I biassanot di Persiceto

E’ una razza quasi estinta. Fino ad anni addietro li potevi trovare nei bar, anche se il loro terreno migliore, era la piazza. Nelle calde notti d’estate, seduti, come fossero allo stadio sui gradini della nostra chiesa. Il loro nome pronunciato in italiano sarebbe mangiatori della notte, in dialetto invece suona molto meglio, sono i biassanot.

A Persiceto, li trovavi nei bar diciamo di “classe”: il Mimì’ e il Checco.  Al bar Checco l’unico, vero, da tutti riconosciuto “mattatore” era Giacomo. Se era nella serata si facevano le due ad ascoltarlo che manco te ne accorgevi. Riusciva a “strolgare” certe storie talmente assurde che non le saltavano nemmeno i cavalli, però come te le raccontava lui nessuno sapeva farlo meglio, e pazienza se un dubbio di verità ti restava sempre.

Poi c’erano i biassanot diciamoproletari”. Erano quelli che se andavano al bar prima o poi dovevano per forza consumare, per loro nulla era meglio dei gradini della chiesa, tutto rigorosamente gratis. C’erano serate che se facevi l’errore di arrivare tardi, il posto a sedere te lo scordavi. Gli argomenti trattati dovevano per forza essere “leggeri”, e chiara doveva essere subito una cosa, se volevi parlare dovevi farlo esclusivamente in vernacolo. Qualora ti fossi sognato di voler fare l’erudito, quello non era il tuo posto, e potevi stare certo che un anonimo ti avrebbe urlato: “Mo và bèin a bachet, scor bein in dialàtt che t’aiè ancora la paia sotta al scherp”, per ricordarti le recenti ore passate nella stalla. I temi che erano trattati erano sempre gli stessi, cioè vere “cazzate”.

Quando il caldo, e il continuo parlare provocavano l’arsura in bocca, si dava mandato ad uno di andare a prendere i “cof” nella baracchina della Nanda De Toma. Noi non li chiamavamo ghiaccioli ma “Cof”; senza sapere il perché di questo strano nome. Immancabilmente usciva poi il solito “problema”: bisognava dare l’incarico a chi doveva andarli a prendere per tutti. Stabilito a chi spettava, c’era poi il problema che ogni volta si verificava, ed era quello di ritirare poi i soldi, perché c’era sempre chi diceva solo il gusto del ghiacciolo dimenticandosi di aggiungere anche il relativo corrispettivo. Ovviamene lo faceva apposta. La risposta che riceveva era la “storiella”, di colui che sarebbe andato al mercato a comperare uno “scrannino”, sempre la stessa, e straconosciuta.

Hai presente diceva a chi si era “dimenticato” di dare i soldi, di quel tizio che aveva annunciato di voler andare al mercato a prendere uno “scrannino” e un amico gli aveva risposto di prenderne uno anche per sé?A quel punto quello, del “poi dopo ti pago il ghiacciolo ” capiva l’antifona e sborsava il pecunia.

Ma il ghiacciolo non solo era buono, aveva anche un suo “fascino”, se eri nella tua giornata fortunata, potevi fare il bis e averne un altro gratis, perchè la Nanda alfine di poter incrementarne le vendite, in alcuni bastoncini, molto pochi per la verità, nella parte superiore e coperta del ghiaccio, aveva inciso la parola “De Toma”, se a fine ghiacciolo la trovavi, te ne spettava un altro in regalo.

Questa “fortuna” capitava molto di rado ma quelle poche volte che succedeva, il vincitore lo annunciava a tutti gli astanti con un urlo affinché tutti sentissero dicendo: aiò vent unetar cof, cosciente che poi immancabilmente dalla scalinata della chiesa gli sarebbe arrivata la solita voce che gridando sentenziava: on du tri i buson ien  sempar quii!

 

Così i biassanot di Persiceto trascorrevano le ore nelle notti d’estate di tanti anni fa, in discussioni di nessun senso e nell’attesa che calasse la “calura” (allora i condizionatori erano cosa rara) per poi prendere la strada del ritorno a casa, ma prima ci voleva sempre qualcosa di talmente strampalato che facesse dire a tutti: quasta la pera a let. Si aspettava la giazeda di qualcuno che avrebbe dato la buona notte .

