soggettivi .
Tanto più, se tutto ciò, viene inquadrato non nella logica dei singoli paesi, dei luoghi in cui viviamo, ma in una logica più globale, se come avevo sottolineato in precedenza lo leggiamo alle luce dei tragici fatti dell’11 settembre 2001 dopo dei quali il diritto e la tutela della riservatezza ha subito forti compressioni giustificate in nome della salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica contro il pericolo del terrorismo internazionale, e alla succesiva fase, quella della crisi economica che, oggi, stiamo vivendo.
Ma, tornando a cose più terrenee, ai nostri Comuni, sarebbe interessante sapere, se dopo l’introduzione della videosorveglianza i reati sono aumentati o meno. A Londra, per esempio, che é la città più videosorvegliata (o almeno lo era), da quando era stato introdotto tale sistema, la delinquenza e i reati erano aumentati, e si era assistito ad una “migrazione” della criminalità da un quartiere all’altro.
Io, credo che l’adozione di tale sistema di videosorveglianza, abbia tolto risorse ad altri settori, e che la scelta della regione E/R di diffondere, sovvenzionare la videosorveglianza sia stata frutto (come spesso è accaduto al PD) dell‘onda emotiva post-elettorale berlusconiana , anche se sarebbe interessante, vedere anche, come sono stati distribuiti gli appalti per l’installazione delle telecamere su tutto il territorio regionale, quante le ditte coinvolte ecc.
Per concludere, io credo che i temi legati alla sicurezza sono molto complessi, e non possono essere affrontati sull’onda dell’emotività, degli allarmismi e dei facili populismi oggi tanto in voga, poiché sono in gioco libertà e diritti individuali fondamentali, e possono comportare profonde trasformazioni dei modelli sociali. Credo, che la sicurezza vada affrontata rafforzando la vita sociale dei paesi , che la sera e la notte, diventano città fantasma, quindi terra di nessuno.
A fare presidio in una comunità, è la vita sociale. .. dobbiamo interrogarci se il modello da seguire sia quello imperniato sul lavoro e sulla produzione, e poi la sera tutti rinchiusi a casa anestetizzati dal tran-tran quotidiano, o dalla televisione e dai social network che ci videosorvegliano.
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