Se l’Asia compra l’Europa

Cina Negli ultimi giorni, tra le righe delle notizie riguardanti la crisi, si sono potuti leggere alcuni lanci piuttosto interessanti.
Prima di tutto si è parlato del ministro dell’economia italiano che ha offerto alla Cina i Btp, sperando che gli asiatici potessero comprare un po’ del nostro debito. Ovviamente già la notizia in sé è preoccupante, per il solo fatto che ci sia bisogno di cercare qualcuno che ci compri il debito. Questo vuol dire che non è tanto vero, come sempre il nostro fantasista economico si affretta a rassicuraci, che il nostro debito va alla grandissima e c’è più richiesta che offerta. In realtà i ben informati sanno che è da un po’ che il nostro debito, cioè i nostri titoli di Stato, non interessano più a nessuno, per cui chi compra sul mercato è la Bce, finché potrà farlo, mentre i privati ne approfittano per liberarsene. Uno scontro interneo alla Bce proprio sulle operazioni di acquisto del debito dei paesi in difficoltà ha portato all’uscita dalla banca europea del rappresentante tedesco. Comunque il presidente ha riaffermato l’intenzione di aiutare i paesi in difficoltà, ma ovviamente ci si chiede fino a quando sarà possibile. Ecco, quindi, che l’offerta alla Cina dei Btp nostrani da un’idea della situazione.

E la Cina? Il fondo China Investment Corporation (Cic), fondo sovrano cinese istituito dal governo per gli investimenti all’estero, si è affrettato a dire che i nostri titoli non gli interessano, al massimo potrebbero pensare di comprare “assett industriali strategici”. Quindi, la Cina non ha intenzione di aumentare la quantità di debito italiano nelle sue casse, oggi attestato intorno al 4%, quanto piuttosto vorrebbe mettere le mani su i nostri “assett strategici”, come dire Eni, Enel, porti, banche, aeroporti e cosette del genere. Hanno anche aggiunto che tali acquisti sarebbero subordinati ad una riduzione dei dazi fiscali europei. Tradotto, la Cina dice che ci verrà incontro per salvarci dal disastro economico se svendiamo la nostra economia e consentiamo loro anche di venderci le loro merci.

Ma la Cina ha i fondi sufficienti per salvare l’Italia? Probabilmente no, è troppo esposta verso gli Usa, e poi il Cic capitalizza circa 400 miliardi dei quali 300 sono stanziati per investimenti esteri, però poi ci sarebbero anche le banche private cinesi, ma il punto è un altro, l’Italia ha urgente bisogno di iniezioni di denaro fresco, e la Cina lo ha. Vedremo nei prossimi giorni cosa accadrà.

Nel frattempo, e veniamo alla seconda notizia interessante, la Tata, colosso industriale indiano, fa nuove acquisizioni e diventa il primo gruppo industriale a Londra quanto a numero di occupati. Tra investimenti diretti, acquisizioni, joint venture (anche con Fiat), Tata si occupa di auto, hotel, manifattura ed altro. Siamo ormai ben lontani dalle conquiste degli inglesi nel continente indiano, ai tempi della Compagnia Britannica delle Indie orientali, e il flusso si è ampiamente invertito. Del resto non dobbiamo dimenticare che la Gran Bretagna è uno dei paesi più colpiti dalla crisi, in quanto è stata fortissima la finanziarizzazione del paese, con delocalizzazioni della produzione effettiva un po’ dappertutto.
Il succo del discorso pare proprio questo, dopo anni ed anni di delocalizzazioni dei vari settori produttivi, in Asia principalmente, ma anche in Sudamerica, e la trasformazione delle varie aziende in finanziarie (basti vedere la Fiat che ormai produce solo nell’est europeo e in Sudamerica), al momento della crisi l’Europa si è fatta trovare con le braghe calate. Niente più produzione, niente difesa dalla crisi. I soldi, si è capito, non nascono dal nulla e non si inventano, come vorrebbero le finanziarie con i loro derivati e contratti finanziari ad alto rischio (che in sostanza non sono altre che scommesse sul futuro, così investendo oggi i soldi che si guadagneranno, forse, domani), ma vengono sempre e solo dalla produzione di cose, che ormai è tutta lì, in Cina, in India, in Brasile.
Ed ecco che mentre l’Europa perde pezzi, le nazioni ex sottosviluppate si prendono la loro rivincita, da anni continuano, grazie alla produzione di beni, a correre con Pil doppi o tripli rispetto a quelli europei, e adesso tornano a saldare il conto, comprandosi l’Europa pezzo dopo pezzo.
La Grecia è in difficoltà? Aiuti in cambio di un porto. L’Italia soffre? Aiuti in cambio di assett strategici, e così via.

Vi sembra eccessivo? E che ne dite della City di Londra, una volta tempio della finanza mondiale, amministrata indipendentemente dalla città vera e propria, che adesso svende e trasforma i tanti uffici finanziari, vuoti per crisi, in case da vendere ed affittare?
Il primo ministro inglese fa sul serio e ha intenzione di modificare le rigide regole della City, consentendo la modifica a fini abitativi degli edifici. Un tentativo di rilanciare l’economia stagnante. In fondo è l’unica “produzione” che rimane possibile, lì.
A pensarci bene è quello che noi italiani stiamo facendo da decenni, per rilanciare l’economia infiliamo nelle finanziarie incentivi per costruire case e cemento, cemento e case, insomma i nostri politici ci hanno nascosto per bene una triste verità, siamo in crisi economica da decenni, ma nessuno ha mai avuto il coraggio di dircelo. E sarà veramente stupefacente quando svenderanno l’economia ai cinesi e nel contempo ci racconteranno che è l’ennesimo colpaccio dei grandi geni finanziari e politici nostrani, un’altra operazione da maestro. E forse ci crederemo ancora una volta!

  1. Condivido totalmente l’articolo. Se per l’Italia gli anni 60 sono stati il passaggio da paese agricolo ad industriale, dagli ultimi 20 anni l’aria è cambiata diventando fritta.

    Con i potenziali del nostro paese potremmo puntare di più sul turismo, investire sulle energie alternative ma con la merdaccia al governo mi sa che dovremo piantare carote e pomodori nel cortile di casa.