Di queste storie “assurde” ne ricordo alcune, ma la più strampalata è quella raccontata che c’era un pittore molto bravo che aveva dipinto all’esterno della sua casa un albero completo dei suoi rami e delle sue foglie, talmente bello da apparire un vero albero. Ebbene questo pittore tutte le mattine metteva ai piedi di questo albero un cesto di vimini, e al suo ritorno a casa di sera, raccoglieva da quel cesto  venti e anche più passerotti  tutti morti.

Questo perché grazie alla perfezione del suo disegno, gli uccellini scambiandolo per un albero vero, nell’intento di raggiungerlo per un breve riposo, incontravano invece una orribile fine “impataccandosi” nel muro.  A questo punto la gente si alzava dicendo: questa è troppo, quasta là pera a lèt tot!!

  1. Grazie Mauro per ricordarci la semplice bellezza di vivere in un paese , anzi  no , vivere a  SAN GIOVANNI IN  PERSICETO
    Io faccio una proposta : lanciamo  un referendum tra i persicetani under ?? su quali sono i biassanot che  maggiormente  ricordano , al primo classificato o fino ai primi tre proponiamo di intitolarci una strada ?
    Una lapide ove maggiormente è legato il suo essere biassanot ?
    Idea balzana ?
    Certo  ,ma cosa sarebbe  un paese senza  un biassanot ? 

  2. Certo, caro Mauro, quando si tirano in ballo queste storie, ad ognuno vengono in mente sempre cose nuove.

    Ad esempio io mi ricordo con piacere i famosi “Personaggi caratteristici Persicetani” come “Giari, Al Peco, Davide”, che più o meno sobrii gironzolavano per Persiceto facendo lavoretti più o meno retribuiti per poi andare subito al bar per farsi il “Sudato e meritato” bicchiere di vino.

    Dei personaggi che hai descritto tu, ricordo molto bene Giacomo, non tanto perchè frequentassi il bar Checco, ma perchè negli anni 80 fu eletto in Consiglio Comunale, proprio dagli amici del Bar Checco, allora succedeva anche questo, che le campagne elettorali si facessero sopratutto nei Bar.

    In quel periodo in Consiglio Comunale, Gianna Serra ne è testimone, oltre a fare tante cose serie, ci siamo anche fatti tante di quelle risate “Bipartisan” quando lui interveniva per fare una interpellanza e fare una dichiarazione di voto o altro, che penso che i cinque anni che fece, siano stati i Consigli Comunali più divertenti di sempre nonostante facessimo quasi sempre le due di notte, e spesso, dopo il Consiglio, andavamo da Bergamini a bere, allora i Bar del centro stavano aperti fino a tardi, e a rimembrare gli interventi di Giacomo, una sagoma irripetibile.

    Una volta ci diede una lezione di “Savoir faire” da dongiovanni incallito e frequentatore di Alberghi di lusso e Casinò rinomati come il Casinò di Venezia”, e ci raccontò:”Quando andate in uno di questi posti, date 10.000 lire subito al cameriere o al croupier e vedrete che sarà sempre al vostro servizio in modo devoto per tutta la sera, se gliele date quando uscite, non potrà ricambiare la cortesia”, altro che Vangelo.

    Infine ricordo che oltre ad andare da De Toma a prendere i Cof nella speranza di vincerne un altro, con 20 Lire compravamo anche un sacchettino di “Burdigon”, in pratica erano delle caramelle di liquirizia senza carta con la forma di animaletti tutti neri che sembravano dei “Burdigoni”, famose blatte nere che scorrazzava spesso tra i banchi dei Bar o delle cucine di casa.

    E sì, cari tutti, nonostante tutto erano “Proprio belle cose”!    

  3. Bellissimo Mauro, …era proprio così.
    Come certo saprete, di biasanòt ne abbiamo un’intera vetrina, e benvenute saranno tutte le storie che ognuno di noi potrà ricordare e raccontare.

    Intanto riporto qui l’immagine di Giacomo Rustighèl

    … e della Baracchina della Nanda

     

  4. Ciao a tutti.

    Leggendo, questo articolo, e questi commenti,mi avete fatto venire il magone.

    Di tutti i personaggi, che avete elencato, noto che ne manca uno.

    DAVIDE…il grande MOLLEGIATO .

    Erano, veramente belle cose.       

  5.  Da come cantava lui ” IL TUO BACIO E’ COME UN ROK, a Celentano gli faceva un baffo!!!