Un parco per i persicetani

  All’inizio degli anni ’60 il nostro Comune cominciò a cercare di rendere più gradevole e vivibile Persiceto. Si costruì un mercato coperto fuori dalla circonvallazione per il bestiame  e nell’ampio spazio del Foro Boario, ribattezzato Parco Pettazzoni,  si realizzò un giardino.

Era il primo che appariva, che quelli esistenti erano solo piccole aiuole come quella di fronte al cimitero o allo svincolo per il viale della stazione.

C’erano panchine e spazi verdi nel nuovo giardino e tanti alberi (che solo in parte rimpiazzavano i vecchi platani delle fosse, abbattuti con la tombatura e costruzione del viale di circonvallazione) e a noi che eravamo ragazzini appariva fantastico.

Quel giardino è stato poi attrezzato con un’area dedicata ai bambini, vi è stata realizzata una fontana ed infine costruita la nota baracchina-gelateria La Rocca.

Molto gradevole, ma pur sempre solo un giardino.

 

Poi all’inizio degli anni ’70 si iniziò la costruzione del Centro Sportivo.

L’opera era grande e complessa; in un vasto parco sarebbero sorti gli impianti sportivi e così fu. Divenuto in breve una realtà, subito si popolò di decine di sportivi che seguivano le tante discipline delle altrettante società sportive che nel frattempo erano sorte, e che in pochi anni furono in grado di offrire ai persicetani praticamente ogni tipo di sport, salvo forse l’alpinismo e la vela.

Senonchè presto apparvero i limiti di questa notevole e pregevole opera; era un ampio spazio verde a disposizione degli sportivi ma … solo di essi.

Difatti non vi erano spazi, strutture e ristori per i cittadini normali,  quelli che non avevano tessere di società sportive e quindi non pagavano rette mensili. Salvo il percorso vita, una piccola area gioco-bimbi e una decina di panchine, non vi era altro che consentisse loro la fruizione di quel parco.

Gli unici punti di ristoro erano (e sono) esclusivamente all’interno delle strutture sportive.  Niente spazi aggregativi dove ritrovarsi, sostare e godere del verde, niente ristori come baracchine o gelaterie tipiche dei parchi, e niente palchi fissi per spettacoli liberi, anche questi così diffusi nei parchi e che consentono e stimolano la nascita di gruppi musicali e teatrali.

I palchi ci sono, ma solo durante le feste dell’Unità, dove i giovani possono pure esibirsi, ma sempre concordando la partecipazione mesi prima, e comunque per 10 giorni l’anno.

Non è mai stato realizzato un laghetto, che non esiste un parco privo di laghetto.
Esiste un macero che nelle promesse sarebbe stato allargato e reso gradevole, ma non se ne è mai fatto nulla ed è anzi tenuto quasi nascosto alla vista dei passanti, al punto che in pochi conoscono la sua esistenza.

Eppure fin dagli anni ’80 sono state moltissime le proposte di cittadini privati e associazioni per l’allargamento del parco, per l’insediamento di capannine-gelaterie, di ritrovi e palchi e di valorizzazione del macero ma non hanno mai trovato risposte. Anzi, possiamo dire che le poche risposte ottenute sono state di chiusura e persino di scherno.

Eppure un parco dovrebbe essere a misura di cittadino, casomai anche di sportivo, non solo.

Esistono centinaia di esempi a riguardo,  sia nella letteratura che nell’arte, da Manè a Vincent Van Gogh, da Monè a Klimt, gli artisti hanno sempre amato dipingere la serenità e la gaiezza dei cittadini nei parchi.

Da noi invece no, questa gaiezza non è compresa. O non voluta.

O si è sportivi tesserati o niente. E il parco è rimasto quasi inutilizzabile dai cittadini normali.

Che negli ultimi decenni la situazione è pure se possibile peggiorata, con la fine dei tentativi degli anni ’80 di aprire gli impianti liberamente ai cittadini, senza tessera e senza retta mensile.

Negli anni ’90 si è realizzata la bellissima area umida della Bora, valorizzando l’antica cava-discarica e annessa pista di motocross. Pista ciclabile per raggiungerla, capanno per il birdwatching e basta. Spazi per i cittadini, dove potessero vivere e godere del verde zero;  solo per la selvaggina stanziale e migratrice.

Recentemente si sta realizzando il bellissimo parco naturale della Cassa d’espansione delle Budrie, il Bosco di Avatar con la partecipazione e l’aiuto dei produttori del noto film.    Ma anche in questo caso (a parte la distanza) il tutto è a disposizione di anatre e folaghe, non dei cittadini.

Che peccato eh?