Anche l’operaio vuole il figlio dottore

Sono stati molto rari sino ad ora i momenti di similitudine dell’Onda con il movimento del ’68, aldilà del manifestare e della lotta studentesca.

Nessuna bandiera rossa, politicizzazione inesistente, nessuna violenza e saccheggio autonomo e tanta voglia di studiare.

Ho letto però più volte uno slogan “anche l’operaio vuole il figlio dottore”, che è una frase contenuta in una vecchia canzone-mito sessantottarda; contessa e questa mi ha fatto pensare.

Il diritto allo studio del proletariato era negato dalla piccola e media borghesia degli anni ’60 e si considerava immorale che un figlio d’operai potesse studiare, elevare la propria cultura e forse pure la propria posizione sociale.

Il movimento studentesco del ’68 era invece per l’ampliamento della cultura alle masse, così da dare loro gli elementi per una loro emancipazione sociale portando non solo i figli degli operai nelle università, ma pure la cultura e lo studio nelle fabbriche.

Il risultato fu che a tanti figli di operai venne concesso di accedere alla cultura e “divenire dottore”, ma ben presto la cosa degenerò uscendo dal concetto di cultura e perdendosi nei 18 politici, che affossarono il movimento portando a bui periodi.

Ci si ritrovò quindi con tanti figli di operai laureati e ignoranti, privi di cultura e di fatto non emanciapti, e per questo manipolabili a piacere da mass media ed imbonitori e miti vari.

Questo portò ad una crisi del concetto di Laurea, con migliaia di laureati disoccupati o sottoccupati e contemporaneamente un calo nei nuovi laureati stessi, con sempre più persone nei posti di comando e di governo privi di laurea.

Questo ripresentarsi come slogan del “anche l’operaio vuole il figlio dottore” mi è sembrato come contenere tutti questi aspetti riproponendo quello che era l’indirizzo iniziale di “diritto allo studio per tutti”, ma che fosse chiaro per chi lo proponeva che stavolta toccava studiare ed emanciparsi per davvero.


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